BOMBACE (Bombasius), Paolo
Nacque a Bologna l'11 febbr. 1476 da Antonio e Lodovica Tederici. Dedicatosi allo studio delle lettere, riuscì ben presto a crearsi una notevole fama, soprattutto per la conoscenza della lingua greca. Nel 1505 ottenne una lettura di retorica e poesia nello Studio bolognese; nell'anno seguente, succedendo a Gioviano Grecolino, gli fu assegnata anche la cattedra di lingua greca, come si legge nei rotoli dell'università. Non abbiamo molte notizie sul suo insegnamento: sappiamo solo che nel corso ordinario del 1507 leggeva Plauto e Luciano, in quello straordinario di lingua greca spiegava la grammatica secondo gli Erotemata di Demetrio Calcondila e traduceva l'orazione Per la pace di Isocrate. Nel corso del 1509 spiegò le Odi di Orazio e il De bello civili di Cesare.
Risale a questo periodo l'amicizia del B. con Erasmo da Rotterdam, che, giunto a Bologna negli ultimi mesi del 1506, trovò larga ospitalità nella casa del dotto amico. Per oltre un anno Erasmo poté dedicarsi serenamente al suoi studi e sotto l'occhio vigile del B., che lo aiutò ad approfondire la conoscenza della lingua greca, ampliò i suoi Adagia, compose e corresse la traduzione dell'Ifigeniain Aulide e dell'Ecuba di Euripide e scrisse la difesa delle lettere intitolata Antibarbari. Quest'amicizia durerà per tutta la vita e farà dire a Erasmo proprio negli Adagia (1, 6, 1): "Haud sciam an cum ullo mortalium unquam milii fuerit vel arctior necessitudo vel consuetudo iucundior".
Cagionevole di salute, il B. nel 1510 si recò ai bagni di Siena. Ritornato senza averne tratto alcun giovamento, come egli dice, trovò che la lettura di lingua greca era stata affidata a Pietro Ipsilla di Egina, "graeco cuidam non homini sed stipiti demandata", come scrive egli stesso ad Erasmo nella lettera del 21 dic. 1511. Conservò così soltanto la cattedra di retorica e poesia fino alla fine dell'anno; tuttavia, con il favore di Annibale Bentivoglio, riuscì ad avere lo stipendio dell'anno precedente anche per l'insegnamento non fatto.
In quell'anno Giulio II tentò di riconquistare il dominio di Bologna e le milizie pontificie assediarono la città. Il Bentivoglio organizzò la difesa e perfino i cittadini più ragguardevoli accorsero a innalzare fortificazioni e scavare trincee: tra questi troviamo anche il B., che in quell'occasione fu eletto sovrastante alle condotte. In una lettera del 31 marzo 1511, inviata al Forteguerri, faceva dell'ironia su se stesso che girava in armi per la città, ma appena tornato a casa studiava Omero e l'antica parafrasi (forse quella di Michele Psello). Nel mese seguente, per consiglio di Scipione Forteguerri (il Carteromaco), si recò a Venezia, dove cadde infermo e dovette tornare a Bologna. Nello stesso anno, in un'altra lettera al Forteguerri del 28 agosto, il B., fiero partigiano dei Bentivoglio e filofrancese, disgustato della situazione politica e angustiato da maligne polemiche di competitori, esprimeva il desiderio di trasferirsi altrove. L'amico gli proponeva allora di andare ad insegnare a Lucca: fallita per ragioni politiche questa possibilità, gli fu offerto di recarsi a Milano per accordarsi con Guglielmo Briçonnet, cardinale di Saint-Malo, che cercava un maestro per un suo nipote: può darsi che in questa occasione abbia fatto un rapido viaggio, come lascia sospettare una lettera senza data ad Aldo Manuzio, scritta proprio da Milano, nella quale si raccomanda di trovargli la maniera di non tornare più a Bologna. La lettera non rimase senza effetto, poiché nello stesso anno il B. scriveva a Erasmo che Manuzio si adoperava per farlo chiamare allo Studio di Padova, giacché in Bologna "nihil nisi turbulentum et luctuosum videtur". Lo stesso Erasmo, non insensibile alle lagnanze dell'amico, l'aveva invitato a seguirlo in Inghilterra.
