RICASOLI, Pandolfo
RICASOLI, Pandolfo. – Nacque a Firenze il 2 aprile 1581 da Francesco Maria, cavaliere di S. Stefano, e da Diamante di Federico Antinori, primogenito di cinque figli maschi, di cui soltanto Bindaccio gli sopravvisse.
Compì studi di teologia e filosofia; fin da giovane si distinse nell’apprendimento delle lingue latina, greca e dell’ebraico studiato nell’Università di Pisa sotto la guida di Cosmo Svetonio. Presi gli ordini minori, nel 1602 intraprese il noviziato presso la Compagnia di Gesù a Roma dopo aver fatto donazione al fratello Bindaccio di tutti i suoi beni paterni. Dopo la morte del padre (1607), a causa di problemi di salute nel 1611 decise di lasciare la Compagnia e tornare a Firenze, stabilendosi insieme con il fratello nella dimora di famiglia.
Al periodo di permanenza nella Compagnia, secondo Giovanni Lami, suo primo biografo, appartengono alcune opere che fino a oggi risultano irreperibili: Directorium exercitiorum p.v. Ignatii de Loiola; Proemium de dignitate et utilitate exercitiorum, et de necessitate directorii; Meditationes variae ad usum Societatis Iesu; De ratione parandi se ad missionem; Miscellanea sententiarum et memorabilium rerum ex sacris prophanisque auctoribus copiosissime collecta; Instruzione per gli sacerdoti, divisa in quattro libri, dove si formano le spirituali medicine, mediante le quali devesi da quelli far la spirituale cura alle inferme anime dei fedeli, e dare lo spirituale soccorso a quelle, che nell’agonia e fine di loro vita sono venute (Lami, 1746, pp. CXXXVI s.).
Sicuramente influenzata dalla sua permanenza nella Compagnia di Gesù deve considerarsi l’opera Accademia Giapponica […] nella quale per modo di dialogo si provano le verità della fede cattolica e si riprovano le false opinioni dei Gentili…, di cui soltanto la prima parte venne pubblicata (Bologna 1613) con dedica al granduca Cosimo II de’ Medici, al quale Ricasoli mesi prima aveva fatto pervenire il manoscritto.
Dal 22 marzo 1611 Ricasoli era stato incorporato nel Collegio teologico fiorentino, dove prese il titolo dottorale. Ne divenne decano dal 1614. L’Accademia giapponica fu con favore sottoscritta dal Collegio dei teologi tra cui figurano i servi di Maria Agostino Vigiani, Arcangelo Giani, Dioniso Bussotti e Silverio Massesi. Il dialogo consiste di tredici capitoli e di un’Orazione in difesa dell’honor di Christo fatta in Raugia. Protagonisti del dialogo un sacerdote e quattro dotti giapponesi fra i quali Icimanda, «assai letterato, ma non ancora Christiano».
Fra il 1615 e il 1620 Ricasoli compose e recitò due orazioni funebri: una in lode del principe Francesco figlio del granduca Ferdinando I e di Cristina di Lorena (Orazione in lode della verginità e fortezza militare per la morte di don Francesco Medici…, Firenze 1615) e l’altra del fratello, il granduca Cosimo II, con dedica a Maria Maddalena d’Austria sua consorte (Orazione dell’offizio del Principe…, Venezia 1622). In questa orazione, fondata sui testi sacri e sugli scritti dei dottori, della Chiesa si esalta la carità di Cosimo e il suo governo pacifico.
