pane
L'uso proprio del termine è limitato a qualche esempio della Commedia e del Fiore, dove il p. è visto per lo più come il " cibo " per eccellenza, quello che prima e più di ogni altro si chiede a. soddisfare le esigenze della sopravvivenza. Sicché è proprio del pane che il conte Ugolino, durante il suo mal sogno profetico, si sente dimandar dai suoi figli (If XXXIII 39); e ancora a proposito di Ugolino la parola si era già offerta alla fantasia di D. nella rappresentazione, nel contesto in cui è inserita, dell'atteggiamento vorace di chi mangia per fame: e come 'l pan per fame si manduca... (XXXII 127). Si aggiunga, con maggior estensione di significato, il perduto pane di Rime CVI 80, nell'invettiva contro l'avaro (il p. " che hai mangiato tu è andato perduto perché la tua vita è stata inutile ", Barbi-Pernicone), e l'occorrenza nella predizione di Cacciaguida: Tu proverai sì come sa di sale / lo pane altrui (Pd XVII 59), cioè " con quanta amaritudine sta chi sta a le spese altrui " (Buti). Indica il cibo più comune anche nell'espressione tutti que' ch'oggi manucar pane (Fiore CIII 12), con cui vengono designati " tutti i viventi ".
In altri passi del Fiore, ‛ chieder p. ' vale " domandare l'elemosina ": non comanda la scrittura / che possent'uom di corpo cheggia pane (CX 2; analogamente CLII 14); e anche: gli Apostoli non dimandaro / né pan né vino, anzi il guadagnaro / con le lor man (CXII 3).
La parola trova poi largo impiego nell'uso traslato. I capitoli iniziali del Convivio sono basati sulla metafora della beata mensa del sapere (I I 10) su cui D. si propone di fare un generale convivio di ciò ch'i' ho loro [ai convitati] mostrato, e di quello pane ch'è mestiere a così fatta vivanda [cioè delle canzoni e del commento relativo] ... pane, che la far[à] loro e gustare e patire (§§ 11 e 13), in quanto sarà la luce la quale ogni colore di loro sentenza farà parvente (§ 15; cfr. anche i §§ 12 e 14). E come nel cominciamento di ciascuno bene ordinato convivio sogliono li sergenti prendere lo pane apposito [" posto in tavola "; anche nella Bibbia: " appositus est in conspectu eius panis ", Gen. 24, 33] e quello purgare da ogni macula, così io... da due macule mondare intendo… questa esposizione, che per pane si conta nel mio corredo (I II 1; si noti, nella prima occorrenza, l'uso proprio, in sede di paragone; cfr. ancora § 15, III 2). Una volta purgato... questo pane da le macule accidentali, rimane ad escusare lui da una sustanziale, cioè da l'essere vulgare e non latino; che per similitudine dire si può di biado e non di frumento (V 1; l'espressione pane di biado anche in X 1; e cfr. XIII 11). Con il passo che conclude la lunga metafora, alla fine del primo trattato - Questo sarà quello pane orzato del quale si satolleranno migliaia, XIII 12; è un semplice richiamo l'occorrenza di II I 1 -, il termine si lega alle fonti bibliche, con il chiaro riferimento al miracolo della moltiplicazione dei ‛ panes hordeacei ' e dei pesci (Ioann. 6,5 ss.).
Con lo pan che 'l pïo Padre a nessun serra (Pd XVIII 129) D. allude a " li sacramenti de la Chiesa, che sono pane spirituale de' catolici " (Buti). Si veda inoltre il Parodi (in " Bull. " XVIII [1911] 73): " Il Poeta allude direttamente alla scomunica di Cangrande, del quale, nel canto innanzi, ha già fatto una così ardente apologia ".
P. degli angeli. - L'espressione ‛ p. degli angeli ' ricorre una volta nel Convivio e un'altra nel Paradiso. Si è discusso sul suo significato e sulla sua fonte.
In Cv I I 7, D. chiama beati quei pochi che seggiono a quella mensa dove lo pane de li angeli si manuca, e invece miseri coloro che con le pecore hanno comune cibo. Come si vede D. oppone lo pane de li angeli al cibo materiale; lo immedesima con la scienza (§ 1) e la speculazione (§ 4) di cui parla avanti; pertanto lo ritiene nutrimento intellettuale, e lo estende al sapere in genere, cioè alle conoscenze naturali e rivelate. Infatti scrive il Convivio con l'intento di somministrare a quanti non hanno studiato le briciole cadute dalla mensa (scuole) in cui s'imbandisce quel p. (§§ 8-13); nell'opera espone di proposito verità non solo delle scienze umane ma anche della fede (per es. II I 4-7, III 8-11, V 1-12); nei primi tre trattati, boezianamente, D. non distingue ancora la filosofia dalla teologia; con questo p. D. suppone di supplire alle materie insegnate in ogni Studio (Cv I I 4).
