FALCONIERI, Paolo
Nacque a Roma il 24 marzo 1634, da Piero di Paolo e da Dianora di Francesco Del Bene, e venne battezzato il 31 dello stesso mese presso la parrocchia di S. Caterina della Rota, avendo come compare l'auditore della Sacra Rota Iacopo Panciaroli (Roma, Archivio storico del Vicariato, Ecclesiae Parochiae S. Ioannis Florentinorum, Liber V baptizatorum 1616-1649, ad annum 1634).
Il padre Piero era il fratello di quell'Orazio che aveva portato il ramo della famiglia fiorentina dei Falconieri, trasferitosi a Roma, a una elevata condizione di ricchezza grazie all'appalto del sale, e viveva presso la sontuosa dimora acquistata dal fratello in via Giulia, ingrandita e abbellita su disegno del Borromini.
Il F., spesso confuso dalla storiografia col cugino Paolo Francesco (1626-1696), divenne ben presto un esponente di rilievo negli ambienti culturali romani e toscani, favorito anche dalla solida condizione economica raggiunta dallo zio Orazio, dalle importanti relazioni romane dell'altro zio paterno, il cardinale Lelio, e soprattutto dalla posizione raggiunta dal fratello Ottavio quale corrispondente artistico a Roma del cardinale Leopoldo de' Medici e membro di importanti circoli letterario-scientifici, come ad esempio l'Accademia promossa e sostenuta dalla regina Cristina di Svezia.
A differenza dei fratelli Ottavio e Francesco (1627-1674), entrambi ecclesiastici, il F. mantenne lo stato laicale iniziando la propria carriera politica come gentiluomo della corte medicea. In questa direzione un ruolo determinante fu svolto da Lorenzo Magalotti, scienziato e letterato, che fu l'interprete principale con l'Accademia del Cimento del programma di rinnovamento scientifico promosso dal cardinale Leopoldo de' Medici. L'amicizia e la stretta relazione intellettuale col Magalotti, che già all'inizio del settimo decennio del sec. XVII presentano connotati di grande confidenza e intimità, come si può vedere dalle prime lettere inviate dal F. e conservate fra le carte dell'archivio di famiglia dello scienziato fiorentino (Arch. di Stato di Firenze, Carte Magalotti, n. 178), costituirono un eccellente viatico per l'inserimento del F. nella corte medicea, prima come corrispondente romano del cardinale Leopoldo e quindi come gentiluomo di camera del principe Cosimo.
Fra la fine del 1664 e l'inizio del 1665 il F. fu incaricato dal Magalotti di soprintendere a Roma ad alcune esperienze su lenti e occhiali dei celebri ottici G. Canipani ed E. Divini (Righini Bonelli-Van Helden, 1981); fra il 1668 e il 1669, sempre in compagnia del Magalotti, accompagnò il principe Cosimo in un viaggio in Spagna, Portogallo, Inghilterra e Francia, durante il quale, oltre a mettere in mostra le proprie conoscenze artistico-letterarie (secondo quanto riferito nella Relazione sul viaggio redatta dal medico G. B. Gornia, Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, filza 6389), stabilì importanti relazioni con eruditi europei, quali l'inglese sir Henry Neville (cfr. Crinò, 1957, che pubblica anche alcune lettere del F. al Neville). Nel 1670 infine, sempre grazie ai buoni uffici del Magalotti, Cosimo III lo nominò "primo gentiluomo di camera". Forte di questo importante riconoscimento, nella prima metà dell'ottavo decennio divenne un importante interlocutore romano della politica artistica del nuovo granduca: dal 1672 sovrintese all'istruzione dei quattro giovani artisti toscani inviati a Roma dall'Accademia del disegno per perfezionarsi sotto l'insegnamento di C. Ferri ed E. Ferrata (Lankeit, 1962), mentre continuò la sua opera di consulente per gli acquisti di dipinti, disegni, opere d'arte antica che accrescevano le collezioni granducali (Prinz, 1971; Chiarini De Anna, 1975; Casarosa, 1976). Sovrintese anche ad alcuni lavori di un certo interesse commissionati dal granduca, quali la nuova cappella di S. Maria Maddalena de' Pazzi nel coro della chiesa delle suore del Cestello, un progetto di decorazione della cupola della cappella dei Principi in S. Lorenzo e la realizzazione del convento di S. Pietro d'Alcantara presso la villa dell'Ambrogiana.
