CANALI, Paolo
Nacque a Bologna nel 1618 da Pellegrino di Domenico e da Lisabetta Negri. La prima citazione della sua opera di architetto, e ingegnere è delMasini (1666) e si riferisce alle strada che porta all'Osservanza, realizzata (1659-60) sotto la legazione del card. Girolamo Farnese; lo Zucchini (1931) scheda la pianta originale del C. (1659; Archivio di Stato di Bologna) e una copia del 1818 (Bologna, Bibl. com. all'Archiginnasio). Ma sicuramente l'attività del C. doveva essere iniziata diversi anni prima: l'Oretti indica come l'opera sua più antica ("primieramente") il progetto per il convento dei terziari francescani di S. Maria della Carità, in strada S. Felice, progetto che fu preferito per la realizzazione a quello di F. Martini. In quegli stessi anni il C. elaborò il progetto per la collegiata di S. Giovanni Evangelista a San Giovanni in Persiceto (1654): la costruzione della chiesa - destinata a diventare il suo capolavoro - iniziò tuttavia solo nel 1671, per concludersi dieci anni più tardi. Importante fu il compito affidato al C. dal legato card. G. Farnese in palazzo d'Accursio: si trattava di realizzare la facciata del lato sud del primo cortile; i lavori della facciata detta "della Munizione" si conclusero nel 1661 (la data figura in un cartiglio di pietra in cui sono menzionati il papa Alessandro VII e il cardinale Farnese). Del 1665 sono i complessi lavori di ristrutturazione dell'antica basilica di S. Maria Maggiore.
L'intervento del C. fu radicale: innanzitutto invertì l'orientazione della chiesa, ponendo la facciata sulla via Galliera in corrispondenza dell'abside del 1579 (che andò distrutta) e il presbiterio dove era la facciata (pure distrutta) della costruzione preromanica e romanica; sostituì il soffitto quattrocentesco a cassettoni con una copertura a volte e ristrutturò in forme barocche tutto l'interno (pur rispettando la planimetria del corpo centrale dell'antica costruzione), che oggi appare sostanzialmente immutato (il presbiterio venne però ampliato da C. F. Dotti nel 1748-50; diverso è anche l'aspetto della facciata, in cui solo il porticato a tre grandi archi spetta all'intervento del Canali).
Il C. è documentato, anche come ingegnere idraulico: nel 1688 si occupò dell'antico "chiavicotto" di borgo delle Casse, che aveva ceduto per la pressione delle case sovrastanti, stendendo una perizia "corroborata con geometriche e aritmetiche dimostrazioni", come scrive pochi anni dopo il Montalbani (1670), che ne definisce l'autore "intendentissimo architettore". Nel 1669 il C. è incaricato di ristrutturare il coro della chiesa carmelitana di S. Martino: lo Zucchini (1931) segnala un disegno - datato 1669 - presso l'Archivio di Stato di Bologna. Come si accennava, è del 1671 l'avvio dei lavori per la chiesa collegiata di San Giovanni in Persiceto: il 6 novembre di quell'anno fu posta solennemente la prima pietra della nuova costruzione (e simbolicamente si utilizzò un frammento dell'antichissima chiesa di SS. Vitale e Agricola).
I lavori procedettero a rilento, sia perché scarseggiavano i mezzi sia perché l'esigenza di non interrompere le attività del culto faceva procrastinare la demolizione dell'antica chiesa, iniziata nel luglio 1672. Nuovi ritardi derivarono da controversie sorte all'interno della Congregazione della fabbrica, sinché lo stesso C., il 2 aprile del 1678, la ristrutturò. A questo punto i lavori procedettero alacremente, sì che il 23 nov. 1681 (il C. era morto un anno prima) fu posta la croce sulla facciata (compiuta in forme neoclassiche da L. Gamberini e L. Marconi soltanto nel 1838).
Secondo una nota ms. del Masini (in Arfelli, 1957) sembrerebbe che nel 1672 il C. già lavorasse per lo scalone di palazzo Fantuzzi (oggi Cloetta) in San Vitale: per certo la "regia scala di novissima e bizzarra invenzione" (Malvasia, 1686) fu inaugurata il 1º maggio del 1680 (Manini, Diario bolognese), in coincidenza dell'ingresso di confaloniere di Carlo Ridolfo Fantuzzi. Alcuni disegni del C. (Firenze, Uffizi, Gabinetto dei disegni) per la scala di pal. Fantuzzi sono stati identificati dallo Zucchini (1931) e pubblicati dalla Matteucci (1968, tavv. 37-40).
A distanza di sei anni dalla morte del C., il 5 maggio 1686 (Manini), fa aperta la chiesa delle domenicane di S. Maria Nuova, già menzionata ("architettura di P. Canale... galante") dal Malvasia (1686). La chiesa non esiste più, come il convento di S. Maria della Pietà, realizzato dal C. in gioventù. Tuttora in essere, invece, la scala e il salone di palazzo Alamandini-Pini (il salone fu affrescato nel 1690 da G.A. Burrini) i cui progetti spetterebbero alla fase estrema dell'attività del C., secondo una citazione dell'Oretti. Meno certo il riferimento (proposto pure dall'Oretti) della scala di palazzo Marescotti-Brazzetti, che sembra spettare a G.G. Monti (c. 1770).
Per primo il Melloni (1777) accenna ad una attività del C. in Baviera: "per qualche tempo esercitò l'arte sua in Baviera con tanto credito, che fuvvi richiamato la seconda volta". Benché gli studi non abbiano, sino ad oggi, chiarito le circostanze e l'entità di tale lavoro, la testimonianza del Melloni (corroborata dall'Oretti) induce a ipotizzare un possibile rapporto con il bolognese Agostino Barelli, attivo a Monaco fra il 1663 e il 1674 (chiesa dei teatini, lavori per il castello di Nymphenburg e per la Residenz).
