PANSLAVISMO
. Sotto il termine di "panslavismo" si comprendono generalmente movimenti di pensiero assai differenti, sorti in epoche diverse e presso diversi popoli slavi (slavofilia, austroslavismo, neoslavismo, la corrente della cosiddetta reciprocità slava, ecc.). Tuttavia queste correnti panslave si trovano particolarmente rappresentate presso i Cèchi e presso i Russi. I Cèchi, per la loro posizione geografica, sono meno esposti ad attriti con altre stirpi slave che non i Polacchi, gli Ucraini, i Serbi, i Bulgari; inoltre il fatto di essere una piccola nazione e di trovarsi sotto una costante minaccia di germanizzazione li portava ad accentuare la loro appartenenza alla grande famiglia slava. Nell'Impero russo il panslavismo tendeva invece assai spesso a identificarsi con l'ortodossia e con le pretese di espansione verso la Penisola balcanica e Costantinopoli.
Presso i Cèchi l'influsso dell'illuminismo tedesco contribuisee a destare l'interesse per la propria nazionalità e per il mondo slavo in genere: tipico rappresentante di questo risveglio nazionale è il poeta J. Kollár (v.), slovacco di nascita. L'illuminismo umanitario si confonde assai presto con gl'influssi del panslavismo russo: ci si richiama a Hegel, ma un Hegel curiosamente raffazzonato serve a presentare la razza slava come una razza che ha una missione redentrice nel mondo, mentre l'Occidente in preda al materialismo è considerato oramai vecchio e in irreparabile sfacelo. In circa un secolo di risorgimento nazionale, i Cèchi oscillano nel loro "slavismo" tra una tendenza occidentale, democratica, che guarda all'Europa e in particolare alla Francia, e una corrente russofila e piuttosto reazionaria. Verso la metà del secolo scorso K. Havlíček-Borovský (v.) mette in guardia i suoi connazionali contro le eccessive speranze nella Russia, sottolinea l'appartenenza dei Cèchi al mondo occidentale, e pone in rilievo come la classe dirigente della Russia "slava" sia staccata dal popolo e d'origine tedesca. Ma quanto più il germanesimo prevale in Austria, tanto più si ricomincia a guardare verso la Russia; il panslavismo primitivo e semplicistico riappare però sempre in fasi dialetticamente superiori, deve respingere l'identificazione di ortodossia e slavismo, deve sottolineare l'autonomia e l'indipendenza dei minori popoli slavi, deve fare numerose concessioni al liberalismo e all'occidentalismo.
La slavofilia russa, sviluppatasi nella prima metà del secolo XIX, partiva da una concezione messianica, cioè che la storia avrebbe oramai assegnato agli Slavi quel compito direttivo che le nazioni "vecchie" sarebbero andate inevitabilmente perdendo. In questa visione nebulosa ed astratta, che ipotecava l'avvenire degli Slavi verso qualcosa di già conosciuto, di già stabilito per l'innanzi, l'elemento vagamente democratico e slavo, caratteristico per lo spunto iniziale, fu presto sommerso dalla impostazione totalitariamente panrussa e reazionaria. Secondo gli slavofili la civiltà europea avrebbe "guastato" la Russia e già Pietro il Grande avrebbe fatto l'imperdonabile errore di aprire le finestre all'Occidente. L'ortodossia sarebbe l'autentica forma slava del cristianesimo; lo slavo protestante o cattolico sarebbe slavo soltanto a metà. La primitiva economia del mir (v.) sarebbe l'economia tipica e definitiva del mondo slavo. Partendo da questi presupposti, i narodniki (populisti), gl'immediati eredi degli slavofili, vedevano nel mir, forma d'economia precapitalistica, un superamento del capitalismo. Di più in più gli slavofili andarono concentrando il loro interesse verso l'espansione balcanica e verso gli Stretti. Fondatori della slavofilia furono i fratelli Kireevskij, i fratelli Aksakov e il Chomiakov. Il Solov′ev tentò di dare un'interpretazione filosofica a questo movimento; il Dostoevskij s'illuse di gettare un ponte tra gli slavofili e i loro avversarî, gli occidentalisti: in realtà continuò a dibattersi tra la simpatia per il mužik russo "portatore di Dio" e le aspirazioni individualistiche dell'intelligencija permeata di cultura occidentale.
I Polacchi e gli Ucraini, dominati dai Russi, mostrarono quasi sempre scarsa simpatia per ogni forma di panslavismo o di "reciprocità slava". I conflitti tra Serbi e Bulgari furono un ostacolo non minore alla realizzazione di questi sogni.
L'austroslavismo mirava invece a trasformare l'Impero austro-ungarico in un impero a maggioranza slava: si delinea assai chiaramente in questo movimento (di cui furono propugnatori lo storico Palacky e Havlíček- Borovsky) una tendenza antitedesca e antimagiara e un'accentuazione di liberalismo in contrapposizione a chi voleva fare assorbire i popoli slavi dell'Austria-Ungheria dalla Russia zarista.
Il neoslavismo, movimento abbastanza attivo negli anni che precedettero la guerra mondiale (furono tenuti congressi a Pietroburgo, Praga e Sofia), era diretto dal generale russo Volodimirov e dal giornalista cèco Kramár. Il neoslavismo cercava di conciliare il nazionalismo russo con il nazionalismo dei minori popoli slavi, l'autocrazia russa con l'atmosfera occidentale e liberale in cui vivevano gli Slavi fuori della Russia. Il liberale russo Miljukov chiedeva anch'egli Costantinopoli per la Russia, ma accentuava la nota genericamente democratica, nonché l'autonomia in cui avrebbe dovuto svolgersi il risorgimento dei minori popoli slavi. La guerra mondiale doveva dare, specialmente con il crollo della Russia zarista, un colpo decisivo a questa corrente.
La "reciprocità slava" (slovanská vzájemnost) coltivata nel dopoguerra in Cecoslovacchia, anche tra Slavi di diverse razze viventi a Praga, è un movimento (ispirantesi a T.G. Masaryk e a E. Beneš) che ha accentuato sul terreno politico l'orientamento occidentale, specialmente verso la Francia, e che sul terreno culturale intende liberarsi dai residui del romanticismo panslavo per studiare "scientificamente" i rapporti economici, sociali, letterarî, folcloristici tra le varie stirpi slave. Tuttavia anche sul terreno culturale si ritrova, sia pure in forma assai affievolita, la tendenza del vecchio panslavismo e della vecchia slavofilia, mirante a incanalare gli sviluppi futuri su orme già note ed a sopravvalutare i rapporti tra popoli slavi, trascurando talvolta quelli più importanti, tra popoli slavi e non slavi.