DOMINICI, Paolo (Pawel Rzymianin, Paolo Romano)
Figlio di Domenico e di una Domenica, romani, ma originari di Chiamut nei Grigioni, nacque probabilmente a Roma verso il 1555 e fu operoso in Polonia.
Le poche notizie anagrafiche sono ricavate da un documento rilasciato a Roma in Campidoglio, il 20 genn. 1586, che la moglie del D. presentò alle autorità di Leopoli nel 1622 (Łoziṅski, 1898; per i docc. ci si riferisce a questo autore se non diversamente indicato).
Il D. dovette iniziare la sua attività di architetto e scalpellino a Leopoli verso il 1580, come collaboratore del principale architetto della città, Pietro Barbone, anche lui italiano, con il quale esegui tra l'altro una fontana in marmo; il primo documento che si riferisce al D. è la concessione dei diritti di indigenato della città di Leopoli, nel 1585, in cui era indicato "Paulus Romanus murator italus", e "Romarius" restò per tutta la vita. Sua moglie, Elz̈bieta (Elisabetta), era figlia di Albert Kapinos, un architetto la cui famiglia, di origine italiana, abitava a Leopoli già da due generazioni.
Il 2 marzo 1591 il D. firmò un contratto con la confraternita ortodossa per i progetti e la direzione dei lavori della chiesa greco-scismatica a Leopoli, dedicata alla Dormitio Virginis. Nel 1597 scelse come collaboratore della costruzione il suocero Albert Kapinos e un anno dopo si ritirò dalla direzione dei lavori, introducendo al suo posto lo scalpellino dei Grigioni Ambrogio Nutclaus. Da allora avrebbe agito sempre in questo modo: dopo aver eretto l'edificio fino allo stato in cui la pianta e l'effetto artistico non potevano più essere guastati, cedeva ad altri i lavori di rifinitura e cominciava la costruzione successiva.
Il D., sicuramente il più insigne artista di Leopoli, si rifaceva soprattutto all'architettura lombarda e veneziana, come dimostra la chiesa ortodossa della Dormitio, la sua opera maggiore, in cui il sistema bizantino a una sola navata coperta da cupole si fonde con quello occidentale basato sulla ripartizione in tre navate, all'interno, e sull'uso degli ordini architettonici, all'esterno. Sull'edificio si allineano tre cupole, una sulla campata centrale della navata maggiore, una sul presbiterio e una sul coro. L'esterno, scandito da arcate cieche su lesene doriche e ornato da un fregio dorico, ricorda soluzioni milanesi. L'interno si avvicina alle chiese barocche per la ricca decorazione e l'esuberante illusionismo ottico.
Dal suo testamento, nel 1618, risulta che nel 1596 aveva iniziato la costruzione della chiesa e del convento per le benedettine di Leopoli. Solo il vestibolo del convento, concepito come una loggia a tre archi, ha conservato l'elegante ordine tuscanico, progettato dal D.; le altre parti del complesso, completamente ricostruite, non presentano più alcun interesse storico-artistico.
Nel 1598 il D. fu chiamato nella cittadina di Jezupol, a sudest di Leopoli, dove la famiglia Potocki patrocinava i lavori di ingrandimento. Sue opere sono il castello, dal rivestimento in bugnato, nonché la chiesa ed il convento dei domenicani (completamente distrutto).
Nel 1599 dovette ritornare a Leopoli, dove aveva vinto un concorso per il progetto di una nuova chiesa per i francescani riformati. Iniziò la costruzione nella primavera successiva; ancor prima del 1613 cedette la direzione dei lavori al Nutclaus. Questa chiesa, importante monumento per lo sviluppo dell'architettura in Polonia, venne definitivamente terminata soltanto nel 1630. Negli anni 1599-1600 eresse per Pawel Kampian, ricco medico e viaggiatore, la cappella di famiglia presso la cattedrale cattolica di Leopoli, in cui all'esterno le fflembrature e l'uso degli ordini e del bugnato sono opera del D., mentre le decorazioni a bassorilievo sono posteriori (1619-21).
Dai documenti di Leopoli il D. risulta persona intraprendente e tesa a migliorare sempre la propria situazione economica. Fra il 1587 e il 1614 (le date del primo e dell'ultimo acquisto) aveva successivamente comprato cinque case a Leopoli; lasciò l'ultima, una costruzione con giardino, alle clarisse di Leopoli.
Morì a Leopoli nel 16 18.
Dopo la sua morte la moglie si risposò e, non avendo avuto figli, l'eredità passò ai parenti. Si presentò allora (1619) come parente Matteo Castello di Melide, sul lago di Lugano, architetto alla corte dell'allora re di Polonia Sigismondo III (cfr. anche Varsavia, Arch. centrale degli atti antichi, Metryka Koronna, vol. 168, ff. 6v, 7: "Ius caducum post mortem Pauli Romani Matteo Castello conferitur").
Fonti e Bibl.: C. Damirski, Thaumaturgus Russiae, Leopoli 1672, pp. 94-97; T. Pirawski, Relatio status almae archidioecesis Leopoliensis [sec. XVII], a cura di C. J. Heck, Leopoli 1893, p. 123; F. M. Sobieszczaṅski, Wiadomoôci historyczne o isztukach pięknychw dawnej Polsce (Notizie stor. sulle belle arti nella Polonia antica), II, Warszawa 1849, p. 43; A. Czołowski Z przeszłoôci Jezupola iokolicy (Del passato di Jezupol e dei dintorni), Lwów 1890, pp. 53, 61, 79, 137; L. Łoziṅski, Sztuka lwowska w XVI i XVII wieku. Architektura i rzeûba (Arte a Leopoli nel XVI e XVII secolo. Architettura e scultura), Lwów 1898, pp. 44-72; J. Wilczkowski, Lwów jego rozwój i stan kulturalny (Leopoli: lo sviluppo e la situazione culturale), Lwów 1907, p. 550; B. Janusz, Lwów dawny a dzisiejszy (Leopoli antica e moderna), Lwów 1928, pp. 34, 36; M. Osiṅski, Zwnek w Zółkwi (Il castello di Zolkwa), Lwów 1933, p. 85; T. Maṅkowski, Pochodienie osiadłych we Lwowie budowniczych wloskich (Le origini dei costruttori ital. stabilitisi a Leopoli), in Księga pamiâtkowa ku czci Leona Piniṅskiego (Studi in mem. di Leon Pininski), II, Lwów 1936, p. 144; Id., Koôciół bernardynów we Lowowie (La chiesa dei bernardini a Leopoli), in Dawna Sztuka (Arte antica), I (1938), pp. 306-317; M. Gębarowicz, Studia nad dziejami kultury artystycznej póûnego Renesansu w Polsce (Studi di storia della cultura artistica del tardo Rinascimento in Polonia), Toruú 1962, pp. 236, 238, 254; K . Majewski, Ódzialałnosci kilku muratorów lubelskich z lat 1571-1625 (Sull'attività di'alcuni muratori a Lublino negli anni 1571-1625), in Sztuka okolo roku 1600 (Arte attorno al 1600), Warszawa 1974, p. 198; M. Karpowicz, Artisti ticinesi in Polonia nel '600, Bellinzona 1983, pp. 66 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, p. 213 (sub voce Paolo Romano, con ult. bibl.); S. Łoza, Architekci i budowniczowie w Polsce (Archit. e costruttori in Polonia), Warszawa 1954, p. 228 (sub voce Pawel Rzyrnianin).