Il C. appare figura di primo piano nell'ambito dell'architettura barocca bolognese, accanto ad A. Barelli, G. G. Monti, G. B. Bergonzoni, con i quali condivide motivi ed esperienze di una cultura architettonica assai viva, legata alla tradizione del Tibaldi e del Magenta, non estranea alle suggestioni romane (attività in Emilia di G. Rainaldi), ma impegnata soprattutto nel formulare una dimensione autonoma, in una chiave sobria e fimzionale, del gusto barocco. Assai indicativa della continuità fra cultura manieristica e barocca in area emiliana è la facciata della "Munizione" nel cortile di palazzo d'Accursio (1661), in cui il C. riesce ad accordare un poderoso prospetto a tre ordini con il contesto quattrocentesco del Fioravanti, rivelando un debito spiccato verso il Tibaldi e il Triachini (e forse lo stesso Serlio). Di ben maggiore portata l'impegno assunto in San Giovanni in Persiceto, dove il C. progetta e costruisce la maestosa collegiata immaginando un grandioso interno a croce latina, con un'unica navata e una vasta cupola. Qui i rapporti più evidenti sono quelli con le chiese di S. Salvatore del lombardo G. A. Magenta (1605-23) e di S. Bartolomeo di G. B. Natali (1599-1621) e di A. Barelli (1653-84). Diversi i problemi affrontati e risolti dal C. nella scala monumentale di palazzo Fantuzzi-Cloetta, e diversi anche il gusto e la cultura che l'architetto dispiega, accordando suggestioni scenografiche emiliane con l'esempio di B. Longhena (scalone del monastero di S. Giorgio Maggiore, 1634-35), come ha osservato il Wittkower. La sterzata verso gli esempi veneziani nella cultura architettonica bolognese, che il Wittkower coglie nel C. di palazzo Fantuzzi, è anticipata dalla Matteucci in coincidenza con la scala costruita da G. G. Monti in palazzo Brazzetti (1670?), da cui deriverebbe la stessa invenzione del Canali.
La carriera architettonica del C. sembra concludersi a pochi passi da dove era cominciata: in palazzo Alamandini, assai vicino al convento della Carità, costruito in gioventù, e alla stessa casa dell'artista in strada S. Felice. Il 28 aprile 1680 il C. morì e fu sepolto nella chiesa dei SS. Naborre e Felice, nella tomba di famiglia. Dalla moglie Camilla Bosi aveva avuto numerosi figli, fra cui un Carlo Antonio, notaio, e un Paolo Scipione, lettore nell'Ordine dei predicatori.
Fonti e Bibl.: A. Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1666, I, p. 721; O. Montalbani, L'Honore de i Collegi dell'Arti della città di Bologna, Bologna 1670, p. 86; Bologna, Bibl. com. dell'Archiginnasio, ms. B. 426: G. Manini, Diario bolognese 1650-1693 (cc. non num.); C. C. Malvasia, Le pitture di Bologna…, Bologna 1686, p. 148 (ed. a cura di A. Emiliani, Bologna 1969, p. 102); G. A. Taruffi, Antica fondaz. della città di Bologna, Bologna 1738, p. 90; Bologna, Bibl. com. dell'Archiginnasio, ms. B. 4042: D. M. Galeati, Architetti di vario fabbriche diBologna (con postille di M. Gualandi), cc. 26 s., 30, 37; Ibid., ms. B. 126: M. Oretti, Notizie de' prof. del disegno..., bolognesi, c. 345; Ibid., ms. B. 112: Id., Vite di artisti bolognesi..., cc. 19 s.; Pitture, scolture ed architetture... di Bologna, Bologna 1776, pp. 47, 112, 122, 533; G. B. Melloni, Vita del servo di Dio C. L. Canali, Bologna 1777, p. 305; Pitture, scolture ed architetture di Bologna, Bologna 1782, pp. 82, 120, 135, 461; P. Zani, Enciclop. metodica... delle Belle Arti, I, 5, Parma 1820, p. 262; G. B. Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, II, Bologna 1869, p. 119; G. Forni, Persiceto e San Giovanni in Persiceto, Bologna 1927, pp. 44, 47 ss.; C. Ricci-G. Zucchini, Guida di Bologna, Bologna 1930, pp. 5, 97, 148, 218; G. Zucchini, Edifici di Bologna, Roma 1931, pp. 79, 102, 168; A. Foratti, Aspetti dell'archit. bolognese dalla seconda metà del sec. XVI alla fine del Seicento, in IlComune di Bologna, XIX (1932), I, pp. 11 s.; A. Arfelli, Bologna perlustrata di A. di P. Masini e l'Aggiunta del 1690, in L'Archiginnasio, LII (1957), p. 231; R. Wittkower, Arte e archit. in Italia 1600-1750 [1958], Torino 1972, p. 244; G. Rivani-G. Roversi-M. Fanti, La basilica parrocchiale di S. Maria Maggiore in Bologna, Bologna 1966, pp. 45 s., 50, 72; A. M. Matteucci, C. F.Dotti e l'archit. bolognese del Settecento, Bologna 1969, pp. 13, 15, 34, 38, 53, 152, tavv. 37-42; E. Riccomini, Ordine e vaghezza - La scultura in Emilia nell'età barocca, Bologna 1972, p. 85; L. Amorth-G. Boccolari-C. Roli Guidetti, Residenze estensi, Modena 1973, p. 161 n. 10; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 489.