PANDORA (Πανδώρα)
La prima donna mortale, l'"Eva" della mitologia greca, consorte del titano Epimeteo (Hesiod., Theog., 513; Op., 84 ss.) e madre di Pyrrha (Hyg., Fab., 142; Apollod., 1, 46); madre anche di Deucalione, figlio di Prometeo (Hesiod., fr. 2, Rzach). Poiché Deucalione e Pyrrha sono i genitori primi di tutto il genere umano, P. è la madre che diede origine alla umanità. Nelle rappresentazioni misogine di Esiodo si riattacca a lei il "dannoso genere femminile" (Theog., 591). Nei due celebri passi, dove tratta della nascita di P. (Theog., 570 ss.; Op., 6o ss.), afferma che essa fu inviata in terra da Zeus come un "bel male" (καλὸν κακόν) per punire il furto del fuoco, perpetrato da Prometeo. Efesto la modellò di terra e acqua, conferendole la bellezza delle dee. Atena la vestì, la cinse e l'adornò con l'assistenza delle Cariti, delle Horai e di Peitho. Afrodite le diede la grazia, Hermes l'astuzia. Esiodo interpretò il suo nome "colei che riceve doni da tutti". Nella Teogonia vien descritto minuziosamente il nastro aureo che le trattiene i capelli, sul quale Efesto ha rappresentato animali della terraferma e del mare (578 ss.; Cook, in Gnomon, 26, 1954, p. 107 ss.; si possono confrontare i nastri in oro greci del sec. VIII a. C.). Nessuna meraviglia se gli dèi stessi rimasero stupiti per l'opera comune e se Epimeteo dimenticò l'ammonimento del fratello, di non accettare doni da Zeus e sposò Pandora. Essa però aprì il coperchio del pìthos, lasciandone uscire tutto il contenuto, a danno degli uomini. Vi rimase la sola speranza.
A proposito della leggenda del pìthos si osserva che archeologicamente per pìthos non s'intende un cofano, bensì un grande recipiente per conservare le provviste. Viene usato tutt'oggi ancora a Creta e a Messene e si chiama ancora pìthos. Picard (Rev. Arch., 1938, p. 105), riferendosi ai noti pìthoi della Creta minoica, credette alla origine minoica del mito di Pandora. Si osserva che all'epoca di Esiodo i pìthoi erano in uso in tutto il mondo greco, se ne sono trovati molti anche in Beozia, sua patria (J. Schäfer, Studien zu den griechischen Reliefpithoi, p. 73 ss.). Oltre al racconto di Esiodo sulla creazione di P. ad opera di Efesto, pare che corresse un'altra versione che la diceva plasmata in terra ad opera di Prometeo (v Aisch., fr. 369 N; Reinhardt, 17). Il mito della prima donna mortale non appagò più gli studiosi a partire dal secolo scorso, essi cercarono dietro ad esso un senso più recondito e lo trovarono negli autori della tarda antichità, che interpretavano anch'essi razionalisticamente le leggende antiche. Secondo queste speculazioni P. sarebbe realmente la madre terra, "colei che dà tutto" (sebbene l'attributo per la dea della terra sia l'aggettivo greco composto πάνδωρος!). Gli elementi essenziali del mito di P., la sua origine artificiale e la sua mortalità, perdettero in tal modo ogni significato. Ma il "mito naturista preesiodeo" creato dagli studiosi moderni fu più forte della vecchia tradizione e riecheggia ancora nell'articolo dell'Oldfather del 1949. Non ultima ragione della sua persistenza va trovata nelle rappresentazioni iconografiche del sec. V a. C., che sembrano confermare il mito così edificato (Robert, Guarducci, Langlotz). Queste figurazioni furono nuovamente interpretate dal Buschor in maniera convincente.
