PAN (Πάν)
È il dio greco della vita pastorale o più genericamente della vita campestre, della natura e delle montagne; non è ricordato da Omero e da Esiodo: da tutte le testimonianze posteriori è comunque qualificato come dio arcadico; la sua personalità viene descritta ampiamente soprattutto dal XIX Inno Omerico, che è peraltro di epoca più tarda. Soltanto dopo la battaglia di Maratona il suo culto si diffuse in tutta la Grecia, perché egli avrebbe contribuito alla vittoria degli Ateniesi (Her., vi, 105-106); egli fu comunemente concepito come un essere per metà uomo e per metà caprone, in genere di piccola statura; suoi genitori sarebbero stati Hermes e la ninfa Penelope (Her., ii, 145), ma anche, secondo altre tradizioni, Apollo e Penelope, oppure Zeus e la ninfa Callisto (Epimenides, fr. 16).
La sua figura ha subìto pochi mutamenti fino all'epoca romana; egli non ha quasi mai avuto nella mitologia una parte autonoma: era dio dei pastori, seguace di Dioniso, e partecipava agli eventi della natura o della caccia. L'origine del suo nome è oscura, e risale probabilmente ad una radice indo-europea pa-, che è in rapporto con "pascolare": soltanto in età romana si è interpretato il nome come un'allusione al carattere universale di P. facendo di lui così un dio universale (Cornut., cap. 27); del pari la leggenda della morte del grande P. risale soltanto all'età imperiale (Plut., De def. orac., 17).
Oltre che con Dioniso egli poteva apparire con molti altri dei, quali Afrodite, Hermes, Apollo, e con divinità minori della natura, come Silvano, Priapo e le ninfe. Il suo culto, le cui forme ci sono state trasmesse in modo non preciso, era diffuso, oltre che nel Peloponneso e nell'Attica, anche nellà Grecia settentrionale fino alla Macedonia e alla Tracia, e, inoltre, nelle isole, nell'Asia Minore, nell'Italia meridionale e nell'Africa settentrionale.
Il suo aspetto fisico, trasmessoci dall'arte figurativa, è un miscuglio di uomo e caprone con molteplici variazioni, dalle quali non è però possibile stabilire una successione temporale dei diversi tipi, o precisarne le origini regionali, fino alla comparsa di un tipo giovanile di P. senza barba, nel corso del V sec. a. C., e all'invenzione di una "Panisca" femminile in età romana. Altrimenti, la testa del dio è, in genere, animalesca, munita di corna più o meno grandi, barbata; le gambe sono raffigurate come zampe di capra; raramente manca la coda caprina, mentre la parte superiore del corpo e le braccia sono, normalmente, umane; egli è comunque sempre rappresentato eretto, come una persona umana. I suoi attributi sono spesso la siringa, ma anche il pedum, il lagòbolon o alcune lance.
Innumerevoli vasi attici del V sec. raffigurano il dio (in alcuni casi due volte) sotto questo aspetto, ed anche nella letteratura si può parlare di molteplici P.; in genere, sui vasi egli non è impegnato in alcuna azione, solo su di un cratere a figure rosse di Boston, opera del Pittore di Pan (che prende il suo nome, appunto, dal dio), P. insegue in rapida corsa un pastore. Ogni tanto egli viene raffigurato in atto di danzare; un gruppo di vasi presenta rappresentazioni, singole o molteplici, di P. in atto di danzare e saltare all'apparire di una figura femminile (Persefone o Afrodite) dalle profondità della terra; potrebbe trattarsi di una scena di commedia, come ne vediamo altre volte raffigurate su vasi, e i varî P. sarebbero uomini mascherati.