Il B. non accettò le offerte del Briçonnet e di Erasmo e, nonostante la buona volontà degli amici, riuscì a lasciare la città natale solo alla fine del 1512 per recarsi a Napoli, non sappiamo precisamente con quale incarico, ma forse per insegnare nello Studio, se dobbiamo credere al Valeriano ("latinas graecasque literas Neapoli summa cum laude publice professus est"). Di questo soggiorno napoletano fanno testimonianza tre lettere al Forteguerri. Finalmente nell'estate del 1513, nominato segretario del cardinal Lorenzo Pucci, poté realizzare la sua grande aspirazione di andare a vivere a Roma, dove fissò stabile dimora, dedicandosi più agli affari pubblici che allo studio. Nell'agosto del 1517 seguì di malavoglia Antonio Pucci, un nipote del cardinale, inviato come nunzio in Svizzera, dove rimase per un intero anno. Tornato a Roma, il 1º genn. 1519 Leone X lo fece iscrivere tra i cavalieri di S. Pietro e il cardinale protettore gli affidò altri incarichi e prebende: tuttavia il B. si lagnava con l'amico Erasmo perché la rendita di 400 scudi non lo compensava abbastanza del forzato abbandono degli studi prediletti, contento però di non doversi più guadagnare la vita con l'insegnamento.
Nel 1524 ottenne da Clemente VII la nomina a segretario apostolico, ma poté godere ben poco di questo onore, perché il 6 maggio 1527, durante il sacco di Roma, non essendo riuscito a porsi in salvo in Castel S. Angelo, fu ucciso dai soldati di Carlo di Borbone. La sua morte suscitò largo rimpianto: il Casio nei suoi Epitafi ne ricorda la tragica scomparsa.
Il B. scrisse assai poco e di questo quasi nulla ci è pervenuto, perché non si curò di pubblicare i suoi scritti, che alla sua morte andarono in gran parte perduti o dispersi. Secondo la testimonianza del Gamurrini, avrebbe stampato un'orazione latina, da lui recitata nel 1502 per incarico del Senato di Bologna in lode di Luigi XII, re di Francia. Di questo scritto non si è trovata traccia, tanto da far pensare che questa orazione sia stata confusa con l'altra (scritta nel 1511) a noi giunta, che è bensì indirizzata al cardinale Federico Sanseverino, ma che è in realtà un'esaltazione del "Christianissimo" Luigi XII. Del B. esistono ancora due epigrammi latini, che Blossius Palladius (Biagio Pallai) pubblicò nei Coryciana, e una prefazione al libro di Riccardo Pace in difesa della cultura.
Si resterebbe delusi pensando che la fama del B. si affidasse solo ai suoi scritti: invece il suo nome è strettamente legato a quello dei suoi più famosi amici: Aldo Manuzio, Scipione Forteguerri, Erasmo da Rotterdam, i quali furono ospiti nella sua casa di Bologna ed intrattennero con lui rapporti epistolari. Abbiamo inoltre notizie di lettere inviate ad altri letterati del tempo, ad Angelo Colocci, a Giambattista Pio, a Lorenzo Bistricci, ma manca ancora un volume che raccolga le lettere del B., una ventina delle quali, in parte inedite, si trovano nei codici Vat. 4103, 4104 e 4105 e nel codice di Modena Estense B 1.3.1; altre dobbiamo cercarle negli epistolari dei suoi amici; altre ancora, almeno tredici, erano possedute a Bologna da Giacomo Biancani, ma alla morte di questi (1789) andarono perdute o disperse: per fortuna, prima della dispersione, aveva potuto leggerle il Fantuzzi e darne brevi notizie.
