FEI, Paolo di Giovanni
Figlio di Giovanni di Feio, fabbro ferraio, è ricordato per la prima volta come "Paulus Iohannis pictor" in un documento del 1ºluglio 1369, nel quale viene nominato membro del Consiglio generale del Comune di Siena per il terzo di Città per un periodo di sei mesi (Bacci, 1939, p. 188). Considerando l'importanza della carica, a quella data il F. doveva avere più di venti anni e dunque l'anno di nascita può essere fissato nel primi anni '40 del secolo XIV.
A partire dal 1369 il F. rappresentò più volte, attraverso la carica di consigliere, il "popolo" di S. Quirico di Castelvecchio a Siena, dove è documentato quale residente per il resto della vita. Fu ancora consigliere nei due anni successivi, vessillifero della Società d'armi di S. Quirico nel 1371-1372 e nel 1381, mentre all'inizio del semestre luglio-dicembre 1380 è nominato tra i quattro Provveditori di Biccherna (Bacci, 1939, p. 166). Tra il 1386 ed il 1408 ottenne più volte la qualifica di camerlengo della Compagnia della Madonna sotto le Volte dello spedale di S. Maria della Scala e solo nel 1389 compare nel Ruolo dei pittori ascritti al Breve dell'arte. Nel 1392 risulta censito nella "lira" di S. Quirico di Castelvecchio insieme con la moglie Bartolomea di Francesco Memmi (Bacci, 1939, p. 193); a questa data il F. abitava dunque autonomamente nel distretto di residenza del padre; vi rimase sino al 1411, anno in cui fu effettuata una revisione della sua consistenza patrimoniale. La denuncia testamentaria, in cui il F. nomina suoi eredi la moglie e i sette figli, è del 1ºgiugno 1411 (Bacci, 1939, p. 198) e tra questa data ed il dicembre dello stesso anno il F. morì (ibid., p. 175).
La sua attività artistica è documentata dal 1381, anno in cui, secondo G. C. Carli (cfr. Mallory, 1976, pp. 218 s.), il F. eseguì una tavola per l'altare della famiglia Mannelli in S. Maurizio a Siena, certamente perduta in seguito al rifacimento settecentesco della chiesa. Il testo ottocentesco del Carli non concorda però con la precedente testimonianza di mons. Fabio Chigi, che tra il 1625 ed il 1626, in visita a Siena, redasse L'elenco di pitture, sculture e architetture di Siena (Bacci, 1939, p. 315), in cui l'opera del F. risulta datata al 1391. Nello stesso manoscritto è documentata la pala per l'altare Accarigi in S. Domenico, eseguita nel 1387, anch'essa perduta.
Tra il 1395 e il 1410 ben sedici documenti riferiscono dell'impegno assunto a più riprese dal F. in merito alla decorazione del coro, di alcune cappelle e della sacrestia del duomo di Siena, oltre che alla esecuzione di opere minori (Mallory, 1976, pp. 219-224). Nel 1395 e 1398 sono registrati pagamenti per la dipintura di due sculture lignee per il coro, raffiguranti S. Paolo e S. Ansano, oggi perdute; ancora nel 1400 il F. ricevette 5 fiorini d'oro per la coloritura di una statua di S. Savino, realizzata da frate Guido di Giovanni e riconosciuta da Bacci (1939, pp. 172 s.) e da Carli (1979, p. 93) nella scultura oggi conservata al Museo dell'Opera del duomo. Nel 1398 è documentato un pagamento per una tavola raffigurante "l'offerta di Nostra Donna" tra i ss. Pietro e Paolo, eseguita per la cappella di S. Pietro, il cui pannello centrale è oggi conservato alla National Gallery di Washington. Tra il 1402 ed il 1403 il F. risulta impegnato nella decorazione di parte del coro del duomo con Storie tratte dal Vecchio Testamento, a completamento degli affreschi allogati a Taddeo di Bartolo nel 1401. Tra il 1608 ed il 1611 gli affreschi furono coperti dalle pitture di Ventura Salimbeni.
