PASCHETTO, Paolo Antonio
– Nacque a Torre Pellice (Torino) il 12 febbraio 1885, terzogenito di Enrico, pastore valdese originario di Prarostino, e di Luigia Oggioni, milanese, di famiglia garibaldina appartenente alla Chiesa evangelica libera italiana.
Il padre, diplomatosi in teologia a Ginevra, fu chiamato nel 1889 a Roma per insegnare ebraico ed esegesi biblica nella facoltà teologica metodista e poi in quella battista (cfr. Paschetto, in Paolo Paschetto. 1885-1963, 1985, p. 15). Paschetto crebbe coltivando l’amore per le valli valdesi, la musica, il disegno e la religione, trasmessigli dal padre; nella capitale compì la propria formazione e nell’anno scolastico 1903-04 passò dal liceo classico Terenzio Mamiani all’Istituto di belle arti di via di Ripetta. Qui partecipò alle attività associative ed espositive dell’istituto in veste di segretario dell’Unione degli studenti di belle arti ed esponendo disegni e progetti nel 1904, 1905 e 1906. L’istruzione artistica italiana risentiva dell’impostazione accademica ancora ottocentesca e Paschetto fu tra i sostenitori di un cambiamento in senso europeo e 'modernista': frequentò i corsi di Giuseppe Cellini, collaborò con Adolfo De Carolis e si schierò a favore della proposta di assegnazione della cattedra di pittura a Francesco Paolo Michetti (cfr. Franco, in Paolo Paschetto. 1885-1963, 1985, p. 49). In quegli anni cominciarono le prime collaborazioni con l’editoria religiosa (Manuale di omiletica e Cori liturgici ad uso delle chiese cristiane, Roma 1904) e le affermazioni nei concorsi indetti da La Tribuna per la decorazione di un soffitto e fregio per parete (1905) e dal Giornalino della Domenica e Vita gioconda per le copertine delle riviste (1906).
Nel 1906 la morte del padre lo orientò verso un maggior impegno lavorativo, che egli sostenne in parallelo alla prosecuzione dei suoi studi fino al 1909; nel 1907 vinse insieme al collega Umberto Vico il concorso per la realizzazione del biglietto da cinque lire e partecipò alla LXXVII Mostra degli amatori e cultori di belle arti, del cui Album ricordo realizzò la copertina, esponendo due fantasie classiche, Orfeo e Castalia, notate positivamente dalla critica (cfr. Paschetto, in Paolo Paschetto. 1885-1963, 1985, p. 16). Al termine degli studi estese ulteriormente la propria attività per l’illustrazione di riviste specializzate come Per l’arte e Novissima e si dedicò all’insegnamento del disegno nella Scuola metodista di Roma (Paolo Paschetto. Le mie valli, 1998, p. 18).
Nel 1911 sposò Italia Angelucci, sua compagna di studi, che affiancò il lavoro del marito realizzando spesso oggetti in cuoio o ceramica su progetto di lui; dal matrimonio nacquero due figlie, Fiammetta (1915) e Grazia Mirella (1919; cfr. S. Tourn, 2006, p. 44).
A partire dagli anni Dieci cominciò per Paschetto un’intensa attività nel campo della decorazione e della grafica: in occasione dell’Esposizione internazionale d’arte di Roma del 1911, eseguì la decorazione del padiglione ligneo progettato da Pio Piacentini in piazza Colonna; illustrò la copertina del numero speciale della rivista Roma dedicato all’Esposizione (1911), numerosi volantini per le manifestazioni culturali, artistiche e sportive, le copertine delle Guide regionali d’Italia del Piemonte (1911), Lazio (1912) ed Emilia (1921; cfr. Tetro, in Paolo Antonio Paschetto. Artista, grafico e decoratore tra liberty e déco, 2014, p. 145). Nel 1924 progettò i fregi del salone degli Stemmi e della sala dei Cimeli garibaldini in Campidoglio (solo quest’ultima è ancora esistente: cfr. Zacheo, in Paolo Antonio Paschetto. Artista, grafico e decoratore tra liberty e déco, 2014, p. 110).
Sulla scia dell’affermazione nel campo editoriale, collaborò con la rivista di studi religiosi Bilychnis, fondata nel 1912 e diretta dal fratello Lodovico, archeologo e pastore valdese, per il quale disegnò inoltre la copertina del volume Ostia, colonia romana. Storia e monumenti (Roma 1912). Paschetto affiancò il fratello fino al 1931, anno della chiusura della rivista, e anche nella pubblicazione di Conscientia dal 1922 al 1927. Numerosi altri periodici protestanti (Il Testimonio, Il Seminatore, Gioventù cristiana, le edizioni Fides et amor, il Bollettino della società di studi valdesi) si avvalsero delle illustrazioni di Paschetto.