Nel 1620 Ricasoli ottenne un canonicato nel Capitolo cattedrale e strinse proficui contatti con l’Ordine dei servi di Maria e in particolare con i frati della Ss. Annunziata. Dopo aver dato alle stampe la Vita della Beata Margherita da Cortona quasi novella Maddalena (Venezia 1622), pubblicò in latino la vita di Angelo Maria Montorsoli, generale dei servi di Maria (Reverendissimi p.m. Angeli Mariae Montursii […] praeclara et religiosa gesta unico volumine contenta…, Venezia 1623). Tradotta in italiano dal discepolo del Montorsoli fra Serafino Lupi, fu edita a Firenze nel 1632 con il titolo Osservazioni celesti con le quali s’insegna il modo facile e breve di quanto per l’acquisto della perfezion cristiana far si deve... Aiutato da fra Dionisio Bussotti dei servi di Maria, Ricasoli compose e pubblicò la Vita del beato Filippo Benizi nobil fiorentino..., dedicata a Urbano VIII. L’opera si fonda sui processi informativi riguardo la santità di Benizi avviati al tempo di Paolo V a Firenze e a Todi, dove il religioso era morto il 22 agosto 1285; venne ristampata a Roma nel 1643 a cura del servita Agostino Della Valle.
In occasione dell’epidemia di peste che colpì anche Firenze nel 1633, dette alle stampe la traduzione dell’Orazione di san Cipriano vescovo e martire, Della mortalità (Firenze), nella quale esortava il popolo fiorentino a riflettere sul significato della morte in senso cristiano.
Ascesi, anelito verso una religiosità mistica, indirizzata alla vita contemplativa e studio dei sacri testi condotto sul fonte originale scandirono la vita di Ricasoli, che svolse un ruolo di direttore spirituale anche all’interno del monastero benedettino delle Murate di Firenze, dove si trovava suor Gabriella Medici con la quale ebbe uno scambio epistolare. Sotto la guida di Ricasoli suor Gabriella si dedicò all’apprendimento della lingua ebraica.
Al 1630 risale il ritratto di Ricasoli eseguito dal pittore di corte Justus Sustermans e che in seguito subì modifiche allusive alla sua condanna per eresia. La vicenda di questa condanna trae origine dai rapporti che Ricasoli intrattenne con la Casa di Santa Dorotea, istituto di educande fondato dalla vedova Faustina Mainardi. La sua funzione di direttore spirituale scivolò nella pratica di atti lascivi motivati dalla convinzione che tali atti aiutavano a liberare il corpo dai sensi e ad elevare l’anima a Dio; la recente storiografia li ha interpretati come esempi del prequietismo del Seicento italiano. Tuttavia, già prima che lo scolopio Mario Sozzi, in vista dei vantaggi che gli avrebbe arrecato tale delazione, facesse denuncia all’inquisitore di Firenze, il francescano Giuseppe Muzzarelli da Fanano, dei comportamenti di Ricasoli, questi era già nel mirino dell’Inquisizione, e in particolare del cardinale Francesco Barberini, per via del possesso di libri proibiti che facevano parte della sua copiosa biblioteca arricchita anche da opere d’arte.
Il 20 aprile 1635 Ricasoli si decise a donare la preziosa raccolta ai padri carmelitani scalzi del convento di S. Paolino di Firenze, ai quali riconosceva una santa vita dedita alla contemplazione e all’amore per il prossimo. In cambio chiese preghiere per la salute della sua anima e la promessa di ottenere da Urbano VIII un breve di scomunica con la proibizione di estrarre qualunque cosa dalla libreria che fu appositamente allestita nell’ala del convento nuovo; chiese anche licenza di poter prendere in prestito i libri che gli occorressero per studio personale.
In seguito alla delazione di Sozzi, il 20 novembre 1641, insieme con Andrea Biliotti, Iacopo Fantoni, Serafino Lupi, Girolamo Mainardi, Niccolò Mazzetti e Carlo Scalandroni, Ricasoli fece solenne abiura nella basilica di S. Croce dove, davanti a un folto pubblico, fu pronunciata la sentenza della loro condanna al carcere perpetuo da parte dell’inquisitore e dell’arcivescovo di Firenze Pietro Niccolini. Questa condanna ostacolò il processo di canonizzazione apertosi per il laico Ippolito Galantini, morto a Firenze nel 1620, fondatore della Congregazione della dottrina cristiana, di cui fu partecipe anche Ricasoli; altrettanti ostacoli furono inizialmente creati all’educandato per fanciulle fondato da Eleonora Ramirez Montalvo a causa dei disordini avvenuti nell’istituto della Mainardi.
