PANAINOS (Πάναινος, Panaenus)
Attorno al nome di P. le fonti raccolgono una serie di dati non esattamente concordanti, che potrebbero riferirsi anche a due diverse personalità di pittori della cerchia di Fidia, legati al maestro da vincoli di parentela.
Strabone ricorda un P. nipote di Fidia, che collaborò all'erezione dello Zeus di Olimpia, ed eseguì altre opere nel santuario (viii, 354). Plinio dà la fioritura di P. fratello di Fidia alla lxxxiii Olimpiade (448-45 a. C.), gli attribuisce la Battaglia di Maratona nella Stoà Poikile e ricorda la sua collaborazione con Kolotes al tempio di Atena in Elide; infine dà notizia di una gara pittorica ai giochi Pitici con Timagoras di Calcide (Nat. hist., xxxv, 54, 57; xxxvi, 177). Pausania attribuisce a P. la pittura di Maratona e i quadri sulle barriere del trono di Zeus ad Olimpia (v, 11, 5-6). Plutarco infine ricorda col nome di Pleistainetos il fratello di Fidia pittore di "generali vincitori, battaglie ed eroi", con evidente riferimento alla Stoà Poikile (v. pleistainetos).
È possibile l'ipotesi che i pittori siano due (Lippold): un fratello ed un nipote di Fidia. Al fratello, di nome P. o forse Pleistainetos, si attribuisce con sicurezza la data dell'acmè offerta da Plinio, che evidentemente si riferisce ad un artista della stessa generazione di Fidia. Questi sarebbe l'autore della pittura alla Stoà Poikile, che potrebbe porsi in età precedente al bando di Cimone (416 a. C.) nel clima di celebrazioni di Milziade. Il P. nipote di Fidia, sarebbe invece il collaboratore di questi ad Olimpia e poi lo stesso che lavora con Kolotes in Elide. Quest'ipotesi avrebbe una conferma, ove si potesse accettare la datazione più bassa dello Zeus di Olimpia, attorno al 430 a. C., come è stato riproposto dopo i primi risultati dello scavo all'officina di Fidia in Olimpia (v. fidia): in tal caso sarebbe quasi necessario distinguere le due personalità di P. o Pleistainetos fratello di Fidia, da P. nipote, tra le quali correrebbe il tempo di una generazione. Conservando la data alta dello Zeus, coincidente con l'acmè di Fidia e, si badi, di P., è però soddisfacente anche la ricostruzione di una sola figura di pittore, fratello di Fidia, al quale per la concordanza di Plinio e Pausania si darebbe il nome di P. considerando il Pleistainetos di Plutarco una corruzione della tradizione manoscritta, alla pari della notizia di Strabone sulla parentela di P. con Fidia (ἁδελϕιδοῦς per ἁδελϕός). Molto stretti sono infatti i rapporti tra P. e Fidia e con i pittori della metà del V secolo. Il tema della battaglia di Maratona è di sicura ispirazione polignotea, e per essa si faceva anche il nome, con non minore fondamento, di Mikon (v.); ma la scena, con la particolare valorizzazione della figura di Milziade e la presenza di divinità protettrici, ha un puntuale riscontro anche nel gruppo fidiaco a Delfi dedicato con la decima della battaglia, e che pure va inquadrato nella politica antipersiana di Cimone, tra il 470 e il 460 a. C.
L'importanza della collaborazione di P. allo Zeus di Olimpia è sottolineata dall'aneddoto di Strabone che Fidia, al momento del progetto della statua, avrebbe espresso in una conversazione con P. il suo intendimento di ispirarsi allo Zeus di Omero. P. avrebbe poi "molto contribuito" alla erezione del colosso, come συνεργόλαβος, cioè quasi su un piano di parità col maestro, il che è ancora una prova che si trattava piuttosto di un fratello che di un nipote di Fidia. Egli avrebbe in particolare eseguito la decorazione dell'abito e le pitture sulle traverse tese tra le gambe del trono per evitare il passaggio dei visitatori. Delle quattro barriere, quella anteriore, forse perché coperta dallo sgabello, era, secondo la descrizione di Pausania, semplicemente dipinta di azzurro; sulle altre tre, i quadri, in una campitura per metope, calcolate a circa m 1,00 × 1,25 (Giglioli), si succedevano a gruppi di tre, in quest'ordine: Eracle prende il cielo dalle spalle di Atlante; Teseo e Piritoo nell'Ade; Hellas e Salamis, personificazioni con allusione alla vittoria navale sui Persiani; Eracle e il leone; oltraggio di Aiace a Cassandra; Ippodamia e Sterope; Prometeo incatenato ed Eracle; Achille che sostiene Pentesilea morente; infine due Esperidi, che richiamavano evidentemente la prima scena, trovandosi i due pannelli all'inizio dei lati del trono, verso la fronte. È stato notato che le composizioni si alternano, per ciascun lato, con la successione: un'impresa di Eracle, una drammatica storia d'amore, un premio (Petersen). Si tratta probabilmente di un criterio compositivo dettato dallo stesso Fidia; tuttavia sorprende di trovare oltre ai soggetti mitici diffusi nell'iconografia della metà del V sec., e per i quali si è tentata qualche ricostruzione (Giglioli), un motivo che si riferisce immediatamente all'opera ateniese di P., cioè le personificazioni della Grecia e di Salamina con in mano l'aplustre di una nave, che richiamano quelle presenti nella Battaglia di Maratona alla Stoà Poikile. Gli altri quadri di P. ad Olimpia, "numerosi e meravigliosi" a detta di Strabone, non si sa se furono eseguiti al tempo del colosso, o in un età successiva. P. infatti collaborò più tardi in Elide con Kolotes. P. si sarebbe interessato della decorazione del tempio di Atena, forse con pitture parietali; Plinio ricorda solo il particolare tecnico che il colore delle pareti, si direbbe una tempera, era stato ottenuto con latte e croco. Più importante è il ricordo della pittura di P. nell'interno dello scudo dell'Atena eseguita dallo stesso Kolotes. Si tratta infatti ancora di un'eco del gusto fidiaco, anzi di un'imitazione della Parthènos, che suggerisce una data posteriore al 438 a. C. per l'ultima opera ricordata di Panainos.
Bibl.: H. Blümner, Die Gemälde des Panainos am Throne des Olympischen Zeus, in Jahrbuch, XV, 1900, p. 136; P. Petersen, Ein Werk des Panainos, Lipsia 1905; G. Q. Giglioli, in Mem. Acc. Lincei, s. V, XVI, 1922, p. 219 ss.; E. Pfuhl, Mal. und Zeichn., Monaco 1923, II, p. 635; 660 s.; G. Lippold, in Jahrbuch, XXXVIII-IX, 1923-24, p. 50; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, XVIII, 2, 1949, c. 417 s., s. v.; XXI, 1951, c. 193, s. v. Pleistainetos: v. anche fidia.