OMICCIOLI, Palmina
OMICCIOLI, Palmina (Eleonora Rossi Drago). – Nacque il 23 settembre 1925 a Quinto al mare, piccolo borgo vicino a Genova, da Serafino, marchigiano, e Maria Luisa Demontis, spagnola.
Dopo aver conseguito un diploma alle magistrali, appassionata dell’arte del recitare, per breve tempo si esibì in una compagnia filodrammatica locale e nello stesso tempo esercitò il mestiere di figurinista in un atelier di moda, scelta talvolta come indossatrice per la sua eleganza naturale. Frequentando la scuola Eleonora Duse di Genova, ebbe la possibilità di un ruolo abbastanza soddisfacente in La ragione degli altri di Luigi Pirandello.
Nel 1942 sposò l’ufficiale di marina Cesare Rossi dal quale ebbe una figlia, Fiorella, e da cui si separò alla fine della guerra. Ebbe il primo contatto con la macchina da presa prendendo parte al documentario Quartiere genovese diretto nel 1946 da Giovanni Paolucci che, intravedendo in lei ottime possibilità interpretative, le consigliò di intraprendere la carriera artistica.
Dotata di una bellezza non comune, con la corona di Miss Liguria, nel 1947 si presentò con il nome di Eleonora Rossi Omiccioli al concorso di Miss Italia a Stresa, in cui sfilarono anche Lucia Bosè, Gianna Maria Canale, Gina Lollobrigida; si fece notare con il suo incedere elegante sulla passerella e fu selezionata per un eventuale primo posto e quindi probabile vincitrice, ma all’ultimo momento prima della proclamazione giunse la notizia che era sposata e madre e, quindi, per regolamento doveva essere esclusa. Fu dichiarata vincitrice Lucia Bosè. Delusa, ma determinata, Eleonora Rossi (rinunciò al suo vero cognome, Omiccioli), forte della sua fotogenia e della sua grazia da mannequin, venne contattata l’anno successivo da Giuseppe De Santis per un provino per il film Non c’è pace fra gli ulivi, ruolo poi assegnato a Lucia Bosè.
Nel 1949 fu scritturata per il ruolo di una popolana, sottoposta a tortura da un tirannico capo della polizia nella Napoli sotto il dominio borbonico, nel film I pirati di Capri, girato in doppia versione, inglese e italiana, per la regia di Edgar G. Ulmer e Giuseppe Maria Scotese; condivise il ruolo con Virginia Belmont (per la versione inglese).
All’inizio degli anni Cinquanta riuscì a ottenere due parti da prima attrice. In Altura di Mario Sequi, accanto a Massimo Girotti e Roldano Lupi, ambientato in un’arcaica Sardegna, è Grazia, fidanzata del protagonista. In Due sorelle amano di Jacopo Comin, doppiata da Rosetta Calavetta, è una ragazza della quale si innamora un inglese che ha un legame epistolare con la sorella maggiore.
Fu con Persiane chiuse (1951) di Luigi Comencini che la sua attività professionale prese quota, quando aggiunse «Drago»» al cognome Rossi considerato da lei stessa troppo banale. Dotata di esaltante fotogenia e di notevoli doti drammatiche, in breve fu considerata ‘la signora del cinema italiano’, con un solo handicap: quello di essere doppiata, pratica comune per molte attrici italiane dagli anni Cinquanta ai Settanta. In Persiane chiuse, in cui interpretò la parte di una borghese alla ricerca della sorella finita nel giro della prostituzione, ebbe la voce di Lydia Simoneschi.
Nel 1952 Comencini le offrì ancora un ruolo drammatico e intenso in La tratta delle bianche: doppiata da Rina Morelli, è una ragazza tenace che, partecipando a una maratona di ballo, una truffa tesa ad adescare ingenue fanciulle con promesse illusorie di fortuna, riesce a fermare l’illecito traffico a costo della propria vita.
