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PANAMERICANISMO

Enciclopedia Italiana (1935)
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PANAMERICANISMO


. L'idea di un vincolo morale che unisse tra loro tutti i popoli del Nuovo Mondo è collegata, nella sua origine, alle lotte per l'indipendenza americana; si esprime sin dalla fine del sec. XVIII, nella constatazione dei vincoli di fatto che la natura stessa ha creato fra gli abitanti del Nuovo Mondo, e si concreta sia nella volontà di tener distinti i destini dell'America da quelli dell'Europa, sia nei progetti d' alleanza, o addirittura di confederazione e d'unione fra gli stati americani. Sono, queste, le due tendenze che contrassegneranno, in concreto, la vita del principio panamericano: vale a dire, tendenza ad escludere l'ingerenza europea nell'America; e tendenza a creare addirittura vincoli continui di carattere politico fra i varî stati americani o parte di essi. Quest'ultima tendenza riaffiorava particolarmente nell'America latina, più spezzettata, con stati singoli assai meno forti di quel che non fosse la grande repubblica nordamericana (e in certi momenti doveva anzi divenir tendenza a costituire, contro gli Stati Uniti e le loro pretese egemonistiche, un blocco delle potenze latino-americane). Si hanno così i progetti federativi degli stati latino-americani, caldeggiati da S. Bolívar sin dal 1812. Maggior successo politico doveva però arridere alla tendenza meramente "secessionista" dall'Europa, tendenza tipicamente nordamericana che si concretava nella difesa del principio del non intervento (europeo) affermato nel 1818 da John Quincy Adams, e che trovava poi la sua tipica espressione nella dottrina di Monroe (v.), mentre fallivano i tentativi contemporanei del Bolívar di unione se non di tutti almeno di parte degli stati dell'America Latina.

Tuttavia, se per il momento si rimaneva ancora nell'ambito, si potrebbe dire, soprattutto negativo del problema - cioè nel proposito di escludere l'Europa dagli affari del continente americano -, doveva ben presto riaffacciarsi la tendenza a tradurre l'affermata comunità d'interessi in un qualche programma concreto d'azione, a stringere fra gli stati americani legami più continui e più forti che non fossero semplicemente quelli diplomatici comuni, del resto, anche ai rapporti con le potenze europee.

La tendenza è per gran parte del sec. XIX sempre caratteristica degli stati dell'America latina, i quali anzi sembrano voler reagire, in certi, momenti, alla preponderanza nord-americana proprio con l'idea di un'unione confederale dell'America latina. Se è fallito il tentativo di S. Bolívar di unire in federazione perpetua la Grande Colombia, la Bolivia e il Perù; se il congresso "panamericano" indetto dal Bolívar, nel 1826, a Panamá, rimane senza effetti pratici, nei decennî seguenti l'idea si ripresenta: e, a prescindere da conferenze di minore importanza, limitate alla trattazione di questioni particolari, e pur sempre notevoli perché sono una prima manifestazione dell'annodarsi di vincoli (tale, la conferenza del 1847-1848, a Lima, fra la Bolivia, il Chile, l'Ecuador, la Nuova Granata, il Perù, quella del 1877-1878 fra giuristi del Perù, della Bolivia, del Chile, dell'Ecuador, di Cuba, dell'Honduras, dell'Argentina, del Venezuela e di Costa Rica), si hanno tentativi di creare una vera e propria unione di tutti, o gran parte, gli stati dell'America Latina. Così nel settembre 1856 i rappresentanti del Chile, del Perù, dell'Ecuador, radunati a Santiago del Chile, firmano un "Trattato continentale" inteso a promuovere l'unione delle repubbliche dell'America latina: e lo scopo è di netta ostilità contro gli Stati Uniti. Le gesta del nordamericano W. Walker, che, venuto nel Nicaragua con un piccolo corpo di truppe, si era proclamato presidente della Repubblica e aveva fatto fucilare il suo rivale Mariano Salazar, avevano eccitato l'opinione pubblica dell'America latina contro i Nordamericani: questa la genesi della conferenza del 1856, che d'altronde non approdò a nessun risultato concreto. Parimenti senza veri effetti pratici rimase la conferenza del novembre 1864, a Lima, fra i rappresentanti del Guatemala, del Venezuela, della Colombia, dell'Ecuador, del Perù, della Bolivia, dell'Argentina, per addivenire a un'unione (e anche qui non mancarono atteggiamenti ostili agli Stati Uniti). Solo negli ultimi due decennî del sec. XIX la situazione muta nel senso che in siffatte conferenze agli stati dell'America latina si aggiunge la grande repubblica nordamericana, la quale anzi si fa promotrice di quella che è la prima vera "conferenza panamericana", la conferenza del 1889. E l'idea panamericana serve agli Stati Uniti per lo sviluppo della propria politica estera di egemonia su tutto il continente americano.

