DONATI, Paolo
Figlio di Antonio e di Maria Barbieri, nacque a Parma, dove fu battezzato il 21 ott. 1770. Compì gli studi presso la Reale Accademia di belle arti di Parma, allievo dapprima di D. Cossetti, professore di architettura civile, e poi di D. Muzzi, professore di disegno di figura. I suoi interessi volsero ben presto alla scenografia e pertanto si perfezionò in prospettiva con F. Grassi - gia ingegnere teatrale ed insegnante nella stessa accademia - ed infine con il pittore G. Ghidetti, da cui apprese altri elementi di scenotecnica.
Messosi ben presto in evidenza e protetto dai duchi di Parma Ferdinando di Borbone e Maria Amalia d'Asburgo Lorena, nel 1791 poté recarsi a Milano e, sotto la protezione dell'arciduca Ferdinando e del ministro plenipotenziario conte J. J. Wilzeck, continuare l'apprendistato presso P. Gonzaga, "celebre pittore teatrale". Apprese così il metodo, elaborato dal Gonzaga e che stava riscuotendo grande successo, di dare maggiore vivacità alle scene dipingendo le quinte secondo forti tinte contrastanti; ma nel 1792 il Gonzaga venne invitato in Russia e il D. ritornò a Parma, dove eseguì le scene per la stagione lirica del teatro Ducale. L'anno successivo, chiamato a Firenze, allestì le decorazioni per la stagione autunnale del teatro della Pergola. Il 17 ott. 1793 venne nominato accademico aggregato presso l'Accademia Clementina di Bologna. Divenne anche professore accademico nell'Accademia fiorentina (11 ott. 1794), continuando a dipingere e a progettare scene, in particolar modo per gli spettacoli che si dettero nel Regio Teatro di Livorno ed, in epoche diverse, nei teatri delle principali città d'Italia.
Morti gli anziani professori Grassi e Ghidetti, il D., nel 1795, fece ritorno in patria, dove, con la benevolenza del duca Ferdinando, sperava di subentrare ai maestri nelle cariche di architetto e pittore teatrale. Si inserì così nel vivace ambiente teatrale di Parma in cui era ancora viva la tradizione dei Galli Bibiena. Le novità tecniche da lui introdotte lo imposero rapidamente e lo portarono a lavorare dapprima per il teatro di corte (estate del 1796), poi presso il teatro Ducale, il più prestigioso della città: per il carnevale del 1798, per la stagione lirica della primavera del 1799, nonché per quelle delle successive estati del 1801 e 1802, sempre coadiuvato da D. Antonini.
La morte del duca Ferdinando, il 9 ott. 1802, fece sospendere ogni attività teatrale per quell'anno; in seguito, scomparso il suo principale mecenate e sciolta la corte, il D. vide sfumare la possibilità di ottenere una carica accademica e si adattò con difficoltà alla delicata situazione venutasi a creare con l'occupazione napoleonica. Non incontrando il pieno favore dei nuovi amministratori francesi, si limitò ad eseguire lavori di minore entità nelle ex residenze ducali di Colorno e di Sala Baganza e in alcuni teatri privati. Allargò così i suoi interessi anche ad altri generi, come testimonia una Scena campestre, tempera apparsa all'esposizione dell'Accademia imperiale di belle arti di Parma nel 1810.
Con la Restaurazione, già dal 1814, chiese di entrare in Accademia come professore di prospettiva teatrale, proponendo, con una sorta di nazionalismo culturale, l'insegnamento di un'arte che aveva avuto grandi tradizioni a Parma, ma che in quegli anni rischiava la decadenza: a prova, adduceva il fatto che erano stati chiamati nel Ducato scenografi stranieri. Dapprima questo progetto trovò resistenza nel corpo accademico, che non concesse al D. neppure la carica di professore di architettura; egli ottenne la nomina a professore di prospettiva teatrale solo il 15 genn. 1819 e quella di accademico consigliere con voto il 13 febbraio successivo.
Nel frattempo aveva promosso e organizzato una scuola di prospettiva teatrale, che univa gli insegnamenti di architettura, di geometria descrittiva e di ottica con quello di pittura, e dove gli alunni, secondo le sue intenzioni, avrebbero potuto far pratica lavorando agli allestimenti degli spettacoli del teatro Ducale, dei quali aveva chiesto l'esclusiva.