Quando sta per giungere al cielo della Luna, D. afferma che potranno seguirlo nella terza cantica solo quei pochi che drizzarono il collo / per tempo al pan de li angeli, del quale / vivesi in terra ma non sen vien satollo (Pd II 10-12). Evidentemente qui il pan de li angeli indica quel tipo di conoscenze che distingue la terza cantica dalle due precedenti. Sono comuni a tutt'e tre non solo le scienze profane, compresa la filosofia, ma anche la Sacra Scrittura e, più genericamente, le verità rivelate. Invece è propria della terza cantica la frequente ‛ spiegazione ' delle verità rivelate. Virgilio conosce perfino che Dio è una sustanza in tre persone, però ignora la infinita via / che tiene questa verità di fede (Pg III 34-36); D. nella visione suprema contempla un po' quella ‛ via ' (Pd XXXIII 109-126; cfr. pure XXXI 28-29). È sintomatico che nell'Inferno e nel Purgatorio D. viene rimandato al Paradiso non per l'apprendimento dell'‛ esistenza ' di una realtà soprannaturale o di una verità della fede, ma per la comprensione intellettuale della ‛ natura ' di essa (per es. Pg III 31-44, VI 25-48, XV 49-78). Beatrice ha il compito di far lume... tra 'l vero e lo 'ntelletto (VI 44-45) nel senso di spiegare il vero. Pertanto anche in Pg XVIII 40-75 l'opra di fede da compiersi dalla guida paradisiaca consiste propriamente in un maggiore approfondimento della questione risolta con la ragion.
Con una terminologia che verrà usata dal sec. XVI, l'insegnamento dell'esistenza delle verità rivelate costituisce la teologia ‛ positiva ', la spiegazione di esse è oggetto della teologia ‛ scolastica ' (detta in seguito anche ‛ speculativa '). Sebbene non tutti gli scolastici, compreso Tommaso d'Aquino, se ne rendessero conto, essi insegnavano la teologia speculativa, vero " intellectus fidei ", quando commentavano le Sentenze di Pietro Lombardo (cfr. Bonaventura I Sent., prooemium 1 ad 5-6; 2, ediz. Quaracchi, I 8 b-11b) o scrivevano le Somme teologiche. È questa specie di teologia che D. richiede per essere seguito nel Paradiso. Afferma che essa nutre ma non sazia noi mortali (Pd II 11-12) perché anche gl'ingegni più acuti in terra non riescono a penetrare in pieno le verità rivelate per i limiti congeniti dell'intelligenza umana (cfr. per es. Pg III 34-44). La chiama pan de li angeli (Pd II 11) perché questi con la visione beatifica sentono appagato il desiderio di comprendere intellettualmente le realtà soprannaturali. Vede nell'ignoranza della teologia scolastica la piccioletta barca (v. 1) insufficiente a trasportare i suoi seguaci per la terza cantica. Ritiene necessario uno studio di essa iniziato per tempo (v. 11), cioè da giovani (cfr. Chimenz, Fallani) o da anni; da parte sua lo aveva fatto quando cominciò a comporre il Paradiso, poiché poneva la gioventù tra i 25 e i 45 anni (Cv IV XXIV 1-4) e includeva anche la teologia (speculativa) nella filosofia appresa dopo i 25 anni (cfr. per es. II V 7-11).
Gli angeli, come gli altri beati (Pd XXV 24), in Paradiso si nutrono di beatitudine soprannaturale, la quale è costituita non solo dalla visione intellettuale, ma anche dall'amore e dal gaudio che ne consegue (XXX 40-42). Bonaventura (Sermones de sanctis angelis, 5 coll., ediz. Quaracchi, IX 630a-b) diede a " panis Angelorum " anche il senso di unione della nostra anima con l'eterna Sapienza " per affectum ". Lo stesso Tommaso (Super Evangelium S. Ioannis lectura, 6 1 n. 5, ediz. Torino 1952, 169a n. 895) scrisse che Dio è cibo " in quantum est veritas contemplanda, et bonitas amanda quibus reficitur spiritus ". Pertanto D. con il ‛ p. degli angeli ' avrebbe potuto indicare anche l'amore o il gaudio beatifico. Circoscrivendo il senso dell'espressione al solo ambito conoscitivo, si allinea con la sua concezione intellettualistica che, con Tommaso d'Aquino, pone il ‛ costitutivo formale ' della beatitudine nella contemplazione della verità (Pd XXVIII 106-111). Similmente alla fine riduce a quel ch'ei pensa le briciole che prende dalla mensa, dalla gran cena / del benedetto Agnello, il qual... ciba a sazietà i beati (XXIV 1-9).
L'espressione letterariamente ha la sua prima fonte nella traduzione volgata del Salmo 77 (in ebraico 78), 25 " Panem angelorum manducavit homo ", ripetuta dalla Sapienza 16, 20 con una leggera variante: " Angelorum esca nutrivisti populum tuum ". Nei due passi l'espressione indica la manna che, secondo l'Esodo (16, 2-36), il Signore diede agli Ebrei affamati nel deserto.