I vasi di provenienza non attica, tra i quali bisogna soprattutto menzionare i vasi cabirici (v.), non aggiungono caratteri nuovi alla figura del dio, e così pure le raffigurazioni delle arti minori (bronzi e terrecotte); uno dei più antichi di questi bronzetti, una statuetta di Lousoi, ora a Berlino, lo raffigura nel gesto dell'aposkopèin, che si può notare occasionalmente anche in altre rappresentazioni del dio. I bronzetti conservati provengono tutti dal Peloponneso, le terrecotte, in massima parte dalla Beozia. Le testimonianze letterarie, non tramandano, per il V sec., notizie di raffigurazioni di P. nell'arte maggiore; comunque, in alcune copie si è conservato un tipo giovanile di P. di stile policleteo, che, se anche non deve essere attribuito a Policleto stesso, appartiene strettamente alla sua scuola.
Più numerose sono le raffigurazioni di P. nel IV sec.: sui vasi, in Attica e fuori dell'Attica, il dio appare ora specialmente nel seguito di Dioniso, comunque in posizione non di primo piano, ma generalmente nella veste di accompagnatore o di spettatore. Egli può apparire anche con Afrodite, oppure in rappresentazioni mitologiche quali il giudizio di Paride, la morte di Atteone, l'amazzonomachia, Bellerofonte o il giardino delle Esperidi. Il suo aspetto fisico può rivestire le più varie forme intermedie tra l'umano e l'animalesco. Lo stesso si può dire per i rari bronzetti conservati, e per gli innumerevoli specchi greci ed etruschi sui quali appare, piccolo e subalterno, come compagno di Afrodite o di Dioniso. Nell'arte maggiore si è avuto, nel IV sec., un Pan di Prassitele (Anth. Pal., vi, 317), che non è possibile documentare; per contro è conservata in numerose repliche una statua di P. avvolto in una tunica, il cui prototipo deve risalire al IV sec.; Zeusi avrebbe dipinto un Pan (Plin., Nat. hist., xxxv, 62). Il dio compare particolarmente spesso sui rilievi votivi che si diffondono dalla fine del V sec. a. C. fino all'epoca romana in Attica e fuori dell'Attica, e soprattutto sui rilievi dedicati alle ninfe; anche in questo caso egli è generalmente una figura marginale, in scala minore, raffigurata in aspetti variabili: barbato o giovanile, con piedi umani o di caprone.
In epoca ellenistica aumentano le grandi raffigurazioni plastiche, accanto ai rilievi e ad altre opere dell'artigianato minore, tra le quali bisogna citare una statuetta in terracotta di Olimpia che rappresenta P. rivestito di una pelle di pantera. Oltre a statue singole, delle quali si sono conservati molteplici rifacimenti e copie nell'arte romana, sono noti il gruppo di P. che dà lezione di musica a Dafni, che si potrebbe far risalire ad Heliodoros (la copia migliore è a Napoli), il gruppo di Delo, che raffigura Afrodite in atto di minacciare il molesto P. con la pantofola, e il gruppo di P. che estrae una spina dal piede di un sileno (copia di Ostia).
Poche, sembra, erano le immagini di culto: una di esse è raffigurata su un dipinto della Casa degli Epigrammi a Pompei. Il gruppo di P. in lotta con Eros, conservato in innumerevoli mosaici e in una pittura parietale di Pompei, risale ad un originale pittorico ellenistico. Anche altre pitture parietali pompeiane, che raffigurano P. in scene dionisiache, possono riprodurre più o meno fedelmente modelli ellenistici; la più famosa di esse rappresenta il dio, dall'aspetto completamente umano, che suona con le ninfe. Nei mosaici - anch'essi per lo più di contenuto dionisiaco - si perde sempre più il rapporto con gli originali greci, e anche la rappresentazione di una "Panisca" femminile non sembra poter risalire ad un modello greco. Lo stesso si dica per i sarcofagi dionisiaci romani, sui quali P. appare molto spesso nel seguito di Dioniso; sui sarcofagi non mancano nemmeno scene in cui il dio ha una parte più autonoma: è nota la scena di P. punito dai satiri; quasi sconosciuta, invece, la scena in cui il dio è portato dagli eroti. Accanto a queste rappresentazioni appare, su rilievi e sarcofagi, in funzione più o meno puramente decorativa, la sola maschera di Pan. Sulle monete, P. appare dal V sec. a. C. fino al periodo imperiale, nella sua patria greca, ma soprattutto in Asia Minore, solo o nel seguito dionisiaco, in aspetto umano o per metà animalesco, spesso con gli arnesi da caccia e con un coniglio.