1) Raffigurazioni vascolari: a) creazione di P., tramandata in tre rappresentazioni, tutte nel British Museum: coppa a fondo bianco D 4, del Pittore di Tarquinia; vaso a foggia di coccodrillo E 789 frammentario, del Pittore di Sotades; cratere a calice E 467. Tutte e tre le rappresentazioni risalgono allo stile severo, precedono quindi le opere di Fidia che trattano lo stesso tema. La più importante di queste raffigurazioni è la coppa a fondo bianco, riprodotta in vecchi testi (Weizsäcker) con rifacimenti che la deturpavano. È l'unica che sia documentata da una iscrizione. Tuttavia il nome della creatura artificiale, a cui pongon mano Efesto e Atena suona Anesidora, non già Pandora. Poiché questo vocabolo si trova talvolta in Attica come attributo di Demetra (Paus., i, 31, 4), Si è voluto vedere in questa rappresentazione la conferma dell'identità tra P. e la dea della Terra. In realtà l'iscrizione, uno dei tanti esempî per l'oscillazione dei nomi, specie femminili (si pensi a Persefone!) nelle figurazioni vascolari, ci ammonisce di non fare speculazioni troppo ardite sul nome di Pandora. Mentre su questa coppa P. volge il capo verso Atena, sul cratere testa e corpo sono in posizione rigidamente frontale, sottolineando ancor più il suo carattere artificiale. Atena le porta una ghirlanda, Efesto manca. È naturale che nella tradizione attica Atena, che già ha una parte tanto importante nel mito esiodeo, compaia in prima linea; per volontà di Zeus, che siede a sinistra, essa adorna Pandora. Da destra accorre, eccitato, Ares, quasi confondesse con Afrodite la seducente figura. Iris e Hermes, i messaggeri degli dèi, stanno a significare che presto P. sarà inviata in terra. Giacché l'altro fregio del cratere presenta scene con giochi satireschi, è probabile che anche la creazione di P. abbia carattere giocoso. b) P. compare davanti ad Epimeteo. Nonostante molte altre proposte, è sicura solo la rappresentazione con iscrizioni del cratere a volute in Oxford (C.V.A., Gr. Brit., 113, 1), databile circa il 450-40 a. C.; P. sorge con le braccia alzate dal basso dinanzi a Epimeteo, essa porta la corona nuziale e, sopra, il velo menzionato nella Teogonia. Su di essa si libra Eros verso Epimeteo. A sinistra sta Zeus, che invia il messo Hermes. Questo cratere era considerato come la testimonianza capitale a favore della tesi naturista, poiché P., come la dea della Terra, si solleva da questa (v. particolarmente Robert). Però la terra, nelle raffigurazioni di quel periodo, non si stacca mai tanto dal proprio elemento come fa qui P.; essa si solleva quel tanto che vien richiesto dalla scena in atto, mentre è chiaro che P. vorrebbe liberarsi completamente. Il Buschor fa derivare molto persuasivamente il modo del suo sorgere dagli usi teatrali, poichè nel teatro attico l'apparire inatteso di diverse figure veniva volentieri rappresentato in questo modo. Il mito di P. si può facilmente portare sulla scena, poiché vi era un dramma satiresco di Sofocle Pandora o I martellatori. L'influsso dei drammi satireschi è sensibile anche nel cratere a calice sopracitato. Inoltre P. poteva ben uscire dalla fucina sotterranea di Efesto. Lo spirito dell'opera teatrale sarà stato dato proprio dalla rapidità della sua comparsa. Veramente sul cratere di Oxford non sono rappresentati dei satiri, ma Epimeteo porta un martello, che potrebbe essere un richiamo al dramma satiresco di Sofocle (Guarducci e Buschor). Altre tre figurazioni vascolari, che sono state ravvicinate al cratere di Oxford e interpretate come figurazioni di P. (Brommer, 72, n. 15-17), non sono affini. La più importante non rappresenta certamente P., ma appartiene all'ambiente eleusino (Buschor, p. 19 ss., contro Guarducci). Dietro alla figura sorgente dal basso si vede un sacerdote eleusino con due fiaccole, lo scettro indica Kore, non Pandora. L'ànodos di Kore, che ha parte nelle cerimonie eleusine, trattato scherzosamente, compare qui in un dramma satiresco: al suono di un flauto dei satiri danzano intorno alla dea e