Nello stesso 1819 la scuola divenne parte dell'Accadeinia, senza però che il D. ottenesse mai la privativa della realizzazione delle scene per il teatro Ducale: venne infatti preferito G. Boccaccio, pittore paesaggista estraneo all'ambiente accademico ma assai apprezzato dalla nuova duchessa di Parma, Maria Luigia, della quale era anche maestro di pittura. Da quel momento, il D. si dedicò esclusivamente all'insegnamento, ed i suoi allievi, mai numerosi, si distinsero ben presto - tra tutti G. Pavarani - nei concorsi e nei premi accademici. La scuola si delineò come un'iniziativa abbastanza avanzata per l'epoca, pur in un ambiente dove la tradizione della scenografia aveva origini lontane e fama internazionale, e precedette altri tentativi analoghi, come quello della bolognese Accademia Clementina.
Negli anni della maturità il D. curò anche la pubblicazione di guide riguardanti i monumenti di Parma, forte dell'esperienza della collaborazione alla raccolta delle notizie per l'Enciclopedia metodica delle belle arti, pubblicata da P. Zani a Parma dal 1819.
Il primo libro prodotto dal D. fu la Descrizione del gran teatro farnesiano e notizie storiche sul medesimo, in 4º, del 1817, con una pianta dell'edificio incisa all'acquaforte: si trattava di un opuscolo divulgativo, destinato all'"erudito forestiere" più che allo specialista d'architettura, reazione ai non sempre esatti ragguagli che si trovavano nella letteratura di viaggio straniera. Alla precisione delle misure non corrispose però un'eguale accuratezza nella sezione dedicata alla rievocazione delle feste tenutesi nel teatro Farnese dalle origini in poi, come notò primo fra tutti Pietro De Lama (autore di una Descrizione dello stesso teatro, pubblicata a Bologna nel 1818).
Nel 1824 uscì a Parma la Nuova descrizione della città di Parma, volumetto in 8º, con cui il D. intese riprendere la tradizione delle guide settecentesche, sull'esempio di Ireneo Affò, ultimo esperto ad aver intrapreso, alla fine del secolo precedente, una ricognizione dei monumenti della città. Il D. diede alla sua opera un taglio critico più aggiornato, con precisazioni di carattere tecnico relative all'architettura e alla pittura, non senza documentare la situazione del patrimonio artistico parmense dopo i sequestri e le soppressioni napoleoniche. Infine pubblicò una Cronologia drammatica, pantomimica e comica del Ducale Teatro di Parma, in quattro annate, dal 1826 al 1829, poi riproposta in un solo volume edito a Parma alla fine del 1830, fonte non sempre esauriente ma comunque preziosa sulle ultime stagioni del teatro Ducale di Parma, distrutto e sostituito dall'attuale teatro Regio, inaugurato nel 1829.
Morì a Parma l'11 giugno 1831. Mancano conferme alla notizia (cfr. ThiemeBecker) che avesse un figlio, Luigi, che avrebbe vinto un premio presso l'Accademia di belle arti di Parma nel 1820.
Fonti e Bibl.: Parma, Accademia naz. di belle arti, Atti, ms. II, 18 genn. 1819, 15 genn. 1825 e passim; Ibid., Raccolta dei bandi dei concorsi, Relazione sulla distribuzione dei premi, anni 1810, 1819, 1820; Archivio di Stato di Parma, Fondo Istruzione pubblica, sez. XII, b. 192; Parma, Soprint. beni artist. e storici, E. Scarabelli Zunti, Documenti e mem. di belle arti parmigiane (ms. fine sec. XIX), VIII, cc. 113-116; A. Martini, La scuola parmense di belle arti, Parma 1862, p. 22; E. Jannelli, Dizionario biografico dei parmigiani illustri, Parma 1877, p. 159; P. E. Ferrari, Spettacoli drammatico-musicali e coreografici in Parma, Parma 1887, pp. 5, 8, 45, 47, 49; IIMostra sindacale d'arte e del paesaggio parmense. Mostra retrospettiva del paesaggio parmense dell'Ottocento (catal.), a cura di G. Copertini, Parma 1936, p. 19; A. Musiari, Neoclassicismo senza modelli..., Parma 1986, pp. 135 ss., 152, 155, 264, 266, 268; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 428; Enc. dello spett., IV, col. 841 (con elenco parziale delle scenografie).