PANTERA, Pantero.
– Nacque a Como il 4 febbraio 1568 da Bernardino alias Alessandro e da Paola Dalla Chiesa.
La famiglia si era distinta nella città lariana dalla metà del XIV secolo: i suoi membri, noti fino all’inizio del Cinquecento con il cognome De Pateriis, erano stati particolarmente attivi nel commercio (soprattutto delle manifatture laniere e dei medicinali) e avevano anche ricoperto cariche amministrative di rilievo. Bernardino, dopo che Como (con tutto il Ducato di Milano) era passata sotto il dominio imperiale, era stato referendario dal 1529 al 1531, decurione dello Spedale, sindaco della Fabbrica del duomo, oratore a Milano nel 1535.
Alla morte del padre (1572), il giovane Pantera allarmò i parenti per iniziative economiche avventate: così, intorno al 1585, fu inviato a Roma. Qui, grazie alla protezione del comasco cardinale Tolomeo Gallio, nell’aprile 1588 fu arruolato nella flotta pontificia. In particolare, fu nominato nobile di poppa sulla galera capitana della flotta, la San Bonaventura. Con quest’incarico, solitamente assegnato a giovani gentiluomini, intraprese un percorso di formazione nell’arte militare marittima che si giovò della presenza fra gli ufficiali pontifici di Bartolomeo Crescenzio, esperto idrografo e cultore di scienza della navigazione.
Non si hanno molti dettagli sul servizio di Pantera in mare. Le galere romane – nonostante alcuni incidenti capitati proprio alla San Bonaventura – tra il 1588 e il 1589 colsero diversi successi nella lotta ai pirati nordafricani. Le successive crociere dei primi anni Novanta del Cinquecento coincisero soprattutto con il trasporto delle truppe pontificie impegnate nel Contado Venassino durante l’ultima fase delle guerre di religione in Francia e nell’accompagnamento di rappresentanti della Santa Sede presso i sovrani europei. Nello stesso torno di anni, Pantera fu sempre più regolarmente convocato nel Consiglio di stato maggiore della marina. Ebbe il primo incarico di comando nell’autunno 1597, quando il Papato si preparava a conquistare militarmente il Ducato di Ferrara, devoluto alla S. Sede per la morte senza eredi legittimi di Alfonso II d’Este. A Pantera fu affidata la galera Santa Lucia. Clemente VIII riuscì a entrare in possesso del Ducato padano senza un conflitto, ma Pantera fu coinvolto in uno scontro di rilievo poco dopo (ottobre 1598). Trovandosi infatti in missione di pattugliamento, la Santa Lucia e due altre galere avvistarono e catturarono quattro vascelli turcheschi nelle acque prospicienti il promontorio del Circeo.
Non è noto se Pantera partecipò alla spedizione del settembre 1601, quando le galere pontificie si unirono alle flotte spagnola, toscana, maltese, genovese per tentare un colpo di mano contro Algeri sotto il comando generale di Gian Andrea Doria. Fu però certamente coinvolto nella riorganizzazione delle spese per il mantenimento dell’armata navale successiva all’elezione di Paolo V, nella primavera del 1605. In particolare, propose un incremento degli impegni finanziari: a suo giudizio servivano 15.000 scudi all’anno per ciascuna delle sei galere e 23.500 scudi all’anno per la nuova galera Capitana, varata nel 1598. I contemporanei giudicarono positivamente il suo intervento, avendo egli dimostrato «intelligenza grande del mestiero, esperienza, e diligenza esquisita» (discorso anonimo datato 2 settembre 1605, Archivio segreto Vaticano, Fondo Borghese, s. IV, f. 242, cc. 207r-210v, a c. 207r). Nondimeno, la politica del Papato era in quel momento più favorevole a un disimpegno: fu preferita l’alternativa del contratto di assento con il genovese Francesco Centurione (concluso nell’ottobre 1611) e le proposte di Pantera rimasero senza effetti. Egli prese a occuparsi di amministrazione delle galere da terra. Nello stesso 1611 acompagnò il nunzio in Spagna Ulpiano Volpi, orignario di Como. Non si ha però notizia di altre sue missioni di guerra in mare.
Nel 1610 si era rivolto al cardinal nipote Scipione Caffarelli Borghese chiedendo un abito dell’Ordine dei Cavalieri di Cristo, con 200 ducati di rendita e la licenza di potersi sposare. Ottenuto il cavalierato e presa in moglie Marta Lucini (da cui non ebbe figli), si concentrò nella redazione di un’opera sull’arte militare marittima, completata entro il giugno 1613 e uscita a Roma nel 1614 presso lo stampatore Egidio Spada con il titolo L’armata navale.