Già nel 1881 il Blaine, segretario di stato degli Stati Uniti, aveva invitato tutti i governi americani a inviare i loro delegati a una conferenza che avrebbe dovuto tenersi l'anno appresso a Washington, per esaminare soprattutto la questione dell'arbitrato. L'invito rimase senza effetto; ma nel 1884 il governo nordamericano inviava una commissione nei varî stati dell'America Centrale e Meridionale allo scopo di cercare i mezzi migliori per assicurare le più intime relazioni internazionali e commerciali fra gli Stati Uniti e i paesi dell'America Centrale e Meridionale. In seguito ai risultati ottenuti dalla commissione, il governo nordamericano indiva per il 1889 una conferenza panamericana a Washington: conferenza che poi doveva limitarsi a far voti e proposte, e non addivenire alla stipulazione di veri e proprî atti diplomatici. Alla conferenza (2 ottobre 1889-19 aprile 1890) parteciparono i governi dell'America centro-meridionale, a eccezione di quello di S. Domingo. In essa vennero non solo votate dichiarazioni e "raccomandazioni" concernenti l'arbitraggio obbligatorio, la reciprocità dei trattati, i regolamenti doganali, la libertà di navigazione nei fiumi americani, l'unione monetaria ecc., ma venne altresì deliberata, il 29 marzo 1890, la creazione di un "Ufficio commerciale delle repubbliche americane" con sede a Washington, e con un bollettino d'informazione commerciale. Alle spese dovevano provvedere i varî governi, giusta le quote loro assegnate.

Questo fu l'atto di nascita dell'"Unione panamericana", a cui aderiva successivamente anche la repubblica di San Domingo, assente dalla Conferenza. Denominazione e compiti dell'unione subirono successivi mutamenti, per le conferenze panamericane che seguirono: la seconda conferenza (22 ottobre 1901-31 gennaio 1902) mutò il nome dell'ufficio centrale di Washington che da "Ufficio commerciale delle repubbliche americane" divenne "Ufficio internazionale delle repubbliche americane". Esso doveva esser retto da un consiglio presieduto dal segretario di stato agli esteri degli Stati Uniti e formato dai rappresentanti diplomatici degli altri governi. La terza conferenza internazionale (a Rio de Janeiro; 23 luglio-26 agosto 1906) apportò nuove modifiche al funzionamento dell'ufficio; la quarta conferenza (a Buenos Aires; luglio-agosto 1910) mutò la denominazione dell'ufficio internazionale delle Repubbliche Americane in "Unione Panamericana"; la quinta conferenza (a Santiago del Chile; 25 marzo-3 maggio 1923) modificò la struttura e il funzionamento del consiglio direttivo dell'Unione; la sesta conferenza (all'Avana; 16 gennaio-20 febbraio 1928) ha apportato nuove modifiche di carattere organizzativo; la settima conferenza si è tenuta a Montevideo dal dicembre 1933 al gennaio 1934.

Le deliberazioni più importanti che ne siano uscite concernono l'arbitrato obbligatorio con deliberazioni specialmente della sesta conferenza; questa, oltre a votare l'adozione dell'arbitrato obbligatorio fra le repubbliche americane, ha pure votato una "risoluzione" di condanna della guerra d'aggressione. Per concretare i voti della Conferenza si riunì una Conferenza per l'arbitrato, a Washington, fra il dicembre 1928 e il gennaio 1929; e ne derivarono i trattati panamericani di arbitrato e di conciliazione, del 5 gennaio 1929. Inoltre, le conferenze hanno preso un notevole numero di deliberazioni su questioni tecniche (commerciali, finanziarie, giuridiche, ecc.).

L'Unione, che ha sede in Washington, in un palazzo donato dal Carnegie, ha dedicato soprattutto la sua azione a promuovere le relazioni commerciali e intellettuali. Suo compito è altresì quello di preparare le conferenze panamericane.

Bibl.: I testi delle discussioni e deliberazioni della Conferenza sono stati pubblicati a Washington (1890 segg.), in inglese e in spagnolo. Cfr. J. B. Scott, The international conference of the American state 1889-1928, New York 1931.

Cfr. Büchi, Geschichte d. panamerikan Bewegung, 1914; G. Barret, The Panamerican Union, Waschington 1911; id., Pan Americanism and the Pan-Amerika Union, in Case and Comment, XXII; id., Practical Panamericanism, in North American Review, CCII; G. H. Blakeslee, True Pan-Americanism; a Policy of Co-operation with the other American republic, 1917; B. H. Fried, Pan-Amerika. Entwichlung, Umfang und Bedeutung der zwischenstaats. Organisation in Amerika (1810-1916), 2ª ed., Zurigo 1918; E. Quesada, Le evoluzioni del panamericanismo, Buenos Ayres 1919; S. G. Inman, Panamerican Conferences and their Results, 1924; J. Byme Lockey, Orígenes del panamericanismo, Caracas 1927; A. Alvarez, Le panaméricanisme de la sixième conférence américaine, Parigi 1928; A. R. Conty, L'Ibéroamericanisme et le Panaméricanisme, in L'esprit internat., 1929.

Vedi anche
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Vocabolario
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panamericanista
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