SODERINI, Paolantonio
– Nacque il 25 gennaio 1449 a Firenze, nel quartiere di Santo Spirito, gonfalone Drago, da Tommaso (esponente di primo piano del regime mediceo) e da Dianora di Francesco Tornabuoni, cognata di Piero de’ Medici; dal matrimonio nacquero anche Giovan Vettorio, Piero e Francesco (cardinale dal 1523).
Nel 1469 si maritò con Elisabetta di Tommaso Spinelli (morta il 27 settembre 1476) e nel 1480 sposò Margherita di Strozza Strozzi. Da queste unioni ebbe Tommaso (13 dicembre 1470-1531), Alessandro (13 dicembre 1472-20 marzo 1474), Francesco (morto il 20 aprile 1491), Giovan Battista (nato il 12 luglio 1484, confinato nel 1512 e bandito nel 1522 per attività antimedicee, poi commissario nell’esercito francese all’assedio di Napoli, ferito e prigioniero degli spagnoli, morto in carcere a Castel dell’Ovo), Piero (nato nel 1494, bandito nel 1512 e condannato nel 1522 come il fratello Giovan Battista; marito di Dea di Ludovico Thiene conte di Scandiano, e morto nel 1538, in esilio). Altri figli di Soderini furono un Giuliano e tre femmine (Dianora, Lucrezia, Elisabetta), come attesta la Decima del 1498 che descrive anche il suo patrimonio immobiliare (Valdarno di Sopra, Soffiano, Marliano, Barbialla, Empoli).
Fu scolaro di Cristoforo Landino e legato a Marsilio Ficino. Nel 1473 il filosofo lo incaricò (con altri quattro giovani fiorentini) di scrivere un’orazione a uno dei ‘principi italiani’ per esortarli a muovere guerra ai turchi (a Soderini toccò il Senato veneto); nei decenni successivi Ficino ebbe ancora a scrivergli (a proposito dell’opportunità di discussioni sull’amore nei convegni della brigata della Mammola), e gli fece dono (22 luglio 1492, lettera di Ficino a Giovanni Canacci e Bindaccio Ricasoli; Ficino, 1576, pp. 935 s.) del suo libro De vita.
Personaggio influente, Soderini fu per un quindicennio tra i principali sostenitori del governo laurenziano, al cui interno ricoprì ruoli importanti di carattere diplomatico. La sua carriera pubblica (inaugurata dalla partecipazione, il 29 gennaio 1475, alla giostra svoltasi in piazza S. Croce e vinta da Giuliano de’ Medici), iniziò propriamente nel 1478, quando nel bimestre maggio-giugno conseguì il priorato, e proseguì praticamente sino al 1494.
Il 4 agosto 1478 (e sino all’ottobre del 1482) sostituì come ufficiale dello Studio Tommaso Ridolfi (designato ambasciatore a Milano); ricoprì nuovamente tale carica dal 23 ottobre 1486 al 30 aprile 1488. Nell’agosto del 1479 fu a Venezia (donde scrisse il 7, 14, 24 a Lorenzo de’ Medici); nel 1480 fece parte della Balìa indetta per attuare la riforma istituzionale dello Stato, del Consiglio dei settanta costituito da Lorenzo come supremo organo politico ed elettorale e degli Otto di custodia (dal 1° novembre). Nel 1482 (3 ottobre) si recò come ambasciatore presso i Malatesta; dal 5 marzo 1483, per un anno, fu tra i Regolatori delle entrate e l’anno successivo dei Sei di mercanzia, carica ricoperta nuovamente dal 1° luglio 1485 per quattro mesi. Nel 1484 fu vicario di Poppi per sei mesi (dal 1° settembre) e fece parte degli aggiunti per lo scrutinio generale degli uffici; nel 1486 fu nuovamente priore. Dopo essersi occupato nel 1487 di questioni concernenti gli Studi di Pistoia e di Prato, dal 1488 al 1491 fu ufficiale del Monte, ma contemporaneamente ambasciatore a Venezia (dal 30 aprile 1488) con l’incarico di illustrare la posizione di Firenze nella guerra per Sarzana. Altre cariche di rappresentanza fuori patria si succedettero tra il dicembre del 1488 (accoglienza a Isabella d’Aragona, sposa di Gian Galeazzo Maria Sforza), il luglio-novembre del 1489 (ambasciata a Napoli in sostituzione di Pietro Vettori, con il compito di mediare tra re Ferrante e Innocenzo VIII), il marzo del 1490 (tutela, con altri, dei figli di Giovanni Lanfredini, morto a Roma il 5 gennaio 1490). Tra il 1491 e il 1494 infine Soderini ricoprì una serie ininterrotta di cariche interne: Otto di pratica (dal 23 gennaio 1491 e nuovamente dal 23 gennaio 1493), commissario per i rifornimenti e le munizioni delle fortezze (dal 1° marzo 1491), gonfaloniere di compagnia dall’8 gennaio 1492, e nello stesso anno ufficiale all’estimo del contado (febbraio) e provveditore delle gabelle delle porte (per un anno, dal 1° luglio 1492). Designato alla successione dal gonfaloniere uscente Francesco Valori (ottobre del 1493), non ottenne la carica per i sospetti che circondavano Valori. Accolse nell’aprile del 1494 gli ambasciatori francesi e nel luglio del 1494 fu inviato a Venezia per consultare la Repubblica di San Marco in vista della spedizione di Carlo VIII.