Nel 1403 il F. era impegnato nella doratura della lupa da collocarsi sulla colonna di fronte al duomo. E per il duomo, negli ultimi anni della sua attività, ricevette ulteriori commissioni: un affresco della Crocifissione per la cappella della Passione (1407-1408) ed una pala d'altare per la cappella dei Maestri della pietra, conosciuta anche come cappella di S. Daniele, raffigurante la Madonna ed i santi Quattro Coronati (1410), entrambe perdute.
La fortuna critica del F. ha conosciuto alterne vicende e, nella difficile identificazione delle varie personalità artistiche a lui contemporanee, studiosi come Van Marle (1924), Perkins (1932) e Berenson (1932), nel definire il corpus delle sue opere, ne hanno delineato un profilo artistico forse poco convincente. In realtà delle più precoci attribuzioni. proposte da Perkins in ripetuti interventi sin dal 1903, oltre che da Van Marle, studi più recenti ne hanno ridotto il numero, restituendo ad artisti suoi contemporanei opere come la Madonna con Bambino (Siena, S. Domenico) o la tavoletta con la Madonna con Bambino, cherubini e santi (Londra, Wallace Collection) di Francesco di Vannuecio, la Madonna con Bambino e santi (Dresda, Pinacoteca) di Niccolò di Buonaccorso o l'Incoronazione della Vergine (Siena, Pinacoteca) del più anziano Bartolo di Fredi. La ricostruzione cronologica della sua attività risulta ancora più complessa perché, delle molte opere documentate, ben poche sono superstiti. Attivo a Siena in un periodo in cui gli artisti locali erano per lo più semplici emulatori dell'arte di Simone Martini e di Pietro e Ambrogio Lorenzetti, il F. nell'ultimo quarto del XIV secolo si attesta tra i "moderni" pittori senesi il più rinomato e richiesto, colui che meglio riesce a rivivificare l'arte di Simone Martini. Tra le opere attribuite alla prima attività del F., databili sul finire degli anni '70, si ricordano la Madonna dell'Umiltà, conservata a Londra, nella collezione Wildenstein e C., e la Madonna del Latte, presso il Metropolitan Museum di New York.
Un primo accostamento del F. all'arte di Pietro Lorenzetti è riscontrabile nel trittico con la Natività della Vergine, conservato nella Pinacoteca di Siena, databile ai primi anni del 1380, da alcuni considerato la perduta pala dell'altare Mannelli in S. Maurizio. Ispirata alla Natività della Vergine di Pietro del 1342, conservata nel Museo dell'Opera del duomo, in essa il F. enfatizza la ricchezza e la leggerezza dei colori con un uso di toni pastello, derivato dagli esempi di Simone Martini e Lippo Memmi.
A questi stessi anni sono riferibili tra le altre opere il S. Giovanni Battista (Avignone, Musée du Petit Palais) e la S. Caterina d'Alessandria (Francoforte, Staedelsches Kunstinstitut), entrambi pannelli di un polittico oggi perduto (Mallory, 1976, p. 98), che rivelano una dipendenza dall'arte di Simone, sebbene il F. prediliga un maggiore decorativismo, specie nella S. Caterina, a discapito di una definizione più realistica delle figure e dello spazio che le accoglie.
Il polittico della Madonna con Bambino e santi, conservato nell'oratorio di S. Bernardino a Siena, si colloca cronologicamente tra il 1385 C il 1395. Qui il F. sceglie la forma del polittico per una composizione che tanto Duccio (Maestà, Siena, Museo dell'Opera) che Simone (Siena, palazzo pubblico) avevano risolto in un campo unico. In questa opera è ravvisabile l'influenza di Bartolo di Fredi, particolarmente nelle corrispondenze con il trittico nella Pinacoteca di Perugia; l'uso di varie fonti si rivela filtrato attraverso una autonoma interpretazione dei modelli, che rende originale l'invenzione dell'artista, progressivamente più libero dall'influenza diretta dei maestri.
