PAMPHILOS (Πάμϕιλος, Pamphĭlus)
1°. - Pittore greco di Amphipolis fiorito nel sec. IV a. C. allievo del caposcuola della pittura sicionia Eupompos. Dalle notizie relative al suo maestro ed ai suoi discepoli Pausias ed Apelle si può desumere che abbia lavorato all'incirca fra il 390 e il 340.
Di P. son ricordate nelle fonti scritte le seguenti opere: a) un gruppo di famiglia: è probabile che questa composizione si avvicini a quella nota dalle celebri stele funerarie attiche, dove sono raffigurati ad altorilievo gruppi di famiglia nella scena di commiato; b) la battaglia di Fliunte, nella quale gli Ateniesi e i Fliasi guidati da Carete vinsero i Sicioni (367 a. C.); c) Ulisse nella zattera: forse si era qui rappresentata una scena relativa al momento in cui Ulisse, lasciata Calipso, è sorpreso dalla tempesta, che lo getterà sul lido dei Feaci. Un lontano riflesso di questa composizione è conservato, probabilmente, nella decorazione d'una lucerna, nella quale è raffigurato a rilievo l'eroe disteso nella zattera e mirante al cielo, dove si vedono le teste di due Venti personificati. d) Di un quarto dipinto, gli Eraclidi, è discussa l'attribuzione a P., ma l'ipotesi più verosimile è che due siano stati i quadri di tal soggetto, menzionati dalla tradizione letteraria: il primo, opera di Apollodoros ateniese, ispirato dalla tragedia euripidea (circa il 427 a. C.); il secondo, opera di P., ricordato nel Ploutos di Aristofane (388 a. C.); gli Eraclidi erano rappresentati come supplici, a piè d'un altare, recanti rami d'ulivo e imploranti aiuto dal popolo ateniese. Analogamente a Policleto e come in genere gli altri pittori della scuola sicionia, che fondava l'arte sulla scienza, P. fu pure un teorico dell'arte, autore d'un libro Sulla pittura e i nobili pittori, da cui gli antichi citavano i dati culturali, ch'egli insegnava ai suoi allievi, cioè lettere, aritmetica, geometria, in un corso che durava dodici anni e costava un talento, pagabile a rate annuali. L'arte di P., dunque, scientifica in sommo grado, dovette comprendere ed agitare i complessi problemi di proporzioni, ottica e prospettiva, di cromatismo e d'ombra, che costituivano il patrimonio spirituale della scuola sicionia, custode del modo tradizionale d'intender la pittura, in antagonismo con la scuola attica che, rompendo la tradizione, veniva creando la pittura moderna. L'ideale artistico di P. dovette essere quello d'una bellezza solidamente costruita, nettamente definita e conclusa nell'individuo, non sfumata in visioni illusionistiche. Sembra che per primo egli dipingesse ad encausto (v.).
Bibl.: E. Pfuhl, Malerei und Zeichnung der Griechen, Monaco 1923, II, pp. 728-729, con bibl. precedente. Inoltre: F. von Lorentz, in Thieme-Becker, XXVI, 1932, p. 189 s., s. v.; S. Ferri, Plinio il Vecchio, Roma 1946, pp. 158-161; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, XVIII, 1949, c. 351-352, s. v.