Con la caduta di Piero de’ Medici nel novembre del 1494, Soderini partecipò attivamente alla definizione del nuovo assetto istituzionale deciso dal Parlamento il 2 dicembre. Fece parte dei Dieci di libertà e pace (dal 3 dicembre 1494), che presentarono il progetto di riforma poi approvato il 23 dicembre dai consigli competenti (Guicciardini, 2006, p. 219, che pubblica anche il Discorso intorno all’ordinamento interno di Firenze pronunciato nell’occasione da Soderini e teso a esaltare la costituzione veneziana, della quale era buon conoscitore grazie anche alle ambasciate effettuate presso quella Repubblica).
Soderini individuava la massima espressione della libertà nella forma repubblicana condivisa da un ‘largo’ numero di cittadini, in base all’esempio del governo veneziano ben equilibrato nella partecipazione di numerosi membri di diversa qualità e condizione. Secondo Piero Parenti (1994-2005, I, p. 152) Soderini fu nell’occasione tra coloro che desideravano «popolanamente vivere», ben distinto da chi, come Valori e Piero Capponi, nascondeva ambizioni personali. Sembra pure che Capponi avesse impedito l’elezione di Soderini tra i Venti accoppiatori, determinando la sua adesione al movimento di Girolamo Savonarola, il quale sarebbe stato da lui convinto a predicare in favore di un governo popolare (Guicciardini, 2006, p. 215).
Nell’ambito del nuovo corso politico Soderini fu in effetti tra i maggiori seguaci del frate ferrarese, con cui sembra abbia avuto contatti al tempo di Lorenzo de’ Medici (che lo avrebbe inviato insieme ad altri quattro eminenti cittadini – Domenico Bonsi, Bernardo Rucellai, Guidantonio Vespucci e Valori – per convincerlo ad attenuare i toni della sua predicazione). Anche con il nuovo regime la sua partecipazione alla vita pubblica fu intensissima, praticamente ininterrotta.
Gonfaloniere di compagnia per quattro mesi (dall’8 gennaio 1495), fu contemporaneamente cooptato (dal 20 gennaio) nel Consiglio maggiore, principale organo politico con funzioni deliberative e di gestione elettorale, e dal 13 febbraio fu dei Sei ufficiali riformatori della terra di Borgo, oltre a scortare nella sua uscita da Firenze Guillaume Briçonnet, vescovo di Saint-Malo, ambasciatore francese per la questione di Pisa. Ammalato (ma secondo Parenti, 1994-2005, I, p. 188, per scelta politica), il mese successivo non poté svolgere l’ambasciata a Napoli presso Carlo VIII, per l’osservanza dei capitoli sul riacquisto di Pisa. Le questioni concernenti la città ribelle lo occuparono più volte quell’anno, si trattasse di ricollocare lo Studio (luglio), o di agire sul campo (dal 5 agosto) come commissario per il recupero del contado, o di ricevere gli emissari del re di Francia (a fine anno). Da settembre fu poi capitano di Cortona per un anno, e dei Dieci di libertà (da dicembre) per sei mesi, ma anche commissario generale fuori le porte di Firenze. Nel luglio dello stesso 1495 prese parte a una consultazione circa la nuova collocazione dello Studio dopo la ribellione di Pisa. Il 5 agosto seguente fu nominato insieme con Valori commissario in campo presso Pisa per il recupero del contado. Divenne capitano di Cortona per un anno dal 10 settembre 1495, e dei Dieci di libertà e pace per sei mesi dal 3 dicembre seguente: in tale veste ricevette gli emissari del re di Francia per la questione di Pisa. Il 13 dicembre dello stesso 1495 fu eletto con Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici commissario generale fuori le porte di Firenze. Dal 1° marzo 1496 fu dei Sei di mercanzia, per quattro mesi, ma dal 16 giugno ebbe la carica importante di commissario generale in campo contro Pisa.
Quanto alla partecipazione di Soderini al dibattito teorico sulla forma dello Stato, va segnalato in questo torno di tempo il progetto che, con Gino Ginori e Filippo Buondelmonti, egli fu chiamato a discutere nell’aprile del 1496 con i Collegi, e che fu approvato a fine mese: si trattava di limitare il potere dei Dieci di libertà in materia di gestione di denaro e di iniziative diplomatiche e di ricondurre nel Consiglio degli ottanta la nomina dei commissari. Era l’avvisaglia della futura divisione tra i popolani e i capi della parte savonaroliana, compreso lo stesso Soderini (Cadoni, 1999, p. 111). Proseguiva nel frattempo senza soste il frenetico impegno nell’attività di governo civile, diplomatica e militare.