Una lunga vicenda che intrecciò la condanna di Ricasoli e la sua incarcerazione in S. Croce è legata alla sua biblioteca, reclamata dal 1642 dall’inquisitore che ne pretendeva la confisca per il mantenimento di Ricasoli con la motivazione che questi fosse incorso nell’eresia già dal 1632, prima cioè della donazione ai carmelitani. Il contenzioso fu mediato dal principe Giovan Carlo de’ Medici. Si raggiunse un accordo secondo cui doveva essere corrisposto un contributo di 114 scudi all’inquisitore da parte dei carmelitani. A questa cifra si aggiunsero poi i proventi della vendita dei mobili e dei quadri donati da Ricasoli. Nel 1643 sulla biblioteca si rivolsero anche le mire del fratello di Ricasoli, Bindaccio, che ne reclamava l’eredità.
Mentre cause e sentenze si avvicendavano attorno ai suoi libri, Ricasoli, dopo aver dato prova di sincero pentimento e mortificazione, morì nelle carceri di S. Croce il 17 luglio 1657.
Dopo la morte di Bindaccio, avvenuta nel 1663, si aprì un nuovo contenzioso fra i padri di S. Gregorio, detti «del ben morire», dichiarati suoi eredi, e i carmelitani di S. Paolino, che videro risolta la causa a loro favore il 15 marzo 1692.
Le opere inedite di Ricasoli oggi reperibili riguardano per lo più argomenti di teologia ed esegesi biblica: Firenze, Biblioteca nazionale, Conventi soppressi, H.3.952; Biblioteca Medicea Laurenziana, Conventi Soppressi, 260; 367, voll. 1-2; 508; 538, voll. 1-6; 584-585. Per le vicende riguardanti la sua biblioteca cfr. Firenze, Biblioteca nazionale, II.IV.93; Archivio di Stato di Firenze, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese, 115, flzz. 33, 37-39; Miscellanea Medicea, 325, ins. 61.
Fonti e Bibl.: Notizie riguardanti l’abiura e la sentenza di Ricasoli e degli altri inquisiti sono contenute in varie fonti manoscritte che presentano alcune varianti: Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie I, 191, vol. II, cc. 628 ss.; Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., XXVI.115, cc. 1-49; XXVI.118, cc. 139-144; Capponi, 178, cc. 39-71; 237, cc. 765-879; 306, cc. 572-666; Capponi, Cassetta 3, n. 8; Biblioteca Marucelliana, Mss., A.CS.23, c. 91; A.CLXXXIII.XI. 6; A.CCXLVIII.7; C.XXXII, c. 176; C.CS.4, cc. 237 ss.; Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashburnham, 804, cc. 17-68; Antinori, 106; Biblioteca Riccardiana, Mss., 1895, cc. 97-116; 2120, cc. 461-478; Siena, Biblioteca comunale, Mss., C.V.12; K.II.44; K.VI.25; Roma, Biblioteca Casanatense, Mss., 2044, cc. 356r-358v. G. Lami pubblicò le sentenze di condanna di Ricasoli e dei suoi seguaci contenute nel ms. Riccardiano 2120 (Lami, 1746, pp. CXLIX-CLIV). In assenza della documentazione completa inerente al processo inquisitoriale, riferimenti ulteriori alla vicenda di Ricasoli sono reperibili in Città del Vaticano, Archivio della Congregazione per la dottrina della fede, Decreta Sancti Officii 1641, ad indicem.