Le lettere del B. ad Aldo Manuzio, di cui noi abbiamo notizia, sono cinque; di esse quattro si trovano tuttora inedite nel citato codice di Modena, scritte tra il maggio 1509 e il dicembre del 1511. In una il B. ringrazia Aldo del dono di un libro di Ermogene, in un'altra gli annuncia l'argomento delle sue lezioni allo Studio bolognese e gli chiede inoltre le Odi di Pindaro con i suoi commentari e la Vita di Alessandro Magno di Plutarco; in un'altra ancora esprime riconoscenza all'amico per libri inviatigli in dono. Nell'unica lettera pubblicata, scritta nel maggio 1509, dopo calde dichiarazioni d'amicizia, comunica al Manuzio che Erasmo, partito da Roma, era passato per Bologna diretto in Inghilterra. Ci è pervenuta una sola lettera di Aldo al B. con la data del 20 apr. 1511, quando il B. stava per partire per Venezia.
La corrispondenza con Scipione Forteguerri fu assai copiosa: il codice Vat. 4105 (ff. 287-298) contiene undici lettere del B. a Scipione, scritte da Bologna negli anni 1511-1512; altre quattro ne troviamo nel cod. Vat. 4103 (ff. 26-30 e 39), delle quali tre spedite da Napoli nel 1513 e la quarta da Roma il 15 agosto dello stesso anno. Due di queste lettere furono pubblicate dal De Nolhac, altre due dal Frati ed entrambi diedero notizie sul contenuto di qualche altra; tutto l'epistolario in realtà meriterebbe di venir pubblicato. A parte le notizie che si possono ricavare sulla vita dell'autore, esso informa sulle condizioni politiche del tempo, sugli studi del greco a Bologna e a Roma, sullo scambio e la ricerca di codici e su quel gruppo di dotti che gravitarono attorno ad Aldo Manuzio, e soprattutto a Erasmo durante la sua permanenza in Italia. Il Forteguerri e il B. ebbero inoltre una comune affettuosa amicizia con Angelo Colocci, documentata da cinque lettere tuttora inedite, che il B. gli inviò da Roma e che sono conservate nel codice Vat. 4104 (f. 69) e nel Vat. 4105 (ff. 200, 277, 280, 284). Altro carteggio, posseduto da Giacomo Biancani e di cui abbiamo notizia solo dal Fantuzzi, era costituito da tre lettere latine del B. a Lorenzo Bistricci e da una a Giambattista Pio. Il Bistricci aveva scritto un epigramma assai pungente contro il B., il quale rispose con un altro epigramma e con una lettera; alle repliche del suo avversario, inviò altre due lettere e infine scrisse al collega Giambattista Pio, che egli riteneva autore o almeno ispiratore dei libelli ostili, ma il collega dimostrò di essere del tutto estraneo alle invettive del Bistricci, tanto che il B. finì per scrivere al Pio una seconda lettera per pacificarsi con lui.
I vincoli d'amicizia tra il B. ed Erasmo dovevano sopravvivere alla lontananza dei due amici, i quali non cessarono di tener vivo l'affetto attraverso una corrispondenza assai nutrita. Purtroppo ci rimangono soltanto tre lettere del B. ad Erasmo e sei di questo all'amico: di altre cinque abbiamo i riassunti del Fantuzzi. Da alcune di queste lettere ricaviamo varie notizie interessanti: in quella del giugno 1511 (n. 223), ora perduta, l'autore parla dell'Accademia Platonica che Aldo aveva in animo di istituire, lo avverte che Marco Musuro gli era ostile e rileva inoltre che negli Adagia alcuni passi di autori greci erano mal tradotti. Nella lettera del 21 dic. 1511 (n. 251), pure perduta, narra i casi personali e le vicende della sua città in quell'anno di guerra ed aggiunge di aver letto gli Adagia e di avervi segnato alcune annotazioni, che gli avrebbe fatto conoscere. In quella del 21 giugno 1521 (n. 1213) riferisce che faceva leggere le lettere di Erasmo a Leone X, il quale ne provava diletto e poi le richiedeva per rileggerle; inoltre, esaudendo una richiesta di Erasmo stesso, mandava la trascrizione di un passo della prima lettera di s. Giovanni verificato sul cod. B (Vat. gr. 1209). L'ultima lettera (n. 1631) di questo carteggio, del 9 ott. 1525, è scritta da Erasmo che si congratula con l'amico per i nuovi incarichi ottenuti, probabilmente il segretariato apostolico. Dopo la tragica fine, Erasmo nel Ciceroniano ricorderà il B. con particolare affetto: "quo vix alius unquam vixit amico amicior".
