pangermanismo
Denominazione dell’ideologia identitaria e del movimento politico tesi a perseguire l’unificazione e la supremazia internazionale dei popoli di stirpe tedesca. Il p. nacque e si sviluppò nel 19° sec. come espressione del nazionalismo tedesco e raggiunse la sua virulenta e tragica acme nella prima metà del 20° sec. col trionfo del nazismo. Fu in reazione alla dominazione napoleonica che la coscienza dell’identità germanica si affermò e si diffuse, manifestandosi nelle forme culturali del romanticismo e nelle aspirazioni politiche del nazionalismo. Sul piano ideologico ebbero grande rilievo gli scritti del filosofo Johann Gottlieb Fichte (1762-1814) e dello storico e poeta Ernst Moritz Arndt (1769-1860), i quali – avversando l’occupazione francese – celebrarono l’originalità spirituale e la missione storica della nazione tedesca, allo scopo di fomentarne il risveglio politico. Dopo la Restaurazione, l’orizzonte del nazionalismo tedesco si allargò all’ambito economico, grazie all’opera di Friedrich List (1789-1846), che sostenne la necessità dell’abbattimento delle barriere doganali tra gli Stati dell’area germanica, ispirando la costituzione dello Zollverein attuata nel 1834. Sul piano politico il programma pangermanista cominciò a profilarsi durante la rivoluzionaria «primavera dei popoli» del 1848, all’interno dell’assemblea costituente riunitasi a Francoforte per realizzare l’unità politica della nazione germanica. Nel corso dei dibattiti parlamentari emerse la contrapposizione tra «Piccoli tedeschi» e «Grandi tedeschi», divisi sulla configurazione territoriale del futuro Stato unitario: i secondi – diversamente dai primi – propugnavano l’inclusione dell’Austria, vagheggiando la ricostituzione, sotto l’egida degli Asburgo, del medievale impero romano-germanico. Nella seconda metà del 19° sec., mentre l’azione militare e diplomatica di Bismarck conduceva alla formazione del secondo Reich (entro i confini auspicati dalla visione geopolitica piccolo-tedesca), il p. andava sviluppando in senso radicale le implicazioni ideologiche del proprio identitarismo etnico. I suoi sostenitori decantavano la superiorità della Kultur e della Weltanschauung germaniche rispetto a quelle dei popoli latini e slavi. Professavano la necessità storica dell’espansione della nazione tedesca annunciandone l’ineluttabile destino di primazia internazionale. Propagandavano l’antropologia razzista di Joseph Arthur Gobineau (1816-1882), coltivando il mito della stirpe teutonica e del suo diritto biologico al comando. Nel nuovo scenario creatosi con l’avvento al potere di Guglielmo II (1888) e con l’avvio della sua aggressiva Weltpolitik, il p. raggiunse la forza necessaria a organizzarsi in movimento politico. Nel 1891, sull’onda del malcontento suscitato dal Trattato di Helgoland fra la Germania e la Gran Bretagna, nacque la Lega generale tedesca, che tre anni dopo – sotto la leadership di Ernst Hasse, professore universitario a Lipsia – assunse il nome di Lega pantedesca (Alldeutscher Verband). Questa organizzazione si proponeva di accrescere il sentimento nazionale e promuovere l’omogeneità razziale e culturale del popolo tedesco; combattere tutte le forze che si opponevano allo sviluppo della nazione e al perseguimento dei suoi interessi; sostenere la politica militarista e colonialista intrapresa dal Kaiser; diffondere i valori e gli obiettivi del p. attraverso l’attività dei suoi militanti e la circolazione del suo organo di propaganda, gli Alldeutsche Blätter. Negli anni successivi i temi al centro dei Congressi pangermanici organizzati dalla Lega furono quelli della germanizzazione dello Schleswig-Holstein e dell’Alsazia-Lorena (sottratti rispettivamente alla Danimarca e alla Francia con le guerre del 1864 e del 1870), dell’unione doganale mitteleuropea (con l’inclusione della Svizzera, del Belgio e dell’Olanda), della protezione delle minoranze tedesche residenti fuori dai confini del Reich. All’inizio del 20° sec. le adesioni alla Lega – tra i cui membri figuravano personalità eminenti della politica e della cultura – raggiunsero quota 20.000. Il movimento pangermanista ebbe una sua espressione politico-associativa anche in Austria, dove nel 1896 fu fondata l’Alldeutsche Vereinigung, per iniziativa di Georg von Schönerer (1842-1921), deputato di lungo corso del Parlamento di Vienna. L’Alldeutsche Vereinigung incarnò la reazione nazionalistica dei tedeschi alla politica della conciliazione e dell’equilibrio delle nazionalità promossa dai governi di Taaffe e di Badeni. Ferocemente antisemita e antislavo, inviso ai sovrani asburgici perché favorevole a un’annessione dell’Austria all’impero guglielmino, il movimento politico di Schönerer si sciolse nel 1907, dopo una dura sconfitta elettorale. Durante la Prima guerra mondiale le parole d’ordine del p., veicolate dalla propaganda bellicista, influenzarono l’opinione pubblica tedesca ben al di là della forza di attrazione esercitata nel ventennio precedente dalla Alldeutscher Verband. Nel 1917 alcuni esponenti di quest’ultima, per opporsi alla conclusione del conflitto verso cui era orientata la maggioranza parlamentare (ormai consapevole dell’impossibilità della vittoria), fondarono il Vaterlandspartei (Partito della patria) che in pochi mesi superò il milione di iscritti. La frustrazione provocata dalla sconfitta e dalla durezza del trattato di pace alimentarono nel dopoguerra l’ideologia rivendicativa del Lebensraum (lo spazio vitale storicamente spettante al popolo tedesco). All’inizio degli anni Trenta, con l’ascesa al potere di Hitler, il p. – col suo antisemitismo, il suo culto della razza ariana, le sue vocazioni imperialistiche – si trasformò in ideologia di Stato e programma di governo, la cui attuazione fu perseguita risolutamente sino allo scatenamento di un nuovo conflitto mondiale, all’assoggettamento di quasi tutta l’Europa e allo sterminio di milioni di individui. La vittoria degli alleati liberò gli europei dal nazismo e segnò la fine del pangermanismo.