al suo officiante. Essi portano dei martelli, ma ciò non ci consente di vedere in essi i "martellatori" del dramma sofocleo su Pandora. I satiri potevano benissimo portare questi arnesi anche in altri lavori teatrali. Meglio lasciare senza identificazione anche la figura sorgente da terra nei crateri a campana di Stoccolma e Matera (Brommer, n. 16, 17), tanto più che parte dei satiri portano dei picconi. Più facile riconoscere P. nella tanto discussa lèkythos di Parigi del tardo stile a figure nere e in una brocca italica a figure nere di Napoli (Langlotz, fig. 3). Ci si può tuttavia domandare se non vi sia trattata quella versione del mito, secondo la quale P. sarebbe stata creata nell'officina di Prometeo. Anche il titano, come Efesto, avrebbe plasmato P. in creta; i martelli, rappresentati su entrambi i recipienti, avrebbero potuto servire a liberare la creta da particelle rimaste attaccate prima di bagnarla, come è ancor uso oggi nelle botteghe dei vasai meridionali. Purtroppo la qualità delle due rappresentazioni è così scadente, che non si possono interpretare in maniera soddisfacente. Altrettanto si può dire per l'anfora del primo stile campano di Londra, che fa parte del Gruppo del Pilastro della civetta (Owl-Pillar). Questo gruppo porta numerose enigmatiche riproduzioni di temi attici a figure rosse, probabilmente poco chiari agli stessi copisti. La figura della donna che sorge dal suolo, con una mossa della mano che ricorda la P. di Oxford, potrebbe ben essere P., e l'adolescente con martello che le sta di fronte Epimeteo. L'uomo barbuto appoggiato su un bastone che sta dilato, sarebbe in tal caso Prometeo. Egli fissa uno strano pìthos dal quale spunta una testa muliebre: Elpis? (Reinhardt ritiene sia la P. mal riuscita di Prometeo, mentre quella autentica sorge, dono degli dèi, davanti a Epimeteo).
ii) Rappresentazioni plastiche e rilievi: è stata semplicemente supposta dal Langlotz la statuetta bronzea di una P. sorgente, che avrebbe fatto parte di un Epimeteo che vibra il martello, già appartenente alla Collezione Warren, ora a Dumbarton Oaks. L'interpretazione della superba opera del primo classicismo, proveniente dall'Attica, non è sicura: Reinhardt pensa a Prometeo, altri propongono Efesto o Licurgo. Una delle più importanti rappresentazioni di P. nell'arte greca deve essere stata la "genesi" di P., opera di Fidia sulla base della Atena Parthènos (Paus., i, 24, 27; Plin., Nat. hist., xxxvi, 19). Purtroppo la descrizione di Pausania non è altrettanto dettagliata quanto quella della base dallo Zeus olimpico. Sappiamo da Plinio che vi erano rappresentate 20 divinità. Servendosi di antiche riproduzioni dell'Atena Parthènos (statuetta Lenormant e l'Atena da Pergamo, a Berlino) e di rilievi neoattici si è tentata la ricostruzione del bassorilievo (Praschniker, Becatti). Sembra che, come nei vasi citati, P. vi sia stata rappresentata di fronte e in mezzo, il suo posto sarebbe stato esattamente ai piedi del simulacro. Perché venne rappresentato proprio questo mito? Aveva forse Atena antiche relazioni cultuali con Pandora? Purtroppo l'antica tradizione in proposito ci è giunta assai confusa, P. e Pandroso sono spesso scambiate nei testi, rimane tuttavia la possibilità che P. e non Pandroso ricevesse, insieme con Atena, il noto doppio sacrificio della pecora e della giovenca sull'Acropoli (cfr. Jacoby, Fr. Gr. Hist., iii, B n. 328, fr. 10; Oldfather, op. cit., 530). Una figlia di Eretteo, che avrebbe inventato il modo di tessere vesti, portava anch'essa il nome di Pandora (Oldfather, op. cit., p. 547 ss.). Oppure Fidia rappresentando Atena Ergàne sulla base intendeva fare omaggio alla dea che presiedeva al suo mestiere? Qualunque sia la causa che l'abbia ispirato, dopo la concezione misogina di Esiodo e quella scherzosa dei drammi satireschi, Fidia, ponendo il mito di P. in posizione centrale, gli ha conferito nuova grandezza e profondità. Atena, formando P., madre di tutti gli uomini, assume anch'essa la maternità spirituale del genere umano.
