CASSIANI, Paolo
Nacque a Modena il 26 o 27 sett. 1743 in una famiglia borghese. Il padre, Francesco, era parente stretto di Giuliano Cassiani, poeta lirico; la famiglia aveva legami di parentela anche con l'astronomo Antonio Cagnoli. Dopo aver seguito gli studi nel collegio gesuitico di Modena, ove compì il corso di filosofia, il C. si dedicò dapprima a svolgere ricerche erudite, particolarmente nella Biblioteca Estense sotto la guida di F. A. Zaccaria, per poi intraprendere la carriera forense, il che presuppone studi giuridici su cui le fonti finora note non forniscono alcuna informazione.
Le tappe della sua carriera furono assai rapide: nel 1764 fu ammesso nel Collegio degli avvocati del ducato di Modena; quasi contemporaneamente fu nominato professore di diritto canonico nella locale università, e nel 1767 associò a questo incarico quello di professore di istituzioni criminali. Ma il diritto non rimase l'unico né il principale dei suoi interessi intellettuali; fino da adolescente aveva sviluppato una spiccata propensione per gli studi matematici, che in seguito non abbandonò mai coltivandoli parallelamente all'adempimento delle sue mansioni pubbliche. Verso i trent'anni era ormai un ottimo conoscitore dell'analisi. e presumibilmente dimostrò la sua preparazione in questo campo in casa del marchese Foschieri, ove si riuniva una piccola accademia della quale era entrato a far parte. La fama della sua ottima preparazione in questa disciplina fu tale che già nel 1774 il duca Francesco III lo chiamò alla cattedra di analisi matematica dell'università; in seguito, poiché la laurea in materie scientifiche comprendeva anche un biennio di filosofia, il C. ricevette anche questo incarico alternandosi ogni due anni col collega G. B. Venturi.
In questo periodo lesse nella piccola accademia del Foschieri alcune memorie erudite, concernenti la storia delle istituzioni culturali a Modena a partire dall'età augustea e gli inizi dell'arte della stampa in Europa e in Italia; queste comunicazioni (Delle antiche scuole di Modena; Dell'origine della stampa; Sulle prime stamperie d'Italia; Sui primi stampatori di Modena)rimasero inedite, ma la prima fu probabilmente vista ed utilizzata dal Tiraboschi. Un articolo delle Novelle letterarie del 1765 informava che in quell'anno il C. stava lavorando anche ad una biografia dell'erudito modenese Girolamo Tagliazucchi, ma questo lavoro non fu pubblicato e forse neppure completato; probabilmente la parte già elaborata era tra quegli inediti che, secondo alcune fonti, rimasero in possesso della famiglia dopo la sua morté e che ora sono irreperibili.
Salito sulla cattedra di matematica, il C. rimodernò i programmi e la didattica, sia introducendo quella meccanica analitica che Lagrange veniva nel frattempo elaborando sia trattando in modo sistematico l'intera teoria delle equazioni, anche con l'uso di metodi dimostrativi originali. Ma la precisa portata e l'importanza delle sue innovazioni sono difficilmente valutabili, in quanto egli pubblicò pochissimi scritti, forse per una forma di eccessiva consapevolezza critica.
Antonio Caccianino, direttore della scuola militare di Modena, nella quale il C. insegnò negli ultimi anni, nel comunicare al ministro della Guerra del Regno italico la notizia della sua morte, scriverà che "avrebbe potuto avere grandissimo lustro, se non avesse avuto quasi disprezzo di sé per eccessiva modestia", e il Borsellini aggiungerà che volle "gettare nel fuoco, siccome inutili superfluità, molti e bellissimi suoi ritrovati" (citato in Canevazzi). Tuttavia il suo ruolo storico è ricostruibile in via indiretta se si tiene conto che Paolo Ruffini, forse il maggior algebrista italiano del periodo tra i due secoli, fu suo allievo e forni i suoi contributi più notevoli proprio nel campo su cui vertevano gli interessi del C., la teoria delle equazioni, e riconobbe esplicitamente il suo debito verso il maestro.