Nel 1387 il F. è impegnato nella decorazione della cappella Accarigi, in origine dedicata a s. Tommaso d'Aquino. Il manoscritto di F. Chigi (cfr. Bacci, 1939, p. 322) informa dell'esistenza di un'opera dei F. datata 1387, non specificandone la natura. Il Mallory (1976, p. 106), nel tentativo di ricostruire l'aspetto originario della cappella, suggerisce l'eventualità che sull'altare fosse collocata una tavola con S. Tommaso d'Aquino nello studio. Dei resti di affresco, quasi totalmente illeggibili, visibili nell'intradosso dell'arco della cappella, resta una testa di vescovo, inscritto in una cornice ottagonale che decora l'intera fascia dell'intradosso, che Mallory torna ad identificare con il S. Tommaso. In questi stessi anni il F. esegui la Madonna con Bambino sull'altare Piccolomini nella cattedrale di Siena, databile ai primi anni del 1390. L'opera ripropone l'iconografia martiniana della Madonna dell'Umiltà. In essa si ritrovano ancora elementi derivati dall'arte di Ambrogio e Simone, sebbene ora elaborati in modo più felice ed- armonioso. Di poco successiva è un'altra tavola di piccolo formato conservata nella cappella del Manto dello Spedale di S. Maria della Scala, la Vergine con Bambino ed angeli, databile non oltre la fine degli anni '90. Sono ancora ravvisabili influenze martiniane nel volto allungato della Vergine e nel trattamento dei sinuosi panneggi. L'attenzione del F. è comunque ora rivolta ad una maggiore umanizzazione dei personaggi, che si fa via via crescente nelle opere di questi anni.
Nel 1397 collaborò con Bartolo di Fredi alla decorazione della cappella Malavolti in S. Domenico. Sappiamo da fonti documentarie (Freuler, 1987) che Bartolo eseguì per la cappella una pala d'altare, con la Visitazione, i Ss. Cristoforo e Domenico e la Trinità nella lunetta superiore, oggi smembrata e conservata nel Musée des beaux-arts di Chambéry. A coronamento della tavola il F. affrescò l'area sottostante l'arco della cappella con angeli adoranti. L'attribuzione è stata proposta in prima istanza da, Mallory (1976), che ravvisava in essi una forte influenza dell'arte di Fredi, per una certa affinità di spirito e per coincidenze formali in rapporto agli angeli della Incoronazione della Vergine (Siena, Pinacoteca), eseguita nel 1388. La corretta interpretazione del Mallory, associata al più recente intervento di Freuler, permette dunque di fissare, per quest'opera, un preciso termine cronologico.
La Presentazione di Maria al tempio (Washington, National Gallery), eseguita per la cappella di S. Pietro nel duomo di Siena, come attesta un documento del 1398, è esemplare di un momento significativo nell'evoluzione dello stile del F., che segna il passaggio alla fase più matura della sua arte. In essa l'artista raggiunge una grande libertà nella trattazione delle figure, sia nella posa sia nell'espressione dei volti, non più risolte in un atteggiamento intimistico e riflessivo, ma volte ad animare la narrazione dell'evento. Lo spazio in cui si muovono le figure è più naturale, l'impianto architettonico maggiormente articolato, più attenta la sua resa prospettica. L'uso del colore si fa più sensibile, specie negli incarnati, gli effetti decorativi vengono enfatizzati. L'iconografia della Presentazione siriallaccia alla tradizione più strettamente senese, legata ad un affresco perduto dei Lorenzetti sulla facciata dello Spedale di S. Maria della Scala.
Pertinente a questi stessi anni è la Madonna in trono con Bambino e santi, polittico conservato nella Pinacoteca di Siena, già nella chiesa di S. Andreino alle Serre di Rapolano, unica opera finnata dell'artista, di poco anteriore alla Presentazione. In essa il ricordo di Pietro Lorenzetti si fa puntuale nella compostezza solenne delle figure. Tra i dipinti di piccolo formato che ruotano intorno alla Presentazione, di poco precedenti sono la Madonna con Bambino, angeli e santi (New York, Leliman Collection; cfr. Mallory, 1976) già nella collezione Chigi-Saracini, Siena, e l'altarolo portatile con la Madonna con Bambino e santi (Roma, collez. conte Vitetti; cfr. ibid.). Quest'ultimo risponde pienamente alla tipologia di tabernacolo portatile diffusasi a Siena a partire dalla metà del Trecento. Leggermente più grande, forma ed iconografia non presentano significative variazioni; solo nei medaglioni che ornano la parte superiore dei pannelli laterali trovano posto due profeti in luogo della consueta Annunciazione.