Nel 1911 incontrò Cesare Picchiarini, maestro vetraio che aveva raccolto intorno a sé alcuni giovani pittori quali Umberto Bottazzi, Duilio Cambellotti e Vittorio Grassi (Tosti, 1992, p. 137). La prima serie di vetrate creata da Paschetto, quattro finestre istoriate e un rosone con simboli cristiani (Pesce, Nave, Agnello, Colomba, Alfa e omega), fu collocata nel 1912 nella chiesa battista di via del Teatro Valle, in un contesto architettonico molto semplice; nello stesso anno Paschetto si propose al presidente del Comitato di evangelizzazione, Arturo Muston, per lo studio della decorazione dell’erigendo tempio valdese di piazza Cavour, i cui lavori guidati dall’architetto Paolo Bonci (A. Chirco - M. Di Liberto, Via Roma. La “Strada Nuova” del Novecento, 2008, p. 19 n. 18) erano cominciati l’anno prima e si conclusero con l’inaugurazione l’8 febbraio 1914 (Torzilli, 2000, p. 40).
Per questo edificio realizzò il cartone dei mosaici della lunetta d’ingresso e del tondo sulla facciata, la decorazione parietale interna d’ispirazione romanica e i cartoni delle numerose vetrate, eseguite da Picchiarini: una serie di otto bifore con simboli biblici (Pavone e Aquila, Candeliere e Vite, Faro e Il Buon Pastore, Ancora e Agnello, Palma e Lampada, Giglio e Colomba, Monogramma di Cristo e Roveto ardente, Mensa eucaristica e Arca) lungo le navate laterali, dieci trifore con motivi floreali nelle finestre del matroneo, sette monofore sulla facciata e dodici trifore nella parte alta della navata centrale con motivi geometrici. Le vetrate furono eseguite con «vetri di forte spessore, uso antico, opalescenti, tinte unite e variate, smaltati ove occorra a gran fuoco, montati a piombo» (lettera di C. Picchiarini, archivio Paschetto, in Paschetto, in Paolo Paschetto. 1885-1963, 1985, p. 19); per la decorazione della chiesa Paschetto richiese solo il pagamento delle spese vive, circa ventimila lire (Torzilli, 2000, pp. 41, 43; Nitti, 2011).
Per la comunità battista lavorò in piazza S. Lorenzo in Lucina e via Urbana a Roma e nella chiesa di Altamura (ora distrutta; cfr. Raimondi e Bellion, in Paolo Antonio Paschetto. Artista, grafico e decoratore tra liberty e déco, 2014, rispettivamente p. 157 e p. 245).
Altre vetrate di Paschetto si trovano in edifici romani e sono documentate dai bozzetti conservati nel Museo della Casina delle Civette di Villa Torlonia, a Roma: la vetrata del balcone delle rose nella Casina, quattordici vetrate con simboli biblici per la chiesa metodista di via XX Settembre (1919-20), la vetrata con Ali e fiamme proveniente da casa Paschetto in via Pimentel (1927; Raimondi, 1992, p. 118; Torzilli, 2000, p. 45; Massafra, 2009; Campitelli, in Paolo Aantonio Paschetto. Artista, grafico e decoratore tra liberty e déco, 2014).
Nel 1914 divenne insegnante d’ornato all’Istituto di belle arti di Roma e ricoprì tale carica fino al 1949; fu arruolato allo scoppio della prima guerra mondiale, ma venne congedato nel 1916 per problemi a un occhio (N. Tourn, 2006, p. 9).
A partire dagli anni Trenta collaborò con la ditta Nazareno Gabrielli di Tolentino per la produzione di oggetti in cuoio e ferro; nel 1932 partecipò all’erezione del monumento commemorativo del sinodo di Chanforan ad Angrogna (Torino) insieme allo storico Attilio Jalla, con cui condivise anche il riallestimento del Museo valdese di Torre Pellice nel 1939 (Tourn Boncoeur, 2008); tra il 1942 e il 1949 pubblicò insieme alla moglie alcuni libri di testo per l’insegnamento del disegno nelle scuole, per le case editrici Morano di Napoli, Lattes di Torino e Bonacci di Roma (Paschetto, in Paolo Paschetto. 1885-1963, 1985, p. 21).
Paschetto si distinse anche nell’ambito della pittura murale, realizzando i dipinti con simboli cristiani della chiesa metodista di via XX Settembre (1924) a Roma, le lunette e il fregio allegorici nell’anticamera e nell’ufficio del ministro nel ministero dell’Istruzione (encausto su tela, 1928; Caruso, 2005), la sala d’attesa dell’ospedale George Eastman a Roma insieme a Duilio Cambellotti (1936) e l’abside dell’aula del sinodo di Torre Pellice (1939).
Un importante nucleo della produzione pittorica e grafica di Paschetto è conservato nell’Archivio della Tavola valdese di Torre Pellice e comprende 129 opere delle circa 160 eseguite con diverse tecniche (xilografie, acqueforti, acquarelli, oli, tempere) tra il 1915 e il 1922, con l’intento di documentare i luoghi e le tradizioni della Chiesa valdese, secondo gli accordi presi con il moderatore Ernesto Giampiccoli (N. Tourn, 2006).