Monumenti considerati. - I monumenti del IV-V sec., compresi i vasi e i bronzetti minori, sono raffigurati in Marburger Jahrb. f. Kunstwissenschaft, xv, 1949-50, p. 5 ss., fig. 1-52; ivi anche il P. giovanile policleteo (fig. 39; cfr. anche Am. Journ. Arch., 1955, p. 19 ss. e Anderson, 2033), il P. ammantato (fig. 52), i rilievi votivi (fig. 44-46), uno specchio di bronzo (fig. 51). Vasi dei Cabiri: P. Wolters-G. Bruns, Das Kabirenheiligtum bei Theben, i, 1940, tav. xxvi e xxxii. Giudizio di Paride: H. Metzger, Les repr. dans la céramique att. du IVe s., tav. xxvii, 4. Morte di Atteone: P. Jacobsthal, Aktaions Tod, figg. 13 e 15. Amazzonomachia: Hydrìa di Leningrado inv. 6832. Bellerofonte: Jahrbuch, lxxi, 1956, p. 60, fig. 1; p. 71, fig. 14. Giardino delle Esperidi: H. Metzger, op. cit., tav. xiv. Specchi etruschi: E. Gerhard, Etruskische Spiegel, v, tavv. xlv-xlvi. Rilievo votivo: Annuario Atene, xxx-xxxii, 1952-54, p. 190, fig. 4. Terrecotte: Not. Scavi, 1946, p. 150 s.; F. Winter, Die Typen der figürlichen Terrakotten, iii, 1, p. 220 s.; iii, 2, p. 408. Olimpia: VI. Bericht über die Ausgrabungen in Olympia, 1958, tav. lxxxi. Statue singole: E. Paribeni, Cat. delle sculture di Cirene, tav. clix-clx. Pan e Dafni: Alinari, 11123. Gruppo con Afrodite, da Delo: A. Della Seta, Il nudo nell'arte, fig. 163. P. con il sileno, da Ostia: Not. Scavi, 1931, p. 524 s., fig. 7. Dipinto con immagine di culto: R. Herbig, op. cit., tav. xviii, 1. Lotta con Eros: le rappresentazioni sono riprodotte in Jahrbuch, lxx, 1955, p. 167 ss., fig. 11-18. Pitture pompeiane: con le ninfe: Anderson, 23443. Dioniso e Ariadne: Anderson, 23418. P. con la siringa: R. Herbig, op. cit., tav. xxxix, 1. Educazione di Dioniso: R. Herbig, op. cit., tav. xxviii, 1. Dioniso punisce P.: R. Herbig, op. cit., tav. xxxiv, 1. Mosaici: Africa Italiana, vi, 1935, p. 144, fig. 29-30; Arch. Anz., 1931, p. 539, fig. 24. Panisca: Alinari, 27720 (a Villa Albani). Sarcofagi: F. Matz, Ein romisches Meisterwerk, tav. E. P. portato dagli eroti: F. Matz, op. cit., tav. x, b. P. punito dai satiri: Latomus, xviii, 1959, p. 742 ss. Monete: M. Bernhart, in Jahrb. f. Numismatik u. Geldgeschichte, i, 1949, tav. vii-viii; K. Lange, Götter Griechenlands, tav. xlvi-xlvii; R. Herbig, op. cit., tav. xx (con il coniglio).
Bibl.: R. Herbig, Pan, der griechische Bocksgott, Francoforte s. M. 1949; F. Brommer, in Pauly-Wissowa, Suppl. VIII, 1956, p. 949 ss.; D. Tsontchev, in Revue Arch., 1958, I, p. 33 ss. e 1954, XLIV, p. 15 ss.; R. Hampe, in Gymnasium, LXVIII, 1961, p. 555 s.; K. Schauenburg, in Röm. Mitt., LXIX, 1962, p. 27 ss.