La morte dei fratelli Francesco e Ottavio, rispettivamente nel 1674 e nel 1675, indusse il F. a chiedere al granduca la dispensa dagli incarichi di corte per assolvere alle cure degli affari di famiglia. Ottenuta la dispensa e una congrua pensione, poté dedicare l'ultima parte della sua vita a coltivare i propri interessi artistico-letterari e, oltre a continuare la consulenza artistica da Roma per il granduca, ebbe modo di occuparsi con maggior impegno dell'attività di architetto dilettante. Fra il 1675 e il 1678 fu consulente per la ristrutturazione del palazzo fiorentino di monsignor Baudino Panciatichi (Floridia, 1993). Nel 1681 presentò a Cosimo III "un modello bellissimo e benissimo inteso" per la residenza della corte medicea di palazzo Pitti (Gabburri, Vite...): ilprogetto, che si inserisce nella nutrita serie di formulazioni per l'ampliamento e l'abbellimento di palazzo Pitti elaborate nel XVII secolo, è estesamente descritto e lodato da F. Baldinucci (Notizie..., II, pp. 405-428) e riprodotto in una lunetta del Museo degli argenti di Firenze. Esso risulta di particolare interesse per la sistemazione della piazza antistante, su due livelli distinti collegati fra loro da uno scenografico padiglione a due rampe semicircolari (disposte a forbice per favorire l'accesso al palazzo anche alle carrozze), preceduto da due vasche circolari: soluzione questa che, anche se non è stata realizzata, non ha mancato di influenzare proposte successive e, in particolare, alcuni studi di I. Pellegrini (R. Chiarelli, Aggiunte a I. Pellegrini, in Scritti in onore di U. Procacci, Venezia 1977, p. 611).
Il F. progettò inoltre la nuova facciata monumentale realizzata intorno al 1690 per accorpare e unificare i palazzi dei marchesi Orazio Ruberto e Giovan Lorenzo Pucci nell'omonima via a Firenze; sempre nella stessa via, sul lato opposto al palazzo Pucci, probabilmente su suo disegno, venne realizzata la nuova facciata del palazzo di mons. Ludovico Incontri (L. Ginori Lisci, I palazzi di Firenze II, Firenze 1972, pp. 410, 412, 428).
Contemporaneamente il F. ebbe la possibilità di dedicarsi con maggiore impegno all'attività letteraria. Già membro dell'Accademia fiorentina della Crusca dal 1663, fu fra i primi frequentatori dell'importante accademia letteraria che dal 1677 si riunì a Roma presso mons. Giovanni G. Ciampini; nel 1691 entrò nell'Arcadia col nome di Fronimo Epiro. Della sua produzione poetica, ancora oggi in gran parte inedita e da riordinare, che l'abate S. Salvini lodava per "robustezza, leggiadria di frase e nettezza della lingua" (Crescimbeni, 1720, p. 7), sono da ricordare la Canzone in lode di Giovanni III di Polonia per la liberazione di Vienna e numerosi sonetti di gusto arcadico, dieci dei quali sono pubblicati nel tomo IV delle Rime d'Arcadi (Roma 1717, pp. 129-133).
Oltre alla fama negli ambienti letterari il F. nell'ultima parte della sua vita ottenne importanti riconoscimenti anche dalla corte papale, quali la nomina a chierico di camera, conferitagli da Clemente XI (Crescimbeni, 1720, p. 9). Definito dall'abate G. Paolucci "cavaliere di gran prudenza e dottrina e che in questa corte godeva la stima e l'onore non men di tutti i letterati che dei personaggi più gravi e rispettati" (in Crescimbeni, 1708, p. 175), la sua erudizione e le sue qualità artistiche ritornano in tutte le indicazioni biografiche dedicategli dai contemporanei o da eruditi del secolo successivo. Un suo ritratto a mezzo busto è contenuto nel recto di una medaglia modellata nel 1679 da un suo protetto, lo scultore toscano M. Soldani (Firenze, Museo del Bargello), e riprodotta in una incisione nella descrizione della raccolta di medaglie del conte Mazzucchi (Gaetani, 1763, tav. CXLVI n. V).