Monumenti considerati. - Rappresentazioni vascolari: coppa a fondo bianco, del Pittore di Tarquinia, British Museum D 4: A. S. Murray, White Ath. Vases, tav. 19; A. B. Cook, Zeus, tav. 27; J. D. Beazley, Red-fig., 570, 33. Vaso a coccodrillo in frammenti, del Pittore di Sotades, British Museum E 789: C.V.A., Gr. Brit., 232, 2; J. D. Beazley, Red-fig., 451, 8. Cratere a calice, British Museum E 467; Th. B. L. Webster, Niobiden Maler, tav. 14; J. D. Beazley, Red-fig., 420, 21. Cratere a volute di Oxford: C.V.A., Gr. Brit., 113, 1; E. Langlotz, in Die Antike, vi, fig. 5; J. D. Beazley, Red-fig., 696, 22, gruppo di Polygnotos. Cratere di Spina: F. Brommer, op. cit. in bibl., n. 15; Alfieri-Arias-Hirmer, Spina, tav. 42; J. D. Beazley, Red-fig., 428, 1. Cratere a campana di Stoccolma e di Matera: F. Brommer, op. cit., n. 16, 17; E. Buschor, Feldmaüse, 1937, fig. 27; Boll. d'Arte, 28, 1934, p. 436. Lèkythos di Parigi: E. Buschor, Feldmäuse, 1937, fig. 5; E. Langlotz, Die Antike, vi, 1930. Anfora campana, Londra: J. D. Beazley, in Journ. Hell. Stud., lxiii, 1943, p. 67, n. 3; A. B. Cook, Zeus, iii, tav. 34. Epimeteo, già nella Collez. Warren, tav. 1 ss., ora Dumbarton Oaks: G. M. A. Richter, Catalogue, 1956, p. 25 ss., n. 14, tav. 9. Genesi di P. sulla base della statua di Atena Parthènos, Atene: ricostruzione: W. Fuchs, Die Vorbilder der neuattischen Reliefs, p. 131; G. Becatti, Problemi fidiaci, Milano 1951, p. 6o.
Bibl.: F. Brommer, Satyrspiele2, p. 51 ss.; 72 ss.; E. Buschor, Feldmäuse, in Sitzgungsb. Bayer. Akad., 1937, p. 12 ss., 18; p. 22 ss.; A. B. Cook, Zeus, III, Cambridge 1925, p. 201 ss.; M. Guarducci, in Studi e Materiali, III, 1927, p. 14 ss.; id., in Mem. Lincei, 1927, Ser. VI, vol. II, fasc. V, p. 432 ss.; id., in Mon. Ant. Lincei, XXXIII, 1929, p. 5 ss.; E. Langlotz, in Die Antike, VI, 1930, p. i ss.; P. Nilsson, in Archiv f. Rel. Wiss., 32, 1935, p. 131 ss.; W. A. Oldfather, in Pauly-Wissowa, XVIII, 2, 1949, c. 529 ss., s. v.; C. Praschniker, in Österr. Jahreshefte, XXXIX, 1952, p. i ss.; K. Reinhardt, in Hermes, 85, 1957, p. 12 ss.; C. Robert, ibid., 49, 1914, p. 17 ss.; B. Schweitzer, in Jahrbuch, LV, 1940, p. 200 ss.; Weizsäcker, in Roscher, III, 1909, c. 1520 ss., s. v.; D.-E. Panofsky, Pandora's Box2, New York 1962.