Sempre nel 1952 in Sensualità, diretto da Clemente Fracassi, doppiata ancora da Lydia Simoneschi, è un’affascinante profuga istriana che, per mantenersi, accetta di lavorare in una fattoria di proprietà di due fratelli i quali, innamorati di lei, finiranno per litigare; pur nei suoi abiti sdruciti e logori, ottenne commenti positivi. Nel successivo La fiammata (1952) per la regia di Alessandro Blasetti, dal dramma omonimo di Henry Kistermaekers, impersonò una nobildonna accusata dell’omicidio del marito, accusa sventata con astuzia da lei stessa.
Certamente il film più indovinato del 1952, e la sua interpretazione più struggente, fu in Tre storie proibite, in cui Augusto Genina mise in scena il dramma del crollo di una scala di via Savoia a Roma che aveva coinvolto parecchie ragazze in cerca di lavoro. Rossi Drago fu la protagonista del terzo episodio, nella parte di una ragazza di ottima famiglia borghese, inquieta e insicura, che cerca di sottrarsi a una tossicodipendenza distruttiva e a un amore infelice.
Puro elemento decorativo fu la sua presenza nel film I sette dell’Orsa Maggiore (1952) di Duilio Coletti, ambientato a Gibilterra e nella baia di Alessandria durante la seconda guerra mondiale, in cui è la cantante di un cabaret, in realtà agente segreto in missione spionistica; in questo film ebbe la voce di Adriana De Roberto nella parte recitata e quella di Nilla Pizzi durante l’esecuzione della canzone Malasierra.
Dopo alcuni film importanti girati in Francia, Rossi Drago ottenne uno dei ruoli fra i più ambiti dalle attrici, soprattutto europee, quello di Ersilia Drei in Vestire gli ignudi (1954) diretto da Marcello Pagliero e ispirato al dramma di Pirandello: un personaggio problematico, insicuro, insoddisfatto, senza certezza alcuna di poter affrontare il futuro, interpretato con intensa partecipazione e sofferta introspezione psicologica personale. Anche in questo film fu doppiata da Rina Morelli.
Nel 1955 Michelangelo Antonioni la scelse per far parte di un quintetto di ottime attrici in Le amiche, insieme a Valentina Cortese, Madeleine Fischer, Anna Maria Pancani e Yvonne Furneaux. Fu uno dei ruoli fra i più importanti della sua carriera, quello della direttrice di un atelier di moda romano, chiamata a Torino come organizzatrice per l’apertura di una boutique, che sacrifica per interessi personali e ambizione, sentimenti e vita privata. Simile situazione nell’amato ambiente della moda, nel successivo Donne sole (1956) di Vittorio Sala, dove è una borghese che cerca di raggiungere un maggiore prestigio sociale. Nel dicembre dello stesso 1955 debuttò al teatro Eliseo di Roma in Zio Vania di Anton Čechov per la regia di Luchino Visconti che le affidò il bel ruolo di Elena Andreievna, affascinante seconda moglie di un professore non ben visto da Vania. In quel ruolo dimostrò doti non comuni di recitazione, elegantissima e disinvolta negli splendidi costumi di Piero Tosi, affiancata ad attori del calibro di Paolo Stoppa, Rina Morelli, Mario Pisu, ritrovando il partner dei suoi (quasi) primi esordi, il Marcello Mastroianni di Sensualità.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta, sempre più brava e più attenta professionalmente, affrontò ruoli di madre cosciente e matura. Nel 1956 fu una ragazza madre debole e disillusa nel discreto Suor Letizia di Mario Camerini e un’algida contessa, nei sontuosi abiti confezionati da Giulio Coltellacci, in Kean, genio e sregolatezza, di Vittorio Gassman. Subito dopo si concesse uno svago interpretando un film di puro divertimento, Vacanze d’inverno (1959) di Camillo Mastrocinque, in cui indossò i panni di una contessa in vacanza a Cortina d’Ampezzo, ossessionata dalla corte insistente e paranoica di un Alberto Sordi, impiegatuccio romano quanto mai invadente.
