Vedi PALMIRA dell'anno: 1963 - 1973 - 1996
PALMIRA (v. vol. ν, p. 900 e S 1970, p. 594)
La Direzione Generale delle Antichità e dei Musei di Siria ha condotto scavi e sondaggi nella zona del Tempio di Nebo. Tempio e santuario nella loro prima fase, risalente alla seconda metà del I sec. a.C., mostrano un'impronta orientale, analoga a quella del Tempio di Bel (tetto a copertura piana con merlatura, pseudo-timpano, torri a scale, ecc.). Un santuario con cortile centrale, riscoperto recentemente a S dell'agorà e al di là dello wādī, grazie a un'iscrizione si può identificare come il Tempio di Arsu ed è presumibilmente uno dei santuari delle quattro tribù di P.; esso risale comunque alla prima metà del I sec. d.C. Sul colonnato a O del Tetràpylon sono stati portati alla luce resti di edifici protoislamici con abitazioni e botteghe, costruiti sulla grande Via Colonnata e che documentano in maniera esemplare la continuità abitativa tra l'età tardoantica e il primo medioevo. Grazie a interventi di restauro nel colonnato, nel c.d. Tempio Funerario alla fine della Via Colonnata, nel Santuario di Nebo («altare») e specialmente grazie al restauro del teatro, oggi l'architettura monumentale della città è tornata a essere leggibile.
La missione polacca ha proseguito i propri scavi e ricerche all'interno del Campo di Diocleziano. In particolare è stato portato alla luce il Santuario di Atena-Allat, le cui fasi costruttive si possono seguire dalla fine del I sec. a.C. alla piena fioritura nel II sec. d.C., fino all'età di Diocleziano. L'architettura e l'apparato decorativo del tempio, ma anche le sculture pertinenti al santuario rivelano un'alta qualità. Gli esempi più spettacolari sono una colossale figura di leone con gazzella (inizio I sec. d.C.), che illustra la funzione di asilo del santuario, e la statua di marmo dedicata ad Atena-Allat (II sec. d.C.), rinvenuta nel tempio stesso, che rappresenta una libera variante di un prototipo greco classico.
L'edificio centrale del campo sono i principia («Santuario delle Insegne»). La nuova pubblicazione modifica le ricostruzioni precedenti e chiarisce che già nella sua prima fase edilizia l'impianto appartiene all'architettura militare dioclezianea e non rappresenta una ripresa di strutture palaziali anteriori, anche se con la riutilizzazione di materiali di spoglio più antichi. L'impianto dell'edificio è articolato sulla base di un piede romano di 29,75 cm, diverso quindi dal piede adottato come misura di base per i templi di Bel (27,25 cm) e Ba'alšamln (28,75 cm). Nella zona a S dell'accampamento è stato rinvenuto recentemente un horreum con macine per cereali, risalente ugualmente all'epoca di Diocleziano, e che si appoggia al muro della città, dioclezianeo anch'esso.
Menzione particolare merita la scoperta di un quartiere di vasai (con fornaci) nella zona della c.d. Agorà del Campo (probabilmente del II-III sec. d.C.). Immediatamente a O dei principia, al di fuori del campo, c'è il monumentale sepolcro di famiglia di 'Alaine, un ipogeo fondato nel 138 d.C., il cui ricco arredo di sculture venne però realizzato solamente all'inizio del III secolo. Nel quartiere occidentale della città è stata scavata una basilica paleocristiana con palazzo adiacente, entrambi abbandonati non prima dell'800 d.C. circa.
Una missione tedesco-siriana ha indagato i c.d. sepolcri-tempio. In particolare è stata riportata alla luce e restaurata parzialmente la tomba 36 della necropoli occidentale: si tratta della tomba della famiglia di Iulius Septimius Aurelius Vorodes, dell'inizio del III secolo. L'architettura dell'edificio e il suo ricco corredo di sculture mostrano uno stile ibrido romano-iranico che fa apparire l'architettura funeraria palmirena complessivamente sotto una nuova luce. Anche altre costruzioni funerarie di questo stesso tipo con le loro facciate a vista, da un lato rivelano chiaramente gli indirizzi figurativi del ceto superiore di P., orientati verso modelli occidentali, mentre dall'altro testimoniano una progressiva orientalizzazione della città a partire dall'età severiana.
Il riesame analitico dei materiali, che si sono notevolmente accresciuti, si è concentrato negli ultimi anni in vari settori: le edizioni del materiale epigrafico permettono di avere nuove informazioni sulla storia religiosa, sociale ed economica della città (sua ripartizione in quattro tribus, ognuna delle quali possedeva il proprio santuario; organizzazione del clero; nuova interpretazione della «tariffa doganale» palmirena, commercio carovaniero, ecc.). La revisione di singoli complessi architettonici e del loro arredo ha reso inoltre possibile la ricostruzione della cella del Tempio di Ba'alšamin. Studi sull'iconografia dei rilievi e dei sarcofagi palmireni permettono di avere oggi un'immagine più articolata del pantheon palmireno, nonché della società e dei rapporti stabiliti con altri ambiti culturali, specialmente con l'Occidente romano da un lato e con l'Oriente partico-sasanide dall'altro. Ricerche compiute sulle mura della città e sulle ancora esigue testimonianze dell'architettura civile hanno contribuito a chiarire questioni di carattere topografico e urbanistico. Anche la cronologia della grande Via Colonnata e delle costruzioni adiacenti si può ritenere oggi ampiamente accertata: la via fu iniziata a O nel I sec. d.C. e trovò il suo compimento architettonico in età severiana con il c.d. Arco monumentale e le costruzioni annesse a E. Ancora oggi rimane però ignoto l'impianto urbano di P. in età tardo-ellenistica. Tutti gli indizi (p.es. l'orientamento verso S delle entrate o degli accessi di tutti gli edifici posti a S del Colonnato, ma anche un sondaggio effettuato sulla collina a S dello wādī) confermano l'ipotesi che la città più antica fosse posta a S di quella romana, tra lo wādī e l'oasi.
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Per un'esposizione completa analitica, v. i contributi di diversi autori nelle seguenti raccolte: Studia Palmyreńskie/Études Palmyréniennes, V-VIII, Varsavia 1974-1985; Palmyre. Bilan et perspectives. Actes du Colloque de Strasbourg 1973, Strasburgo 1976; Palmyra. Geschichte, Kunst und Kultur der syrischen Oasenstadt (cat.), Linz 1987. - Inoltre: Α. Bounni, Un nouveau panorama de Palmyre, in AAS, XXI, 1971, p. 117 ss.; M. A. R. Colledge, The Art of Palmyra, Londra 1976; H. J. W. Drijvers, Palmyra, in ANRW, II, 8, 1978, p. 837 ss.; A. Böhme, W. Schottroff, Palmyrenische Grabreliefs (Liebieghaus Monographie, 4), Francoforte 1979; J. Teixidor, Un port romain du désert: Palmyre (Semitica, XXXIV), Parigi 1984; J. Starcky, M. Gawlikowski, Palmyre, Parigi 1985; E. Will, Les Palmyréniens, Parigi 1992.
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