ARPESANI, Paolo
Patriota, nato a Milano nel 1814, morto ivi il 21 gennaio 1874. Esercitò in Milano la professione di medico condotto, facendosi amare per la sua bontà e la sua scienza dai popolani del sobborgo degli Ortolani, che lo chiamavano "il dottorino". Sebbene sospettato e vigilato per le sue idee politiche, riuscì più volte a porre in salvo compagni di fede e a introdurre in città libri e stampe liberali. Fece parte del Comitato mazziniano milanese e, dopo il fallimento del moto del 6 febbraio 1853, accolse per qualche tempo in casa sua e aiutò poi a fuggire l'agente di Mazzini, Eugenio Brizi e l'inviato di Kossuth, Mattia Jambör, figura ambigua. La sera del 2 gennaio 1854, essendo stato rinvenuto il suo nome nelle carte sequestrate all'avv. Ronchi in Gardone, fu arrestato e tradotto a Mantova. Durante l'istruttoria del processo, dietro delazione dello Jambör, che, preso a sua volta, era stato posto nella sua cella, fu arrestata sua moglie, Luigia Gorini, che l'aveva mirabilmente assistito, preparando e suggerendo mezzi di difesa. Con sentenza del 21 agosto 1856 fu condannato a dieci anni di carcere duro. Liberato per l'amnistia del gennaio 1857, perdette poco dopo, consumata dai dolori e dagli stenti, la moglie, nobile figura di donna. Condotto di nuovo in prigione nel maggio 1859, fu liberato dal popolo dopo Magenta. Dimenticato subito e amareggiato dall'indifferenza degli uomini e dei governi, visse solitario e modesto nella città natale gli ultimi suoi anni.
Bibl.: E. Arpesani, Il dottor P. A. e le sue vicende politiche, Milano 1887; G. de Castro, I processi di Mantova e il 6 febbraio 1853, Milano 1893.