Membro del Consiglio maggiore (dal 30 aprile 1496), fu capitano di Arezzo per provvedere alla difesa, carteggiando intensamente con le magistrature cittadine (dal 26 luglio al 14 gennaio 1497); andò a monte invece un’ambasciata ad Alessandro VI prevista nel 1497 (Parenti, 1994-2005, II, p. 126). Eletto ufficiale del Monte dal 1° marzo 1497, vi subentrò una volta scaduto il mandato come magistrato dei Dieci; tale carica gli venne prorogata fino al febbraio del 1500. Nel marzo del 1497 la Signoria lo annoverò tra dodici cittadini incaricati di pacificare e mettere ordine dentro e fuori la città e pertanto detti Pacioli. Nell’aprile del 1497, di fronte alla minaccia del ritorno di Piero de’ Medici a Firenze, scortò con Piero Guicciardini la compagnia di Paolo Vitelli giunta in difesa della città, e nel maggio si recò a Siena presso Pandolfo Petrucci per rassicurarlo sulla presenza ad Arezzo del Vitelli e di Ercole Bentivoglio.
Il clima politico era tuttavia sempre più difficile, caratterizzato da forti contrasti, esacerbato dalla predicazione di Savonarola (che il giorno dell’Ascensione, dovette interrompere il suo dire e rifugiarsi in S. Marco). Con altri eminenti cittadini (Niccolò Ridolfi, Guidantonio Vespucci, Bernardo Rucellai, Piero Guicciardini), Soderini cercò di sedare gli animi e di mediare: nel luglio del 1497 prese parte a una commissione (con altri filosavonaroliani come lui – Valori, Domenico Bonsi –, ma anche personalità meno favorevoli al frate come Vespucci e Rucellai), che fu peraltro accusata di voler assumere le redini del reggimento e di modificarlo in base alla precedente forma di governo (pp. 117 s.) Anche Soderini alla fine (nel dicembre del 1497) prese le distanze dal frate, con Ridolfi, Guicciardini e altri; il gruppo si guadagnò il nomignolo di dispetti (p. 132). Nuovamente gonfaloniere di giustizia nel novembre-dicembre del 1497, poi (dal 29 gennaio 1498) del Consiglio degli ottanta e ufficiale del Monte, si riavvicinò (marzo del 1498) a Savonarola rischiando così il saccheggio della propria casa l’8 aprile 1498, quando il frate fu catturato, e riparò fuori Firenze (con Giovambattista Ridolfi e altri). Gli avversari di Savonarola avrebbero voluto eliminarlo, ma visto il favore del popolo e del gruppo dei Compagnacci ostili al Frate (tra i quali vi era Tommaso, figlio di Soderini, indotto precauzionalmente dal padre ad aderire a tale posizione) prevalse l’opportunità politica di mantenere inalterate le istituzioni; con altri frateschi, Soderini fu costretto al pagamento di una somma di denaro e poté rientrare in città.
Dopo la morte di Savonarola (23 maggio 1498), Soderini e altri filosavonaroliani, con i Bigi filomedicei, progettarono di prendere le redini del governo cittadino, affidandolo a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, con l’appoggio esterno di Milano; si opponeva il partito filopopolare dei facoltosi Piero Guicciardini, Piero Corsini, Benedetto Nerli, Tommaso Capponi. Nel gennaio del 1499 Soderini prese parte pertanto a una commissione di dieci cittadini, appunto con il Medici e con Giovambattista Ridolfi. Il mese successivo venne però inviato in Casentino, come commissario, per espugnare Bibbiena, e il 28 febbraio fu destinato a un’ambasciata a Venezia (con Ridolfi) – da svolgersi insieme con Ercole d’Este, arbitro designato – per tentare un accordo su Pisa e le altre terre occupate dalla Repubblica marciana dopo la partenza di Carlo VIII. Il 28 febbraio seguente ricevette le istruzioni per svolgere una missione a Venezia con Ridolfi al fine di trattare un accordo su Pisa e le zone occupate da quella Repubblica dopo la partenza di Carlo VIII.
Nel corso dell’estate (5 agosto) fu nuovamente designato come commissario nella guerra contro Pisa, ma qualche settimana dopo morì di febbri e fu sepolto a Firenze il 26 settembre, nella chiesa del Carmine.
A proposito del ruolo svolto da Soderini all’interno del reggimento fiorentino, Francesco Guicciardini (2006, p. 308) affermò che alla sua scomparsa la città «non si dolse», perché pur essendo dotato di qualità e capacità politiche e amante della libertà, mirava comunque a ricondurre il potere nelle mani di un ristretto gruppo oligarchico. Tuttavia, lo storico lo annoverava tra i protagonisti del suo Dialogo del reggimento di Firenze ambientato nel 1494, dove Paolantonio appare fautore di una riforma delle istituzioni volta ad allargare la base politica in favore dei ceti medi per il conseguimento delle cariche pubbliche. Naldo Naldi compose un epigramma in elogio e in onore di Paolantonio per il suo impegno politico (Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Magl. VII, 1057, cc. 47v-48r).
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