Fonti e Bibl.: L'orazione scritta nel 1511 porta il titolo: Oratio ad ReverendissimumLegatum e Sacrosancto Concilio Bononiamprofectum. Impressum Bononiaeper Hieronymum de Benedictiscivem Bononiensem,A. D. MDXII; i due epigrammi del B. si trovano in Blossius Palladius, Coryciana, Roma 1524, p. N 2v. L'elogio delle lettere è in Richardi Pacei De fructu qui exdoctrina perciptur liber, Basileae 1517. La biografia più completa è ancora quella di G. Fantuzzi, Not. degli scrittori bolognesi, II, Bologna 1782, pp. 276-281. Questi dà il riassunto di alcune lettere ora perdute ed integra le brevi notizie degli studiosi più antichi, quali E. Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobilitoscane ed umbre, I, Firenze 1668, p. 268; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1506-1507. Le lodi del B. scritte da contemporanei si leggono in G. Casio, Cronica ove sitratta di epitafii,di amore e di virtute, Bologna [1528], p. 48, e nel Supplemento II delle Croniche, n. CLXXXI; D. Erasmo da Rotterdam, Il Ciceroniano o dello stile migliore. Testo latinocritico..., a cura di A. Gambaro, Brescia 1965, pp. 222-224; B. Lampridius, Carmina, Venetiis 1550, pp. 13-14; I. P. Valerianus, De litteratorum infelicitate, Venetiis 1620, p. 22. Per i rapporti con Aldo Manuzio si veda: E. Pastorello, L'Epistolario manuziano. Inventario cronologico-analitico 1483-1597, Firenze 1957, nn. 199, 200, 201, 205, 220, 223. L'unica lettera pubblicata del B. ad Aldo è in P. De Nolhac, Les correspondants d'AldeManuce, Roma 1888, pp. 76-77; quella di Aldo al B. si trova in A. A. Renouard, Annales de l'Imprimerie d'Alde, III, Paris 1825, pp. 281-282 (tradotta in francese in A. Firmin-Didot, Alde Manuce et l'Hellénisme à Venice, Paris 1875, pp. 326-327). Per la corrispondenza con il Forteguerri, si veda il volume citato del De Nolhac, pp. 82-90 (ibid., pp. 48-54, le lettere del Forteguerri al Colocci nelle quali si parla del B.), e inoltre A. Chiti, Scipione Forteguerri (il Carteromaco), Firenze 1902, pp. 19 ss.; L. Frati, Lettere di P. Bombaci a S. Forteguerri(il Carteromaco), in Boll.stor. pistoiese, XXXIII (1931), pp. 86-92. Il carteggio con Erasmo è raccolto in Opus Epistolarum Des. Erasmi Roterdami, a cura di P. S. Allen, Oxonii 1906-1926, I, nn. 210, 217, 223, 251, 257; 111, nn. 725 e 865; IV, n. 1213: lettere di Erasmo al B.: ibid., III, nn. 800, 855, 905; IV, n. 1236; V, n. 1411; VI, n. 1631. Inoltre da consultarsi A. Renaudet, Etudes Erasmiennes, Paris 1839, pp. 8, 156 e 218; P. De Nolhac, Erasme en Italie, Paris 1898, pp. 23-24. Brevi cenni sul B. in C. Malagola, Della vita e delle opere diAntonio Urceo Codro, Bologna 1878, pp. 94-95; L. Simeoni, Storia dell'Univ. di Bologna, II, Bologna 1940, pp. 43 e 45-46; D. J. Geanakoplos, Greek scholars in Venice, Cambridge, Mass., 1962, pp. 258-259.