BARBO, Paolo
Figlio primogenito di Niccolò e di Polissena Condulmer, nacque nel 1416, in quanto si presentò per l'ammissione al Maggior Consiglio il 10 dicembre 1434.
Trascorse gli anni fino a circa il 1447 alla corte pontificia, presso Eugenio IV suo zio, che si mostrò largo di onori e di benefici sia verso il B. sia verso suo fratello Pietro, il futuro Paolo II. A entrambi, infatti, sin dal 1433, era stata concessa dal pontefice una parte del feudo di Ragogna nella diocesi di Aquileia; molto più notevoli furono i benefici conseguiti in seguìto, in ricompensa dell'opera svolta dal B. a vantaggio di Eugenio IV, anche come uomo d'armi: soprattutto il conferimento, nel 1439, della dignità equestre, e la concessione, nel 1441, della contea di Albi tolta ai Colonna, ma ben presto da essi riconquistata.
La morte di Eugenio IV nel 1447 indusse il B. a tornare a Venezia, senza che per questo si allentassero i suoi rapporti con il fratello Pietro, ora cardinale, dei cui beni in territorio veneziano, tra cui la diocesi di Vicenza, egli fu amministratore sino al 1460. In questo secondo periodo della sua vita egli si diede tutto all'attività politica, sì da essere una figura di primo piano nel governo veneziano. Capo del Consiglio dei Dieci nell'agosto 1449, savio di Terraferma nel 1451, POdestà e capitano di Treviso nello stesso anno, fu inviato nel gennaio 1452 a Padova con altri undici ambasciatori a ricevere l'imperatore Federico III. L'anno seguente fu provveditore in campo in Lombardia, ma il suo nome è legato soprattutto alla pace di Lodi, che egli firmò come rappresentante di Venezia, recandosi nascostamente in quella città, si narra travestito da frate, dopo che le trattative segrete tra Venezia e Francesco Sforza erano giunte a buon fine per l'opera di fra, Simone da Camerino.
Nuovamente savio di Terraferma nel 1455, l'anno seguente cercò, con altri, di ottenere la grazia per Iacopo Foscari, figlio del doge Francesco, esiliato a Candia, ma inutilmente, in quanto nel frattempo Iacopo morì. Il 30 ott. 1457 fu tra gli elettori del doge Pasquale Malipiero; tuttavia, malgrado la posizione eminente che aveva nella vita veneziana, fra il 1458 e il 1459 fu in esilio per un anno, in quanto non riuscì a ottenere dal fratello Pietro la rinuncia al vescovato di Padova, come avrebbe voluto la Signoria. Tornato in patria dopo che la questione fu risolta, riprese nuovamente l'attività politica, recandosi come ambasciatore, nell'ottobre 1461, alla corte di Luigi XI di Francia insieme con Bemardo Giustiniani.
I due ambasciatori, che in apparenza dovevano presentare a Luigi XI le condoglianze della Repubblica per la morte di suo padre e le felicitazioni per la sua assunzione al trono, avevano in realtà il compito di sondare le intenzioni del giovane sovrano relativamente a Napoli e a Genova e soprattutto di indurlo a intraprendere una decisa azione militare contro i Turchi, i cui continui progressi in Oriente minacciavano sempre più gravemente gli interessi veneziani. Luigi XI, che ricevette gli ambasciatori a Tours nel dicembre, osservò che senza il dominio diretto su Genova e sul Regno di Napoli gli sarebbe stato impossibile condurre una crociata contro i Turchi, e chiese per questo un concreto appoggio della Serenissima ai suoi progetti italiani, appoggio che Venezia non aveva in realtà alcuna intenzione di fornirgli. Cosicché i due inviati dovettero rientrare a Venezia nella primavera del 1462, senza essere riusciti ad ottenere dal re di Francia un più preciso impegno contro i Turchi, ma in compenso con la consapevolezza dell'influenza che Luigi XI era deciso a esercitare sulla politica degli stati italiani.
Il 10 maggio di quello stesso anno il B. fu tra gli elettori del doge Cristoforo Moro. Poco dopo fu nominato podestà di Verona, carica cui rinunciò per motivi di salute, accettando quella meno faticosa di avogadore. Morì tra il 14 novembre e il 4 dic. 1462.
Di lui restano le seguenti orazioni: Oratio ad Ludovicum XI., Caroli Victoris filium, Galliae Regem, habita Turoni, Venetae Reipublicae Mandato, VI. Idus Decembris anno 1461, in A. Valiero, Opusculum de cautione adhibenda in edendis libris,Patavii 1719, pp. 183 ss.; Oratio habita Patavii die VI. Ianuarii 1451 (m. v.: 1452) ad imperatorem Federicum III, nel cod. Ambros, N. 53, e nel cod. 3481 della Biblioteca di corte a Vienna; Oratiuncula recitata Brixiae in traditione insignium,nel cod. 753 della Bibioteca di Iacopo Soranzo a Venezia. Secondo la tradizione, avrebbe anche recitato l'orazione funebre per Bartolomeo Colleoni, ma ciò è in realtà impossibile, in quanto il Colleoni morì nell'amo 1476.
Fonti e Bibl.: M. Sanuto, Vitae ducum Venetorum, in L. A. Muratori, Rer. Italic.Script., XXII, Mediolani 1733, coll. 1152, 1163, 1166-67, 1171; A. Navagero'Historia Veneta, ibid., XXIII, Mediolani 1733, COI. 1117; D. Malipiero, Annali veneti, a cura di A. Sagredo, in Archivio storico italiano, s. I, VII, 2 (1844), pp. 652 S.; M. Canensi, De vita et Pontificatu Pauli secundi, in Rerum Italic. Script., 2 ediz., III, 16, a cura di G. Zippel, pp. 73-76; M. Palmerii Annales,ibid., 2 ediz., XXVI, 1, a cura di G. Scaramella, p. 172; I libri Commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti,a cura di R. Predelli, V, Venezia 1901, pp. 60-62, 87-89, 107 s.; G. M. Mazzuchew, Gli Scrittori d'Italia, II, 1, Brescia 1758, pp. 320 s.; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, III, Venezia 1830, pp. 373, 487; V, ibid. 1842, pp. 274, 277; P. M. Perret, La Première ambassade vénitienne à Louis XI,in Revue d'histoire diplomatique, IV (1890), pp. 387-398; F. Antonini, La pace di Lodi ed i segreti maneggi che la prepararono,in Arch. stor. lombardo,LVII (1930), pp. 266 s., 270 S.; P. Litta, Famiglie celebri italiane. Barbo, Tav. IV; Dictionnaire d'Hist. et de Géogr. Ecclés., VI, coll. 662 S.