CANCIANI, Paolo
Nacque nel 1725 ad Udine da Leonardo e da Vittoria Picco, da famiglia nobile e ben vista dal governo veneto, che si mostrò infatti particolarmente prodigo di favori per il fratello del C., Gottardo, noto matematico e rettore del seminario di Udine. Ancor giovane il C. fu accolto tra i padri serviti nel convento della Madonna delle Grazie di Udine e ben presto entrò a far parte dell'0rdine. Distintosi per la sua grande intelligenza e per la sua capacità di penetrare i problemi della teologia e del diritto canonico, cui si aggiungeva la non comune dote di facondo oratore, il C conseguì ancor giovane la dignità di "maestro" nell'Ordine dei servi di Maria. Fu perciò inviato a tenere corsi di teologia in varie città italiane, tra cui si distinsero particolarmente i corsi tenuti a Bologna, a Firenze e a Napoli.
Tra il 1754 e il 1761 il C. fu aiutante del servita Enrico Fanzio, "consultore in iure" della Repubblica di Venezia; il Fanzio infatti, già suo maestro di diritto ad Udine, era stato creato "teologo consultore" della Serenissima il 20 nov. 1754. Grazie alla protezione del Fanzio, il C. fa scelto per una importante missione diplomatica straordinaria in Inghilterra (1761).
Da una lettera dello stesso 1761 del padre generale dell'Ordine De Rossi al Padre Mantica, provinciale per le province venete, si apprende in proposito che il C. "fu prescelto alla qualificazione oltre modo onorifica di Cappellano e Confessore in congiuntura della straordinaria legazione in Inghilterra" (Vicentini, 1920, p. 29 n.). Risulta dal documento citato notevolmente ridimensionata e corretta l'affermazione del biografo del C., Quirico Viviani, secondo il quale a Londra "assunse immediatamente l'uffizio di uomo di Stato" (p. 11).
Dopo tre anni di soggiorno in Inghilterra, che indubbiamente dovettero dare al giovane servita un'approfondita conoscenza dei problemi della politica internazionale, il C. ritornò a Venezia nel 1764. Nel 1767 si ritirava nuovamente a Udine.
Alcuni autori (Viviani) riportano la notizia secondo il quale il C., al suo ritorno a Venezia, sarebbe stato nominato dalla Serenissima "consultore in iure", non suffragata però da nessuna fonte. Si può dire al contrario che fino al 1769 il C. non compare nella lista dei serviti che avevano ricoperto quella carica fin dal 1605 (Vicentini, 1920); inoltre una lettera del luogotenente di Udine del 1770, anno in cui certamente il C. era tornato a risiedere nella città natale, in risposta ad una richiesta dei Riformatori dello Studio di Padova, rivolta a tutti i luogotenenti perché segnalassero i nominativi di persone idonee a ricoprire alcune cariche, rispondeva di non aver potuto "rinvenire soggetto di poter esibire agli importanti riguardevoli offici di Teologo, Consultore in iure e Revisore dei Brevi" (Tassini, p. 13). Il C., dal suo ritorno fino al 1767, aveva invece ripreso a svolgere funzioni di aiutante e collaboratore del Fanzio, che in quegli anni ricopriva proprio la carica di "consultore in iure", e in tale veste, negli ultimi mesi della sua permanenza nell'ufficio, gli aveva affidato le funzioni di revisore dei Brevi.
Il 18 giugno 1768 il capitolo provinciale celebrato a Venezia in S. Maria de' Servi nominava il C. "Studii Regens" per lo Stato di Venezia (Arch. Gen. d. Ordine dei servi di Maria, Reg. Padri Generali, 31, f. 130). Non sappiamo quanto a lungo il C. abbia ricoperto tale ufficio, tuttavia in tale veste nel 1772 (26 maggio) faceva pervenire al "deputato straordinario ad pias causas", Andrea Querini, un suo parere "sul numero dei conventi necessari a costituire un corpo di congregazione regolare". In questi anni si ritirava comunque nella pace conventuale della natia Udine e poteva così esplicare finalmente quella attività di erudito, che gli doveva dare maggiore fama. Si interessò infatti di moltissime cose; oltre alla raccolta delle Barbarorum leges che portò a termine nel 1792, si occupò di esegesi biblica, confrontando il testo latino con l'ebraico, con quello siriaco e quello greco e traducendo in italiano la celebre versione francese della Bibbia fatta dal Sacy. Si immerse in ricerche erudite sulle origini della sua città natale e di varie altre città e borghi friulani; tra essi fece la storia delle origini di Variano, che egli ritenne risalisse ad un "castrum" romano. Il C. intrattenne rapporti epistolari con molti eruditi del suo tempo e particolarmente affettuosa fu la sua corrispondenza con Amadeo Svajer, noto raccoglitore di fonti e documenti relativi alla storia di Venezia. Fu buon amico di un altro celebre erudito veneto, Giangirolamo Gradenigo, arcivescovo di Udine dal 1766 al 1786, di cui il C. frequentò, come egli stesso scriveva, assiduamente la casa (Lettere... ad A. Svajer, p. 11).
