PETRUCCI, Pandolfo
Nato a Siena nel 1452, fu lungamente in esilio come partigiano dei Nove; ritornato nel luglio 1487, seppe destreggiarsi nelle lotte dei partiti così da riuscire col fratello Giacoppo a dominare la città; morto il fratello (1497), rimase solo nel potere. E con le ricchezze abilmente accumulate, con l'appoggio delle milizie forestiere dei "provvisionati" di cui era capo, con l'"ungere n le mani, con lo stringere a sé per mezzo d'interessi molteplici un ristretto numero di fedeli, infine con l'implacabile e fredda crudeltà, per cui si sbarazzò dei rivali e fin del suocero Niccolò Borghesi (1500), divenne, pur senza titolo ufficiale, principe di Siena; e vi mantenne l'ordine, promosse il vantaggio economico, riformò la moneta, protesse le lettere e le arti. Firenze, di cui era talvolta amico non sincero, altra volta aperto nemico, gli mandò più volte oratore il Machiavelli per saggiarne l'animo dissimulatore; Luigi XII (1499) e Cesare Borgia (1501) fecero lega con lui. Ma contro Cesare, fu, per mezzo del "cuore" suo, Antonio da Venafro, tra i congiurati della Magione, anzi cervello" della congiura (9 ottobre 1502); poi venne tosto a trattative con lui e col papa, senza poter impedire che il Borgia lo volesse snidato da Siena e i cittadini stessi, che pure avevano detto prima di voler porre "non solamente la roba, ma la propria vita" per lui, cedessero alle minacce (28 gennaio 1503). Ritornò (29 marzo) per l'intervento di Francia e fu per la caduta dei Borgia salvato da nuovi pericoli. Tramò poi accordi segreti contro i Fiorentini e i Francesi, che voleva "sbarbare di tutta Italia", strinse amicizia con Massimiliano imperatore, a cui aveva chiesto il ducato di Siena, aiutò l'impresa di Giulio II contro i Francesi e n'ebbe in premio il cappello per il suo Alfonso (1511); dopo lunghe trattative s'indusse tuttavia a cedere ai Fiorentini Montepulciano (1511). Ritiratosi a vita privata, morì il 21 maggio 1512. Mercante, anche quando fu principe, perché voleva "col mezzo del stato cumularse gran roba", politico avveduto, signore giusto e benefico dove non fosse suo danno, fu caro al popolo e contribuì largamente allo splendore della sua città.
Bibl.: U. G. Mondolfo, P. P. signore di Siena, Siena 1899; A. Lisini, Relazioni fra Cesare Borgia e la repubblica senese, Siena 1900; N. Mengozzi, Un processo politico in Siena sul finire del sec. XV, in Bull. senese di st. patria, XXVII (1920), p. 187 segg.