In seguito prese i significati più diversi in quanto cibo degli uomini sulla terra, per es.: il p. questuato da s. Francesco d'Assisi (Bonaventura, Legenda sancti Francisci VII 8, ediz. Quaracchi, VIII 525a); gli esempi, gl'insegnamenti, i conforti datici dagli angeli (Bonaventura, Sermones de sanctis angelis 1, ediz. Quaracchi, IX 612a); l'Eucaristia (Teodoreto di Ciro Quaestiones selectae in Exodum 27, in Patrol. Gr. LXXX 257; Cassiodoro Espositio in Psalmum LXXVII 23, in Patrol. Lat. LXX 562, accolto dalla Glossa ordinaria [Liber Psalmorum LXXVII 24, in Patrol. Lat. CXIII 970]; Tommaso Sum. theol. III 80 2 ad 1); Cristo in quanto predicato agli uomini (s. Agostino In Psalmum LXXVII enarratio 17, in Patrol. Lat. XXXVI 995, accolto dalla Glossa ordinaria [Liber Psalmorum LXXVII 24, in Patrol. Lat. CXIII 969-970]). A quest'ultimo significato si avvicina quello dantesco.
Bibl.-Il pane de li angeli di Cv I I 7 abbraccia solo la cultura profana secondo É. Gilson, D. et la philosophie, Parigi 1939, 13-14, 88-100; solo la scienza sacra secondo G.A. Scartazzini, Enciclopedia dantesca, I, Milano 1896, 93; II, ivi 1899, 1421; E. Proto, Il proemio del " Convivio ", in " Giorn. stor. " LV (1910) 62-64; P. Mandonnet, D. le théologien, Parigi 1935, 40; entrambe, secondo E.G. Parodi, recens. a F. Flamini, Le opere minori di D.A. ad uso delle scuole, con annotazioni, in " Bull. " XXII (1915) 267; B. Nardi, Nel mondo di D., Roma 1944, 47-53; ID., Dal Convivio alla Commedia, ibid. 1960, 64; ID., La " vivanda " e il " pane " del Convivio, in " L'Alighieri " VI (1965) II 54.
Il pan de li angeli di Pd II 11 indica la contemplazione mistica di Dio secondo qualche commentatore (per es. Ignudi); il sapere in genere, sia umano sia rivelato, secondo altri (per es. Vandelli e Dragone) e secondo N. Zingarelli (Dante, II 1176); solo la scienza sacra secondo la maggioranza dei commentatori, senza però distinguervi la teologia scolastica dalla positiva (per es. Pietro, Buti, Scartazzini, Porena, Momigliano, Fallani).
Sia in Cv I I 7 sia in Pd II 11 l'espressione significherebbe l'Eucaristia secondo qualche dantista confutato da G. Pirozzi, Se D. abbia mai accennato alla SS. Eucaristia nella D.C., Pompei 1939, 15-18, o sarebbe " un'espressione velata " di essa secondo S. Ignudi, La D.C.-Paradiso. Commento teologico, Padova 1964², 24b.
Secondo il Proto (pp. 62-64) e il Busnelli (p. 7) D. avrebbe preso da s. Tommaso il senso di scienza (sacra o insieme sacra e profana) dato all'espressione in Cv I I 7. Secondo il Nardi (Nel mondo di D., pp. 47-53), accettato da A.E. Quaglio (Appendice di aggiornamento a Il Convivio, II, Firenze 1964, 553-554), D. propriamente considerò le verità di ragione e di fede nella loro origine, in quanto sono " il Verbo di Dio, cioè la Sapienza dei libri salomonici, che, incarnatasi in Cristo, è diventata anche cibo e ‛ cotidiana manna ' dell'uomo "; pertanto il senso dato all'espressione ‛ p. degli angeli ' affonda le sue radici nella concezione aristotelica della Sapienza (Metaph. I 1 e 2), nel Verbo divino (fonte di ogni conoscenza) di Filone, nei padri della Chiesa e nei dottori scolastici che videro allegoricamente Cristo nel " panis angelo-rum " del Salmo 77, 25. M. T. d'Alverny (Notes sur D. et la sagesse, in " Revue Études Italiennes " XI [1965] 8-9) mostra che pure l'iconografia dell'alto Medioevo presentava Cristo come ispiratore delle scienze sacre e profane ovvero come personificazione di esse.
Per la distinzione della teologia ‛ scolastica ' dalla ‛ positiva ', cfr. J.F. Bonnefoy, La nature de la théologie selon s. Thomas d'Aquin, Parigi 1939; M.-J. Congar, Théologie, in Dictionnaire de théologie catholique, XV, ibid. 1946, 426-427; B. Korošak, Mariologia S. Alberti Magni eiusque coaequalium, Roma 1954, 361. Per la immedesimazione boeziana della filosofia con la teologia nei primi tre trattati del Convivio, cfr. Busnelli-Vandelli, Convivio I 388; B. Nardi, Nel mondo di D., Roma 1944, 215-218; ID., D. e la cultura medievale, Bari 1949², 203-204; M.T. d'Alverny, in " Revue Études Italiennes " XI (1965) 17-24.