G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp. 443 s.; L.G. Cerracchini, Fasti teologali…, Firenze 1738, pp. 368 s. e passim; G. Lami, Lezioni di antichità toscane e spezialmente della città di Firenze…, Firenze 1746, pp. CXXXIX-CLV, 612; S. Salvini, Catalogo cronologico de’ canonici della Chiesa metropolitana fiorentina compilato l’anno 1751, Firenze 1751, p. 119; Novelle letterarie fiorentine, XXVII (1766), coll. 293 s., 321-331, 385-393; R. Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, IV, Firenze 1781, pp. 191 s.; M. Rastrelli (F. Becattini), Fatti attenenti all’Inquisizione e sua storia generale e particolare di Toscana, Firenze 1782, pp. 150-155; M. Lastri, L’Osservatore fiorentino sugli edifizi della sua patria, V, Firenze 1831, pp. 59-62; F. Moisè, Santa Croce di Firenze, Firenze 1845, pp. 388-391; L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Ricasoli, Firenze 1861, pp. 161-168; C. Cantù, Gli eretici d’Italia, III, Torino 1866, pp. 336-337; P. Bautier, Juste Sustermans peintre des Médicis, Bruxelles-Paris 1912, pp. 77-79; N. Cipiriani, La Galleria Palatina nel Palazzo Pitti a Firenze: repertorio illustrato di tutti i dipinti, le sculture, gli affreschi e gli arredi, Firenze 1966, p. 33; C. Pizzorusso, scheda n. 28 (il ritratto di Ricasoli eseguito da Sustermans) in Sustermans. Sessantanni alla corte dei Medici, catalogo della mostra, Firenze, Palazzo Pitti, Sala delle Nicchie, luglio-ottobre 1983, a cura di M. Chiarini - C. Pizzorusso, Firenze 1983, p. 51; G. Spini, Ricerca dei libertini, Firenze 1988, pp. 211 s.; M.P. Paoli, Esperienze religiose e poesia nella Firenze del seicento: intorno ad alcuni sonetti ‘quietisti’ di Vincenzo da Filicaia, in Rivista di storia e letteratura religiosa, XXIX (1993), pp. 35-78; M. Gregori, Uffizi e Pitti: i dipinti e le gallerie fiorentine, Udine 1994, scheda n. 28; M. Rosa, Spiritualità mistica e insegnamento popolare. L’Oratorio e le Scuole pie, in Storia dell’Italia religiosa, II, L’età moderna, a cura di G. De Rosa et al., Roma-Bari 1994, pp. 295 s.; G. Aranci, Formazione religiosa e santità laicale a Firenze tra Cinque e Seicento. Ippolito Galantini fondatore della congregazione di San Francesco della dottrina cristiana di Firenze (1565-1620), Firenze 1997, pp. 305 s., 458; V. Biotti, Un luogo della città per custodia de’ Pazzi: Santa Dorotea de’ Pazzerelli di Firenze nelle delibere della sua Congregazione 1642-1754, Firenze 1997, p. 14; Margherita da Cortona. Una storia emblematica di devozione narrata per testi e immagini, a cura di L. Corti - R. Spinelli, Milano 1998, ad ind.; A. Barsanti, Alla scoperta di Cecco Bravo, in Cecco Bravo, Firenze 1601- Innsbruck 1661, pittore senza regola, a cura di A. Barsanti - R. Contini, Milano 1999, p. 21; F. Angiolini, I principi e le armi: i Medici Granduchi di Toscana e gran Maestri dell’Ordine di S. Stefano, in Il “Perfetto capitano”. Immagini e realtà (secoli XV-XVII), a cura di M. Fantoni, Roma 2001, pp. 191, 211; A. Malena, L’eresia dei perfetti. Inquisizione romana ed esperienze mistiche nel Seicento italiano, Roma 2003, p. 17; A. Prosperi, L’inquisizione romana. Letture e ricerche, Roma 2003, pp. 186, 205-207; M.C. Flori, Eresia e scandalo nel ’600: la biblioteca di Pandolfo Ricasoli, in Rinascimento, XLIV (2004), pp. 379-408; S. Bellesi, Michelangelo esempio sublime a Firenze dal Manierismo all’Età romantica, in L’immortalità di un mito. L’eredità di Michelangelo nelle arti e negli insegnamenti accademici a Firenze dal Cinquecento alla contemporaneità, a cura di S. Bellesi - F. Petrucci, Firenze 2014, p. 91.