Il 1959 comunque le riservò il punto più alto della sua carriera: tre film uno più importante dell’altro, fra cui il suo più bello, una prova impegnativa da grande e sensibile attrice, Estate violenta per la regia di Valerio Zurlini: vi recitò la parte della vedova di un ufficiale, che a Riccione nell’estate del 1943 trascorre monotone giornate fra una madre tiranna e un gruppetto di ragazzi incoscienti e superficiali e si innamora perdutamente del figlio ventenne di un gerarca fascista; indimenticabile la sensuale scena di un ballo notturno al ritmo della struggente canzone Temptation di Nacio Herb Brown e Arhur Freed.Grazie a questa interpretazione misurata e perfetta, vinse il Nastro d’argento come migliore attrice, unico premio per una carriera prestigiosa.
Ancora nel 1959, si distinse per altre due interpretazioni di rilievo, in personaggi distanti anni luce l’uno dall’altro: in L’impiegato di Gianni Puccini una zelante manager con idee moderne rivoluzionarie di marketing in una modesta succursale romana di una società immobiliare; in Un maledetto imbroglio di Pietro Germi, tratto da un romanzo di Carlo Emilio Gadda, una benestante signora uccisa da un balordo per una manciata di gioielli. Nel primo film fu doppiata da Rina Morelli, nel secondo dall’amica Simoneschi.
Negli anni Sessanta, dopo qualche ruolo ben delineato, dovette piegarsi ad accettare parti poco inclini alla sua personalità e al suo talento: difficile capire le ragioni del disinteresse da parte del cinema italiano per una vera professionista, così lontana dai personaggi dei rotocalchi rosa.
In Tiro al piccione di Giuliano Montaldo (1961) è un’ausiliaria che nell’autunno del 1943 vive una breve storia d’amore con un militare disilluso, arruolatosi senza motivazioni nelle forze repubblichine di Salò, ancora un amore proibito tra una donna matura e un giovanotto debole e insicuro. In Anima nera di Roberto Rossellini (1962), tratto da un testo teatrale di Giuseppe Patroni Griffi, ebbe il ruolo secondario, anche se forte e deciso, della sorella di un omosessuale che si oppone al lascito di una cospicua eredità a un ex amante del fratello: un ruolo sottotono, interpretato con ottima professionalità ma con poca convinzione, pur doppiata da un’intensa Andreina Pagnani, in un film non molto apprezzato né dalla critica né dal pubblico.
Fu poi scritturata, anche se da protagonista, in filmetti pseudostorici o d’avventura e, soprattutto, in film a episodi, a cominciare da Il disco volante (1964) di Tinto Brass, accanto ad Alberto Sordi.
Nel biennio 1964-65, nel breve episodio L’ultima carta diretto da Mino Guerrini per il film L’idea fissa è una moglie apparentemente modello, in realtà infedele; in Il vedovo bianco di Gianni Puccini del film Amore facile si trova al centro di uno strano triangolo amoroso; ancora con Puccini in Il plenilunio, inserito in Io uccido, tu uccidi, è una fiera donna lupo; infine in Il colpo del leone di Guerrini episodio di Su e giù è un’avvenente e irrequieta signora borghese sedotta da un poco di buono. All’interno di questa serie di tentativi di rinverdire la commedia all’italiana, il migliore fu certamente Se permettete parliamo di donne, opera d’esordio alla regìa di Ettore Scola che affidò a Rossi Drago il breve ruolo, gradevole, ma nulla di più, di una sophisticated lady in cerca di emozioni sul piano sessuale.
Nella seconda metà dei Sessanta continuò ad accettare ruoli non all’altezza del suo temperamento: avrebbe potuto fare eccezione la parte della moglie di Lot (Gabriele Ferzetti) nel kolossal La Bibbia(1966) diretto da John Huston, ma nella sceneggiatura fu penalizzata da poche, insignificanti battute e inquadrature.