Opere degli ultimi anni del secolo sono inoltre il S. Giovanni Battista (Panna, Pinacoteca Stuard) ed il S. Lorenzo (mercatoantiquario; pubbl. in XIII Mostra mercato internaz. dell'antiquariato [catal.], pal. Strozzi, Firenze 1983, p. 188), entrambi pannelli di un probabile polittico, smembrato e perduto, cui il Mallory (1976, p. 157) associa una piccola tavola custodita al Fogg Art Museum di Cambridge, con S. Giovanni Battista che lascia la città e S. Giovanni che predica, forse parte della predella dello stesso polittico. Il Battista di Parma conferma le soluzioni compositive già presenti nel santo della paia di S. Andreino. La sua figura è scarna ed ascetica, espressivo ed intensamente emozionale il volto. Il S. Lorenzo presenta caratteristiche analoghe, come pure identici sono i motivi decorativi punzonati dell'aureola e del perimetro della cornice. Gli stessi ritornano nella fascia che orna il bordo superiore del piccolo pannello.
Altre due opere che si collocano sullo scorcio del Trecento sono il dittico dell'Osservanza (Siena, Pinacoteca) e il Matrimonio mistico di s. Caterina (Siena, Pinacoteca), trittico a sportelli qualificato dal Mallory (1976) come opera di bottega, ma inserito da Torriti (1977, p. 184) nel corpus dell'artista, definendolo. elegante opera devozionale dell'età più matura del maestro e accettando la possibilità di un intervento di un aiuto. Il dittico, rappresentante la Madonna con Bambino ela Crocifissione, viene inserito dal Mallory (1976) alla fine dell'attività del F., ponendolo in rapporto con la Trinità napoletana; Guiducci (1982, p. 296) propone di anticiparne l'esecuzione ai primi anni '90.
Impegnato nei primi anni del Quattrocento nella decorazione del coro del duomo di Siena, tra il 1407 ed il 1408 il F. realizzò per il cardinale Enrico Minutolo il trittico della Crocifissione, conservato sull'altare maggiore della omonima cappella nel duomo di Napoli. La presenza del cardinale a Siena, al seguito di papa Gregorio XII, è documentata tra il settembre ed il gennaio di quegli anni; in quella occasione egli commissionò all'artista l'esecuzione dell'altarolo, portato successivamente a Napoli.
Le tavole laterali ospitano i Santi Pellegrino, Caterina, Giovanni Battista e Gennaro. In quella centrale è rappresentato il Cristo crocefisso, tra la Vergine e s. Giovanni, incluso in una mandorla che comprende DioPadre e il Santo Spirito. L'inusuale iconografia, che fonde il tema della Crocifissione con quello della Trinità, sembra essere originale invenzione del F., forse in parte ispirata dalla tavola di Luca di Tommè (1366, Pisa, Pinacoteca).
L'Assunzionedella Vergine, conservataalla National Gallery di Washington, è considerata l'ultima delle opere del F. a noi pervenute, tra le espressioni più alte della sua arte, giunta ormai alla completa maturità.
L'iconografia della tavola deriva da un prototipo martiniano giunto a noi attraverso una versione più tarda, di bottega (Monaco, Alte Pinakothek), in cui la Vergine assunta al cielo è circondata da una schiera di angeli che si dispone circolarmente intorno alla sua figura. Il F. non raggiunge un effetto di completa profondità spaziale, ma mostra la direzione verso cui si sta muovendo la pittura senese del primo Quattrocento: alcuni anni più tardi l'anonimo autore degli affreschi della sacrestia di S. Maria del Carmine a Siena dimostrerà di avere recepito e compreso i presupposti espressi dall'opera del maestro.