Espose periodicamente oli e opere grafiche in mostre collettive o personali: a Torre Pellice (1919, 1922 e 1948), a Roma (III Esposizione internazionale della Secessione romana, 1915; mostra del Gruppo romano incisori, 1927; esposizione nella Camera degli artisti a piazza di Spagna, 1930; Mostra della Società amatori e cultori d’arte, 1929, 1932 e 1934), a Torino (sezione Arte cristiana dell’Esposizione nazionale di belle arti, 1919; galleria Il Faro, 1933) e all’estero (nel 1933: Mostra dell’Incisione in legno, Cracovia e Varsavia; Esposizione dell’incisione italiana, Praga; VIII Salone di belle arti, sezione di xilografia italiana, Bruxelles; nel 1938: personale alla Kunstzaal Kleijkamp, L’Aja).
Si distinse anche per la produzione filatelica (concorso per la Libia: Prua di galea romana,1921; Italia turrita, Lupa romana, Vittorio Emanuele III, 1922, emessi nel 1929; serie 'Libertà e rinascita', 1945) e per la realizzazione dello stemma della Repubblica italiana, che si aggiudicò con concorso del 1947, la cui esecuzione comportò una serie di modifiche in corso d’opera (Lorello, in Paolo Antonio Paschetto. Artista, grafico e decoratore tra liberty e déco, 2014).
Ritiratosi dalla didattica nel 1949, continuò l’attività d’illustratore e pittore di paesaggi e soggetti d’ispirazione cristiana, esponendo ancora nel 1950, 1952 e 1962 a Torre Pellice e nel 1957 a Roma, nella sede dell’YMCA a piazza Indipendenza (non più esistente; Raimondi, in Paolo Antonio Paschetto. Artista, grafico e decoratore tra liberty e déco, 2014, p. 167 n. 20).
Morì a Torre Pellice il 9 marzo 1963.
Fonti e Bibl.: P. P. pittore delle valli valdesi (catal.), Torino 1983; P. P. 1885-1963 (catal.), Torre Pellice 1985 (in partic. M. Paschetto, La vita, le opere, pp. 15-22.; F. Franco, La grafica: appunti sull’opera, pp. 48-68); G. Raimondi, P. P., in Tra vetri e diamanti. La vetrata artistica a Roma 1912-1925 (catal.), a cura di A. Campitelli - D. Fonti - M. Quesada, Roma 1992, pp. 117-120; A. Tosti, Cesare Picchiarini, ibid., p. 137; P. P. Le mie valli (catal.), a cura di M. Marchiando Pacchiola, Pinerolo 1998; C. Torzilli, P.A. P.: le vetrate, in Bollettino della Società di studi valdesi, CXVII (2000), 186, pp. 34-61; M. Caldera, P. P., in Pittori dell’Ottocento in Piemonte. Arte e cultura figurativa 1895-1920, a cura di P. Dragone, Torino 2003; N. Tourn, La nascita della Collezione Paschetto della Tavola Valdese, in La beidana, 2006, n. 57, pp. 6-21; S. Tourn, P. P., ibid., p. 44; R. Caruso, Calcagnadoro, P., Villani e la loro opera nel palazzo dell’Istruzione, in Il palazzo dell’Istruzione. Storia, arte, identità culturale, in Annali dell’Istruzione, 2005, n. 1-3, pp. 87-138; S. Tourn Boncoeur, Il Museo valdese di Attilio Jalla e P. P., in La beidana, 2008, n. 61, pp. 2-25; M.G. Massafra, Il balcone delle rose di P. P. nel Museo della Casina delle Civette a Roma, in Rose. Purezza e passione nell'arte dal Quattrocento a oggi (catal., Caraglio), a cura di A. d’Agliano, Cinisello Balsamo 2009, pp. 108-110; S. Nitti, Fra parola e simbolo: le vetrate di P. P. nel Tempio Valdese a Roma, in Scritti in onore di Marina Causa Picone, a cura di C. Vargas - A. Migliaccio - S. Causa, Napoli 2011, pp. 449-460; P.A. P. Artista, grafico e decoratore tra liberty e déco (catal.), Roma 2014 (in partic. F. Lorello, L’emblema della Repubblica: l’esito di una impegnativa valutazione, pp. 57-69; M.I. Zacheo, Le decorazioni del Campidoglio, pp. 109-112; A. Campitelli, “La vetrata, diletta ancella della luce”. P. P. e l’arte della vetrata, pp. 125-138; F. Tetro, L’art dans tout e l’art pour tous, ovvero l’arte moltiplicata…, pp. 139-152; G. Raimondi, P. P. decoratore a Roma, pp. 153-167; A. Bellion, Biografia, pp. 241-250).