Negli anni Settanta – dopo Il dio chiamato Dorian di Massimo Dallamano dal romanzo di Oscar Wilde Il ritratto diDorian Gray, in cui ebbe pochissime battute e inquadrature, nelle vesti della solita nobildonna attratta dai modi ambigui e affettati del giovane londinese per fugaci incontri, e Nelle pieghe della carne di Sergio Bergonzelli, un maldestro thriller in cui interpretò una governante assassina – preferì ritirarsi dal cinema
Sporadica la sua presenza in televisione: apparve in sceneggiati come Padri e figli dal romanzo di Ivan Seergevič Turgenev per la regia di Guglielmo Morandi, trasmesso dal 20 dicembre 1958 al 19 gennaio 1959, nel ruolo di una nobildonna che non voleva sconvolgere la sua tranquilla esistenza, quindi fu la ricca Frances Lawrence, amata dal dottor Manson, in La cittadella dal romanzo di Archibald Joseph Cronin, diretto da Anton Giulio Majano, trasmesso dal febbraio al marzo 1964 con ottime critiche ed eccellente accettazione da parte del pubblico. In entrambi fu partner di Alberto Lupo. Ancora fu la regina Anna d’Austria nella miniserie francese D’Artagnan diretta da Claude Barma, ispirata alle avventure dei tre moschettieri di dumasiana memoria, apparendo in due episodi, Le ferrets (1969) e Le masque de fer (1970).
Sull’orlo di una brutta depressione ebbe la fortuna di incontrare un ingegnere siciliano, Domenico La Cavera, presidente di Confindustria Sicilia. Dopo essersi unita a lui in matrimonio, si trasferì a Palermo dove visse il resto della sua esistenza, nonna di Valerio, il nipotino nato dal matrimonio della figlia Fiorella.
Morì nel capoluogo siciliano il 2 dicembre 2007.
Altri film. 1951: L’ultima sentenza, di M. Bonnard; 1952: Verginità, di L. De Mitri; 1953: Schiavitù (L’Esclave), di Y. Ciampi; episodio Elizabeth - La vittima della guerra di M. Pagliero, in Destini di donne (Destinéés); 1954: Il caso Maurizius (L’affaire Mauritius), di J. Duvivier; 1955: Il prezzo della gloria, di A. Musu; 1957: Tutti posso uccidermi (Tous peuvent me tuer), di H. Decoin; Agli ordini del Re (La Tour, prends garde!), di G. Lampin; La strada lunga un anno (Cesta duga godinu dana), di G. De Santis; 1958: Dagli Appennini alle Ande di F. Quilici; La grana (Le fric), di M. Cloche; 1959: David e Golia, di R. Pottier - F. Baldi; 1960: La garçonnière, di G. De Santis; Sotto dieci bandiere, di D. Coletti; La mano rossa (Die rote Hand), di K. Meisel; Accordo finale (Schlusskkord) di W. Liebeneiner; 1961: Caccia all’uomo, di R. Freda; Rosmunda e Alboino, di C. Campogalliani; 1962: I don Giovanni della Costa Azzurra, di V. Sala; Ipnosi, di E. Martin; L’amore a vent’anni (episodio italiano di R. Rossellini); Il terrore di notte (Der Teppich des Granens), di H. Reinl; 1963: Tempesta su Ceylon (Das Todesauge von Ceylon), di G. Oswald - G. Roccardi; Wounds of hunger, di G. Sherman (inedito in Italia); 1964: Il treno del sabato, di V. Sala; 1965: Assassinio made in Italy / Il segreto del vestito rosso, di S. Amadio; La capanna dello zio Tom (Onkel Toms Hütte), di G. von Radványi; Il delitto di Anna Sandoval (El diablo también llora), di J.A. Nieves Condé; 1966: Mano di velluto, di E. Fecchi; 1967: El ultimo sabado, di P. Balaña (inedito in Italia); 1968: L’età del malessere, di G. Biagetti; 1969: Gli angeli del 2000, di H. Ranieri; Camille 2000, di R. Metzger.
Fonti e Bibl.: R. Renzi, Elogio della donna vestita, in Cinema Nuovo, n. 78, marzo 1956; C.A. Peano, Filmlexicon degli autori e delle opere, Roma 1961, pp. 1595-1597; C. Biarese, in Cinema & Film, VII, Roma 1988, p. 1989; E. Lancia - S. Masi, Stelle d’Italia, Roma 1989, pp. 99 s.; R. Chiti et al., Le attrici, Dizionario del Cinema Italiano, Roma1999, pp. 203 s.