Nel 1780 il C. divenne presidente della classe di filosofia dell'università, e da allora in poi per diversi anni l'attività amministrativa, tecnica e infine politica gli impedì di insegnare e di proseguire gli studi intrapresi. L'ambivalenza degli interessi e degli impegni esistente in lui fin dagli anni giovanili fu forse un'altra causa, non trascurabile, della sua scarsa produzione pubblicistica. ma allo stesso tempo lo rende personaggio rappresentativo del modo illuministico, cioè applicativo e "politico", d'intendere l'attività scientifica. Lasciato l'insegnamento, acquisendo il ruolo di professore emerito (conservò tuttavia la presidenza della classe filosofica), il C. passò presto ad incarichi nel govemo del ducato: fu sovrintendente ai Lavori Pubblici, relatore della Congregazione di acque e strade, priore del Collegio giuridico, fino a diventare nel 1786 ministro nel Supremo Consiglio di economia. In tutti questi uffici egli dette buona prova, ed alcuni suoi progetti e realizzazioni ricordati dall'amico e biografo Venturi (soprattutto il piano di riattivamento degli argini fluviali e il progetto di riforma fiscale) sembrano inserirsi nel generale processo del riformismo illuministico. Né gli mancarono i riconoscimenti: nel 1778 era stato ascritto alla Accademia ducale dei Dissonanti, nel 1789 gli fu concesso lo stato nobiliare e nel 1790 fu ammesso come socio ordinario nell'Accademia Atestina di belle arti.
Quando, in conseguenza della campagna napoleonica in Italia, cadde il governo ducale, il C. fu dapprima rimosso dagli impieghi pubblici, ma già nel 1798 fu nominato professore di geometria descrittiva e di idrodinamica nella scuola militare per il genio e l'artiglieria di Modena. Non è chiaro se questa sua collaborazione col nuovo regime sia da mettersi in relazione con una certa dose di agnosticismo politico, o se invece egli condividesse almeno in parte le idealità e le esigenze innovative del momento; a favore di questa seconda ipotesi può stare il fatto che, oltre a prestare la sua opera di studioso, egli si era impegnato anche politicamente, ad esempio partecipando come deputato al congresso costitutivo della Repubblica cispadana (1796-97). Nel 1802 fu nominato membro pensionario dell'Istituto italiano e consigliere della Repubblica italiana per il dipartimento del Panaro; nel 1803 fece parte della Commissione idraulica incaricata, tra l'altro, di pronunciarsi sull'opportunità allora assai discussa di far confluire il Reno nel Po. Non tralasciò comunque l'attività didattica e scientifica. Cominciò allora a lavorare ad un Corsodilezioni di matematica ad uso degli aspiranti alla scuola di artiglieria e genio di Modena e pubblicò alcuni articoli nella Continuazione del Nuovo Giornale de' letterati d'Italia di Modena. Del Corso egli poté scrivere solo due sezioni, intitolate Saggioelementare sul metodo dei limiti e Breve trattato delle misure, dopo di che la sua salute cominciò a declinare, tanto da costringerlo, ad abbandonare sia la stesura del libro sia l'insegnamento. Nel 1805 la commissione incaricata di consegnargli la Legion d'onore dovette recapitargliela nella sua abitazione, dov'era ormai costretto dal male.
Durante la malattia fu supplito nella cattedra da G. Tramontini, che sarà il suo successore; questi provvide anche a terminare il Corso del C., che fu infine pubblicato a Modena nel 1806.
Il C. morì a Modena il 3 febbr. 1806.
Fonti e Bibl.: Necrologi in Messaggiero modenese, 1806, n. 6, e in Giorn. italiano (Milano), 1806, n. 41; Novelle letter. di Firenze, XXVI (1765), coll. 601 s.; P. Ruffini, Teoria generale delle equazioni, I, Bologna 1799, p. 34; F. Carlini, P. C., in Memorie dell'I. R. Istituto del Regno lombardo-veneto [atti dell'anno 1812], I (1819), pp. 51-53; Id., in Poesie di M. M. Bozardo, Modena 1820, prefazione all'edizione dedicata al C.; A. Lombardi, Storia della letteratura italiana del sec. XVIII, I, 2, Modena 1827, p. 403; L. Rangone, Elogio di P. C., in Mem. della R. Accad. ... di Modena, I (1830), 3, pp. 156-72; A. Peretti, P. C., in Not. biogr. in continuaz. della Biblioteca modenese del cav. ab. G. Tiraboschi, V, Modena 1837, pp. 291-295 (e Aggiunte e correzioni, p. VIII);L. F. Valdrighi, Alcune note bibliografiche, che possono far seguito alla Biblioteca modenese tiraboschiana, Modena 1876, p. 44; A. Campori, Saggio di biografia modenese del sec. XIX, Modena 1877, p. 18; T. Casini, I deputati al Congresso cispadano (1796-97), in Riv. stor. del Risorg. ital., II (1897), 2, pp. 161 s.;G. Canevazzi, La scuola militare di Modena, I, Modena 1914, pp. 216-19; M. Cantor, Vorlesungen über Geschichte der Mathematik, IV, Leipzig 1908, p. 485; Nuoviss. Dig. Ital., II, p. 1160.