PANEUROPA (XXVI, p. 189)
Con il "Manifesto europeo" redatto il 21 gennaio 1931 dalla Commissione della Società delle Nazioni si concluse in modo negativo l'unica iniziativa politica di carattere federalista in Europa tra le due guerre mondiali.
Briand aveva dato al suo progetto troppo il volto di strumento di egemonia continentale a favore della Francia ed aveva allarmato i circoli politici inglesi con la sua tendenza a creare una barriera europea contro il commercio degli Stati Uniti. Ma la proposta Briand cadde soprattutto perché mancava una maturazione psicologica e politica favorevole al federalismo. Era lo stesso motivo per il quale non usciva da un'influenza generica anche il lavoro di propaganda che andava compiendo, dal 1923, l'austriaco R. N. Coudenhove-Kalergi. Malgrado che la guerra 1914-18 avesse gettato il primo allarme sulla possibilità delle potenze europee di conservare a lungo le proprie posizioni dominanti in Asia e in Africa, perdurava l'abito mentale di considerare i progetti d'unione europea come qualcosa di staccato dalla realtà europea, di non necessario alla soluzione dei problemi politici del continente. Costituendo ancora l'Europa l'elemento più attivo della politica mondiale ed estendendosi incontrastata l'egemonia europea sui continenti, il problema della federazione degli stati europei appariva come un di più, come un bisogno del meglio, da poter discutere accademicamente, in tutta calma, senza toccare la sfera degli uomini di governo. Un vivace ottimismo dominava le nazioni europee e a molti i loro contrasti sembravano un elemento fecondo di progresso, il segreto della vitalità europea.
La situazione - almeno dal punto di vista psicologico - mutò con le vicende e le conseguenze della seconda Guerra mondiale. L'Europa subì un collasso economico generale, perdette l'iniziativa politica di fronte agli Stati Uniti, non fu più in grado di mantenere saldamente le sue posizioni asiatiche e africane. I contrasti interni non apparvero più lotte feconde di reciproco superamento, ma una fatale debolezza, un elemento di sicura decadenza. Le singole nazioni europee non avevano ormai il peso internazionale del passato e l'unica via per far sentire una voce efficace nel mondo, per non essere preda delle iniziative altrui, stava nell'amalgamare le proprie forze, nel presentarsi con una volontà unitaria. I movimenti federalisti si moltiplicarono e, sorgendo dalle esperienze di guerra e dalle dure necessità del dopoguerra, abbandonarono ogni vago idealismo, quella generica perfezione astratta ch'era stata caratteristica dei movimenti precedenti e si adeguarono alla realtà europea cercando d'intenderne le esigenze politiche. Al desiderabile sostituirono il possibile, sforzandosi di indicare le soluzioni pei singoli problemi di Paneuropa, insistendo sugli aspetti tecnici della federazione, dal monetario al doganale, dall'emigratorio all'industriale, esaminando i dati politici del particolare momento europeo, dalla posizione dell'Unione Sovietica alla ricostruzione della Germania.
In ogni paese europeo sorse un'organizzazione federalista. In Italia l'iniziativa partì, nel 1941, da un gruppo di confinati nell'isola di Ventotene, con un manifesto ed un giornale clandestino - La Unità Europea - attorno al quale si sviluppò una collana di studî federalistici diretti ad illustrare taluni aspetti della realizzazione federalista. Il 27-28 agosto 1943 ebbe luogo a Milano un primo congresso federalista cui seguirono, nel settembre 1945, un altro congresso a Milano e, nel gennaio 1946, il congresso di Firenze, durante il quale avvenne la fusione dei due più importanti movimenti federalisti. Un nuovo congresso, a Milano, nel febbraio 1948, affrontò l'importante questione dell'atteggiamento dei federalisti di fronte alla formazione in corso di due grandi blocchi politici in Europa.