Nella storia del pensiero militare italiano, si tratta della prima opera dedicata interamente alla guerra sul mare. Essa è divisa in due parti: la prima, dopo un breve excursus geografico e una rassegna dei navigli di uso corrente, analizza i modi di costituire e di mantenere un'armata da guerra, con la descrizione dettagliata della sua composizione organica; la seconda tratta concretamente della cura quotidiana delle navi messe in mare, di tattica di combattimento, di strategia degli scontri fra grandi armate. Il respiro è certamente ampio: Pantera discute innanzi tutto le teorie sulla formazione degli oceani. Il pianeta Terra gli appare come «una palla di pietra mischia, dove, se bene appariscono, et monti, et valli; non però vi si altera punto la forma sferica» (p. 2). Di questo globo il mare occupava la maggior parte: perciò, a suo dire, tutti i popoli avevano sempre cercato di sfruttarne le potenzialità attraverso la navigazione, imparando a contenerne i pericoli e a controllarlo con navi da guerra. La storia è dunque indicata come una materia indispensabile per il comandante generale di una flotta da guerra: così, nelle fonti utilizzate, accanto ad Aristotele, Platone, Plinio, Virgilio trovano posto molti storiografi classici quali Tucidide, Polibio, Plutarco, Tito Livio, Tacito. Anche la narrazione delle campagne cinquecentesche contro i musulmani e contro i corsari è copiosamente utilizzata; rarissimo, invece, il ricorso a esempi autobiografici, nonostante gli anni di servizio sulle galere del papa. Conclude il volume un Vocabolario nautico, in cui si trovano per la prima volta insieme tutti i termini del volgare italiano legati all’arte navale.
Dopo l’uscita del volume, Pantera si ritirò a Como, dove fu ammesso nel Consiglio dei decurioni, composto dal 1583 di sessanta membri cooptati fra le famiglie dell’aristocrazia cittadina. Subito entrò nella giunta ristretta dei dodici Savi di Provvisione, l’organo che coadiuvava il podestà nell’amministrazione ordinaria della città, provvedendo altresì a nominare i diversi magistrati. Nel 1615 risultava abitare in un palazzo della zona absidale del duomo (ne rimane una torre mozzata, chiamata appunto torre Pantera). Nel 1617 fece altresì costruire a Blevio una villa successivamente demolita (era localizzata sul sito dell’attuale Villa Da Riva, sulla sponda interna del Lario).
La profonda esperienza maturata condusse Pantera a comporre nuove opere. Scrisse una Hidrografia nautica mediterranea, di cui resta il manoscritto originale (Como, Biblioteca comunale, ms. 2.4.45). Il lavoro si basa di nuovo su fonti classiche (Plinio, Tolomeo, Strabone, Eutropio, persino Virgilio; per l’Italia si aggiungevano Leandro Alberti e Flavio Biondo), ma Pantera aveva letto anche Giovanni Botero e Giovanni Battista Ramusio e fatto ricorso a contatti diretti con i suoi corrispondenti per avere informazioni corografiche. La materia è distribuita in due libri: nel primo sono passati in rassegna i litorali mediterranei da Sanlúcar de Barrameda (in Andalusia, alle foci del Guadalquivir) fino a Costantinopoli, il secondo libro è sostanzialmente un isolario del Mediterraneo. Pantera dà notizie di porti, basi navali, fortezze e presidi militari; dedica altresì particolare attenzione all’ambiente e all’economia dei territori toccati; in qualche caso, aggiunge sommarie descrizioni circa le popolazioni mediterranee, sia cristiane che musulmane. Insomma, in questa opera le informazioni di interesse per l’arte della navigazione si fondano con quelle corografiche, dando vita a un’esposizione vicina alle opere rinascimentali di geografia.
Di Descrizioni sopra le galere del papa e di un Discorso sulle galere dà conto il catalogo dei suoi libri pubblicato da Bianco (2011).
Pantera morì a Como il 13 febbraio 1625. Il 1° agosto 1621 aveva costituito sua erede universale la figlia illegittima Caterina, nata nel 1618.
Fonti e Bibl.: Arrigozzo (Cencio Poggi), Saggio di un'opera inedita di P. P., Genova 1884; Id., Un gentiluomo comasco uomo di mare, in Id., Alghe, Como 1892, pp. 87-98; A. Guglielmotti, Storia della marina pontificia. La squadra permanente della marina romana, 1573-1644, Roma 1892, ad ind.; G. Bonifacio, Notizie storico-geografiche della Corsica in un manoscritto inedito del Seicento, in Archivio storico di Corsica, XIV (1938), pp. 86-96; Id., Un idrografo del Seicento: P. P., in Rivista marittima, LXXXII (1950), 2, pp. 318-35; 10, pp. 35-52; ibid., LXXXIII (1951), 8-9, pp. 257-73; 10, pp. 34-49; M. Gianoncelli - S. Della Torre, Microanalisi di una città: proprietà e uso delle case della città murata di Como dal Cinquecento all'Ottocento, Como 1984, p. 219; Le arti nella diocesi di Como durante i vescovi Trivulzio. Atti del convegno, … 26-27 settembre 1996, a cura di M.L. Casati - D. Pescarmona, Como 1998, p. 41; E. Bianco, P. P. e l’Hidrografia nautica mediterranea. Appunti preliminari di ricerca, in Miscellanea di storia delle esplorazioni, XXXVI (2011), pp. 41-58.