Ormai settantenne, nel capitolo provinciale del 1795 il C. fu prescelto come nuovo superiore provinciale dell'Ordine ottenendo l'unanimità dei voti a suo favore; ma, nonostante i nuovi impegni, i suoi legami con Udine rimasero saldi e nello stesso anno si fece nominare "correttore delle Terziarie alla Madonna delle Grazie di Udine" (Arch. Gen. dell'Ordine dei servi di Maria, Reg. Padri Generali, 35, p. 12v). La fine della Serenissima e il nuovo secolo lo trova ancora nella sua amata Udine, dove trascorse gli ultimi anni esercitando (secondo il Viviani) l'umile incombenza di sagrestano della chiesa della Vergine delle Grazie.
Morì nel 1810, nel convento di Udine.
L'opera maggiore del C., Barbarorum leges, è divisa in cinque tomi: il primo (Venezia 1781) raccoglie gli editti dei re ostrogoti e le leggi longobarde; il secondo (ibid. 1783) la legge salica, le leggi della Francia orientale; il terzo (ibid. 1785) le leggi dei Pisoni, Angli e Sassoni, i capitolari dei re franchi e le consuetudini dell'Impero di Romania; il quarto (ibid. 1789) le leggi dei Burgundi e Visigoti; il quinto (ibid. 1792) i "monumenta legalia Italiae" e le "constitutiones ab Arabibus latae in usum Regni Siciliae".
Il C. fu raccoglitore instancabile di memorie del passato, ma non fu sempre attento e critico nella sua opera: proprio le cosiddette "constitutiones ab Arabibus latae" inserite nel quinto tomo sono un esempio di tale a volte insufficiente attenzione critica: il C. mostrò infatti di ritenere autentico quel codice arabo-siculo dell'abate Vella, che fu invece il frutto di una ben nota falsificazione.
Altre opere del C. furono pubblicate postume: Sull'introduzione dell'arte di leggere e scrivere in Europa, Venezia 1836; Il colle di Udine, in Strenna friulana, Udine 1845; Lettere inedite ad Amadeo Svajer, 1785, Venezia 1879.
Nella Biblioteca comunale di Udine si conservano alcune altre opere inedite del C.: Maccheroniche, distici e un inno, con note illustrative di V. Joppi (ms. Joppi 520); Sopraun piccolo simulacro di bronzo rappresentante Ercole (ms.Joppi 336); Lettera al Co. Francesco Beretta, 1768 (ms. 485, cc. 65-66).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. gen. dell'Ordine dei servi di Maria, Annalistica, De viris illustribus Ordinis servorum, 5 (b); Catalogo degli scrittori serviti, 37, f. 14; Reg. Padri Generali, 35, ff. 119v, 120v; 30, f. 137v; 34, f. 88; 31, f. 130; G. Moschini, Della letter. veneziana del sec. XVIII, Venezia 1806, IV, p. 54; E. De Tipaldo, Biografia d. Ital. illustri, I, Venezia 1834, pp. 300-302; Q. Viviani, Elogio del p. P. C., pubbl. come introd. alla dissertazione del C., Sull'introduzione dell'arte del leggere e scrivere in Europa, Venezia 1836, pp. 11-18; E. A. Cicogna, Saggio di bibliogr. venez., Venezia 1847, p. 177; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia e i suoi cinquant'anni, Venezia 1855, p. 63; F. Di Manzano, Cenni biogr. dei lett. ed art. friulani, Udine 1887, p. 47; G. Occioni-Bonaffons, Bibliogr. stor. friulana, III, Udine 1899, p. 78; D. Tassini, I friulani "consultori in iure" della Repubblica di Venezia. Frate Enrico Fanzio, Udine 1910, pp. 13, 81; P. Molmenti, La storia di Venezia, III, Bergamo 1912, pp. 27 s.; A. Vicentini, S. Maria de' Servi in Venezia, Treviglio 1920, p. 29; Id., I Servi di Maria nei docc. e codici veneziani, Treviglio 1922, I, pp. 166, 168; A. F. Piermei, Memorabilium sacri Ordinis servorum Breviarium, III, Roma 1931, p. 260; G. Marchetti, Il Friuli. Uomini e tempi, Udine 1959, pp. 454, 462.