I diversi movimenti federalisti europei - una trentina - si raggrupparono nell'Union Européenne des fédéralistes, presieduta dall'olandese H. Brugmans, con sede a Ginevra. Rimasero indipendenti da essa tre movimenti: l'United Europe Movement, promosso dal Premier britannico Churchill, la Ligue Indépendante de Coopération Européenne, fondata da P. Van Zeeland, e l'Union Parlementaire Européenne di Coudenhove-Kalergi. Il 29 luglio 1947 i quattro movimenti decisero di creare un Comité de liaison a Parigi col compito di coordinare il loro lavoro e fissarono per ciascuno una particolare sfera d'azione: all'Unione Federalista Europea venne dato il compito della propaganda generale; al gruppo di Churchill di costituire comitati di personalità politiche; al gruppo di Van Zeeland di preparare progetti tecnici di ricostruzione per l'Europa; all'organo di Coudenhove-Kalergi di far attuare l'idea federalista dai governi europei. Il 15 dicembre 1947 il Comité de Liaison si è trasformato in Comité international des mouvements pour l'unité européenne sotto la presidenza dell'ex-ministro laburista britannico Duncan Sandys, e con segretariati a Londra e a Parigi. Nei giorni 7-10 maggio 1948 questo Comitato ha tenuto all'Aia, presenti i reali d'Olanda, le sue assise che, con qualche po' di esagerazione retorica, sono state dette "il Congresso dell'Europa". Vi parteciparono i rappresentanti di 23 paesi: i 16 paesi beneficianti del cosiddetto piano Marshall (o ERP), compresa la Germania Occidentale; rappresentanti di Spagnoli e Europei-orientali in esilio e della S. Sede; osservatori degli S. U. e dei Dominions britannici. Presidente d'onore W. Churchill, presenti personalità eminenti come P. Ramadier, L. Blum, P. Reynaud, P. van Zeeland, il conte C. Sforza, ecc., e anche molti deputati laburisti inglesi, nonostante che l'esecutivo del partito li avesse dissuasi dal parteciparvi. Vi furono approvati, nelle tre sezioni per le questioni politiche, economiche e culturali, relazioni ed ordini del giorno certamente importanti, come indice di un vasto movimento d'idee, che si è fatto strada anche fra i massimi esponenti della politica, ma che solo impegna i partecipanti personalmente, non ancora i governi come tali. Infatti, per la sua realizzazione Paneuropa trovò un grande ostacolo nella divisione del continente in due blocchi, l'occidentale e l'orientale. Allorché, nel giugno 1947, il segretario di Stato americano Marshall propose un piano di ricostruzione dell'Europa e a questo aderirono solamente 16 governi europei, si delineò la tendenza a far coincidere Paneuropa con i 16 stati, cioè a realizzare come prima fase un'unità parziale. Ad un identico criterio di gradualità si è ispirata la politica estera italiana nell'affrontare con la Francia il problema di un'unione doganale, i cui studî sono stati iniziati il 20 marzo 1948 con l'incontro a Torino fra Sforza e Bidault e hanno proseguito con nuove riunioni a Torino (3-5 settembre delle camere di commercio italiane e francesi) e a Roma.
Se il concepire come delle realizzazioni federalistiche raggruppamenti che rispondono in realtà a dei particolari fini politico-militari costituisce un indubbio fattore di debolezza dell'attuale federalismo europeo, tuttavia un serio impegno teorico, fuori da limitate visuali politiche, sta ricercando soluzioni coraggiose, preparatorie di quelle politiche. Oltre alla riunione dell'Aia, particolarmente importanti sono state: la conferenza internazionale socialista (Parigi, aprile 1948); la proposta del governo francese (18 agosto) per la creazione di una assemblea europea; la riunione a Interlaken dall'i al 4 settembre del consiglio dell'Unione parlamentare europea. A tutte queste manifestazioni ha avuto un peso notevole il contributo dell'Italia, dove un'attività vivace di studio e di propaganda fa capo principalmente al Movimento Federalista europeo e ad altre correnti minori. Dal MFE è stato organizzato a Roma il secondo congresso dell'Union Européenne des fédéralistes (8-10 novembre 1948) che ha contribuito a mettere a fuoco vari problemi.