Riconducibili all'artista sono inoltre i Ss. Iacopo, Giovanni Battista e Vitale (Siena, Pinacoteca), laterali di un polittico esclusi dal suo catalogo dal Mallory, che vi riconosceva la mano di un aiuto, restituiti alla tarda attività del F. da Torriti (1977, p. 185), e una raffinata Trinità, già di proprietà di F. Mason Perkins, oggi a Perugia (Galleria nazionale dell'Umbria), dallo stesso riconosciuta come autografa, non commentata dal Mallory (1976), molto vicina alla Trinità napoletana (Guiducci, 1982, p. 296).
Restano infine gli affreschi, a noi giunti in stato frammentario, che decorano la cappella Donati, annessa alla sacrestia di S. Domenico a Siena, con l'Annunciazione; i Ss. Nicola e Giovanni Battista, Giovanni e Nicola Donatie un eremita domenicano; Storie della vita di Cristo e del Battista. La cappella venne edificata, in seguito a un consistente lascito testamentario di Niccolò Donati ai padri domenicani, negli anni successivi al 1373 (Seidel, 1982, p. 122). Il Mallory (1976) li ritiene opera della maturità del F., limitatamente alla scena dei Ss. Giovanni e Nicola, non potendo operare un'analisi stilistica approfondita, dato il generale cattivo stato di conservazione. Seidel (1982), alla luce di nuove prove documentarie, tende ad anticipare di molto la datazione, ritenendo improbabile il passare di almeno un trentennio dalla data della disposizione testamentaria, in cui era prevista anche la decorazione della cappella, a quella proposta per la sua realizzazione, e ne attribuisce l'intera esecuzione al Fei.
Fonti e Bibl.: R. Van Marle, The development of the Ital. schools of painting, II, The Hague 1924, p. 134; B. Berenson, Painters of the Renaissance, London 1932, pp. 182-185; F. M. Perkins, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, Leipzig 1932, pp. 211 s. (s. v. Paolo di Giovanni Fei); P. Bacci, Dipinti ined. e sconosciuti di P. Lorenzetti, B. Daddi..., Siena 1939, pp. 165-206; Id., Elenco, in Bull. senese di storia patria, X (1939), pp. 197-213, 297-337; F. Santi, in Boll. d'arte, s. 5, LII (1967), p. 256; M. Mallory, The Sienese painter P. di G. F., London 1976, con bibl. precedente; P. Torriti, La Pinacoteca nazionale di Siena. I dipinti dal XII al XV secolo, Siena 1977, pp. 179-186, 227; E. Carli, Il duomo di Siena, Siena 1979, pp. 82, 84, 93; Id., La pittura senese del Trecento, Venezia 1981, pp. 238-245; A. M. Guiducci, in Il gotico a Siena (catal.), a cura di G. Chelazzi Dini, Firenze 1982, pp. 295-298; M. Seidel, in Die Kirchen von Siena, München 1982, I, 1, pp. 122-124; Id., in Mostra di opere d'arte restaurate nelle province di Siena eGrosseto (catal.), Genova 1983, pp. 60-64; E.Carli, in Le Biccherne, Roma 1984, pp. 23 s., 118, 124; P.Torriti, in Scritti di storia dell'arte in onore di R. Salvini, Firenze 1984, pp. 211 s.; D. Gallavotti Cavallero, Lo Spedale di S. Maria della Scala, Pisa 1985, pp. 137, 141, 144; La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, ad Indicem e p. 570; G. Cirillo-G. Godi, La Pinacoteca Stuard a Parma, Parma 1987, p. 31; G. Freuler, Die Malavolti-Kapelle des Bartolo di Fredi und P. di G. F. in S. Domenico in Siena, in Pantheon, XLV (1987), pp. 39-53; I. Bähr, in Die Kirchen von Siena, München 1992, II, 2, pp. 588 s., 656, 764.