GROSSON (Grosson de Guentry), Paola
Nacque a Bergamo l'11 genn. 1866 da Francesco Claudio, militare di carriera, e da Margherita Trolli.
Come era prassi nelle famiglie agiate dell'epoca, la prima istruzione della G. avvenne in convento, dove rimase per cinque anni. Nel 1884 si sposò con P. Baronchelli.
Esordì in campo giornalistico nel 1895 con lo pseudonimo di Donna Paola - con cui firmò poi sempre i suoi scritti -, nelle colonne della Scena illustrata di Firenze, dove tenne, fino al 1914, una rubrica quindicinale di commenti politico-filosofico-letterari, Calende e idi. Il successo, raggiunto grazie alla vena argutamente polemica dei suoi articoli, le fece ottenere l'incarico di caporedattrice presso la stessa rivista fiorentina dal 1897 al 1908; nel corso della sua carriera collaborò a numerose riviste e quotidiani, fra cui: Almanacco della donna italiana, Capitan Fracassa, Caffaro, Corriere di Napoli, Corriere dei piccoli, Fanfulla, Gazzetta del popolo, Gran Mondo, Moda del giorno, Patria, Tribuna, Vita femminile, Vita internazionale.
La G. svolse, inoltre, un'intensa attività di conferenziera su argomenti relativi alla condizione femminile, che sviluppò anche in reportages apparsi in Donna di Torino. Ma l'occasione decisiva per conseguire la notorietà presso il grande pubblico si presentò con la pubblicazione del romanzo Le confessioni di una figlia del secolo. Epistolario di una morta (Milano 1901).
Scritto in forma epistolare, con stile spigliato e incalzante, il romanzo denuncia quale modello, fin dal titolo, la Confession d'un enfant du siècle di A. de Musset, anche se il legame più evidente è quello con la letteratura "rosa" della francese Gyp (Sybille-Marie-Antoinette de Riquetti de Mirabeau). La protagonista, di cui si immagina vengano pubblicate le lettere dopo il suicidio, delinea il suo testamento spirituale e rivendica il riconoscimento della sua personalità al di fuori degli stereotipi del femminile che i vari uomini della sua vita le hanno, a più riprese, imposto.
Sulla scia di questo successo, tra 1903 e 1904, la G. pubblicò a puntate, sulle pagine de La Sera di Milano, un altro romanzo, Questi tempi. Nel biennio 1911-12, trasferitasi definitivamente a Firenze, divenne redattrice del Fieramosca, quindi, nel 1918-19, ricoprì lo stesso ruolo presso Il Popolo romano.
Nel 1913, al teatro Argentina di Roma, la compagnia drammatica di U. Farulli portò in scena la sua commedia in tre atti Sovrana, accompagnata da una vivace contestazione del pubblico suscitata dalle idee anticonformiste che la G. vi esplicitava: di fatto, oramai la sua voce era divenuta preciso punto di riferimento sui temi relativi al dibattito sulla condizione della donna. La G. partecipò, tra l'altro, a una inchiesta sul tema della procreazione controllata promossa da Pagine libere di Lugano (1911), mentre già precedentemente aveva pubblicato un libro brillante e provocatorio, Io e il mio elettore. Propositi e spropositi di una futura deputata (Lanciano 1910), in cui riassumeva tutte le sue idee sulla questione femminile.
Si tratta di una sorta di lunga intervista, articolata in dieci conversazioni, tra la scrittrice e un immaginario, famoso esploratore in cui vengono affrontati vari argomenti relativi alla condizione femminile, in relazione ad alcuni importanti temi sociali, politici e legislativi: dal voto alle donne all'arte femminile, fino all'educazione sessuale; ma anche la scienza, lo spiritualismo, le istituzioni. La prospettiva adottata è fortemente anticonvenzionale proprio in quanto anche molti fra gli stereotipi e le formule vincolanti in cui i movimenti femminili finivano per rinchiudersi venivano dalla G. discussi e rifiutati.
In questa chiave l'emancipazionismo anarchico della G. finisce per coniugarsi spesso a un atteggiamento sostanzialmente conservatore dal punto di vista sociale - lo stesso femminismo viene interpretato non come elemento progressivo ma come un male necessario della società contemporanea - e nazionalista da quello politico. Non a caso, all'indomani della guerra di Libia, la G. fu, insieme con Lyda Borelli, Amalia Guglielminetti, Flavia Steno e Térésah (Corinna Teresa Ubertis), una fra le pochissime voci femminili interpellate nell'inchiesta Il nazionalismo giudicato da letterati, artisti, scienziati, uomini politici e giornalisti italiani (a cura di A. Salucci, Genova 1913, pp. 15 s.).
Allo scoppio del primo conflitto mondiale la G. si manifestò accesa interventista e si pronunciò in favore di una massiccia mobilitazione delle donne, come emerge sia in La funzione della donna in tempo di guerra (Firenze 1915), sia in La donna della nuova Italia. Documenti del contributo femminile alla guerra(maggio 1915 - maggio 1917) (Milano 1917).
In entrambe le opere, la G. si mostra contraria alle posizioni fondamentalmente apolitiche praticate fino a quel momento dalla maggior parte delle organizzazioni femminili, nella chiave di una strategia a lunga distanza che, attraverso la partecipazione diretta delle donne al conflitto, faccia ottenere loro in seguito un più adeguato riconoscimento politico e sociale.
L'impegno nazionalistico della G. si concretizzò anche in alcune opere di narrativa per l'infanzia, in particolare nella trilogia che ha come protagonista Pippetto (Pippetto vuol andare alla guerra, Firenze 1916; Pippetto difende la patria, ibid. 1920; Pippetto fa l'italiano, ibid. 1925, ma scritto nel 1920).
Sentimentalismo e patriottismo di stampo deamicisiano caratterizzano i tre romanzi che hanno come protagonista un giovane orfano, attraverso le cui avventure la G. delinea, in modo semplice e nella prospettiva di una convinta nazionalista, situazioni e tipi psicologici del paese negli anni tra il 1915 e il 1920: l'esterofobia, il dramma dei reduci, l'entusiasmo dei volontari, l'egoismo dei renitenti, l'opportunismo dei profittatori. Pippetto è allora il prototipo morale del buon italiano da additare come modello alle giovani generazioni negli anni immediatamente antecedenti l'ascesa al potere del fascismo.
Durante il fascismo la G. diminuì di molto la sua attività. Alla fine degli anni Venti, dopo un breve periodo di permanenza a Roma, si trasferì a Nervi, nei pressi di Genova, dove passò il resto della sua vita.
La G. morì a Quarto dei Mille il 13 maggio 1954.
Oltre alle opere citate nel testo, della G. si ricordano ancora: Sempresù. Avventure di un aeroplano, Verona 1910; La sfinge che parla, Milano 1915; Coniglio, cuor di leone, ibid. 1920; La cabina di proiezione, Torino 1930; Per vincere bisogna barare, Roma 1932.
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