Il F. morì a Roma il 13 marzo 1704 e fu tumulato nel sepolcro realizzato dai suoi antenati nel coro di S. Giovanni dei Fiorentini (Roma, Arch. stor. del Vicariato, Ecclesiae Parrochiae S. Ioannis Florentinorum, Liber IV defunctorum ab anno 1626 ad annum 1716).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carteggio d'artisti, XIX; Ibid., Carte Magalotti, nn. 178, 181, 190, 197; Ibid., Carte Sebregondi, Famiglia Falconieri; Ibid., Mediceo del principato, filze 3908, 3940-3964; Firenze, Biblioteca nazionale, Coll. geneal. Passerini, n. 187, ins. 47; Ibid., ms. Palat. E.B-95: F.M. Gabburri, Vite de' pittori..., IV, c. 2125; Ibid., Poligrafo Gargani, n. 770; F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno [1681-1728], Firenze 1845-47 (ad Indicem nell'ediz. anastatica, VII, Firenze 1975); Lettere di Ottavio Falconieri a Leopoldo de' Medici, a cura di L. Giovannini, Firenze 1984, pp.27 s., 74 n. 38, 106 s. n. 3; F. S. Baldinucci, Vite di artisti dei secoli XVII-XVIII [1725-30 c.], a cura di A. Matteoli, Roma 1975, pp. 25, 303 s.; G. M. Crescimbeni, Le vite degli arcadi illustri, Roma 1708, pp. 175, 178; Id., Notizie istoriche degli arcadi morti, II, Roma 1720, pp. 5-9; Id., Dell'istoria della volgar poesia, IV, Venezia 1730, pp. 541 s.; L. Pascoli, Vite de' pittori, scultori ed architetti..., Roma 1736, pp. 26, 69, 368, 370, 421; P. A. Gaetani, Museum Mazzucchellianum..., II, Venetiis 1763, p. 189; G. Targioni Tozzetti, Notizie degli aggrandimenti delle scienze fisiche accaduti in Toscana..., I, Firenze 1780, pp. 451 s.; R. Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana..., Firenze 1822, VIII, p. 141; G. Bottari-S. Ticozzi, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura e architettura..., V, Milano 1822, lettera CI, p. 296; Lettere di F. Redi, Firenze 1825, p. 152; I. Carini, L'Arcadia dal 1690 al 1890. Memoria storica, I, Roma 1891, p. 398; A.M. Crinò, Fatti e figure del Seicento anglo-toscano, Firenze 1957, pp. 127, 151, 189, 202 s.; K. Lankeit, Florentinische Barockplastik, München 1962, pp. 31, 43 s., 117, 120 e docc. 53 ss., 58 s., 87, 89-92, 96, 104 s., 108, 150, 154, 208, 349, 400 s., 412 s., 525; A.M. Crinò, Introduzione a L. Magalotti, Un principe di Toscana in Inghilterra e in Irlanda nel 1669, Roma 1968, pp. XIV, XXV; W. Prinz, Die Sammlung der Selbstbildnisse in den Uffizien, I, Berlin 1971, pp. 85-89, 113-116, 176 s.; G. Chiarini De Anna, Leopoldo e la sua raccolta di disegni..., in Paragone, XXVI (1975), 307, pp. 45 ss.; M. R. Casarosa, Collezioni di gemme e il cardinale Leopoldi dei Medici, in Antichità viva, XV (1976), 4, p. 61; Kunst des Barock in der Toskana..., München 1976, pp. 32, 68, 105, 107, 115 s., 267; M.L. Righini Bonelli-A. Van Helden, Divini and Campani: a forgotten chapter in the history of the Accademia del Cimento, in Annali dell'Ist. e del Museo di storia della scienza, VI (1981), 5, pp. 31-38, 47 ss., 55-61, 85, 119, 137, 142, 149, 163, 171; Lettere di Ottavio Falconieri aLeopoldo de' Medici, a c. di L. Giovannini, Firenze 1984, ff. 106 s.; C. Cresti, L'architettura dal Seicento a Firenze, Roma 1990, ff. 228 s., 309; Cappelle barocche a Firenze, Milano 1990, ff. 172-186; A. Floridia, Pal. Panciatichi in Firenze, Roma 1993, ff. 41-43, 49 n., 186 s., 191; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlex., XI, p. 225.