PALINSESTO
. La parola palinsesto, dal greco παλίμψηστος "raschiato di nuovo", è quella (del resto meno esatta del vocabolo lat. re-scriptus) con la quale Plutarco indica un manoscritto da cui è stata cancellata la scrittura per scrivervi un nuovo testo. All'epoca di Plutarco questa espressione si applicava certo soprattutto al papiro; ma la si adopera per lo più per la pergamena (e, per estensione, per altre materie scrittorie, come la pietra, il metallo e anche la terracotta). Ragione principale di quest'uso fu verosimilmente il giudizio sull'inutilità di certi testi, perché superati o guasti. In un primo periodo avranno avuto il loro peso anche ragioni economiche, dato il caro prezzo del papiro prima, e poi della pergamena, per tutta l'antichità e il Medioevo. I fogli che si raschiavano per scrivervi di nuovo, provenivano quasi sempre da vecchi manoscritti, già incompleti da quell'epoca. Non è dunque sempre giustificata l'accusa di vandalismo mossa agli autori dei palinsesti.
Sino dalla fine del sec. XVII i paleografi conoscevano i palinsesti e cercavano di decifrarne la scriptura anterior. Già nel 1708, nella sua Palaeographia graeca, B. de Montfaucon riproduceva in facsimile un passo del Codex Ephraemi rescriptus (Parigi, Bibl. Nat., ms. gr. 9; v. bibbia, VI, pp. 889-90), scoperto da J. Boivin. Poco dopo Scipione Maffei studiava con ardore i palinsesti della Biblioteca capitolare di Verona. Ma la vera e propria era dei palinsesti fu inaugurata verso il 1815 da Angelo Mai, che tanto all'Ambrosiana quanto alla Vaticana decifrò un numero considerevole di palinsesti racchiudenti testi smarriti di grandi autori classici: il trattato De republica di Cicerone, la corrispondenza di Frontone e di Marco Aurelio, frammenti di discorsi ignoti di Cicerone, testi importanti di diritto romano anteriori a Giustiniano. Nella stessa epoca il tedesco B. G. Niebuhr ritrovava in un palinsesto di Verona le Institutiones di Gaio, così importanti per la conoscenza del diritto romano.
Dopo di allora palinsesti sono stati scoperti in quasi tutte le biblioteche d'Europa e anche dell'Oriente. I manoscritti siriaci trasportati dal deserto di Nitria al British Museum contenevano, p. es., un importante testo omerico e lo storico romano smarrito Granio Liciniano. Due signore inglesi, A. Lewis-Smith e M. D. Gibson, hanno scoperto al Sinai nel 1892 un grande palinsesto siriaco della Bibbia, e altri testi importanti.
Tutti questi palinsesti, veramente preziosi, ci sono giunti in manoscritti dei secoli IV, V e VI, riscritti specialmente nei secoli VIII-XII. L'uso continuò sino al sec. XV, p. es. in Italia, ma i testi raschiati sono in genere di nessuna importanza.
Fu rilevato molto presto che l'occhio umano non bastava al deciframento dei palinsesti, e si tentò di adoperare reagenti chimici, spesso con risultati disastrosi per i fogli così trattati. Dopo la noce di galla e la "tintura giobertina" (ferrocianuro di potassio) si consigliò il solfuro di ammonio. Ma la scoperta della fotografia fece compiere nuovi progressi all'opera di decifrazione. Sino dal 1867 Léopold Delisle, fotografando un palinsesto parigino dell'Itinerarium Antonini, mostrava come la lastra fosse assai più sensibile della retina. Ai nostri giorni l'uso dei raggi infrarossi ha dato risultati ancora più soddisfacenti; questi processi hanno il grande vantaggio di non far subire alcun rischio ai manoscritti, mentre tanti volumi hanno sofferto per l'uso dei reagenti chimici.
Tra i grandi decifratori di palinsesti occorre citare, accanto al Mai e al Niebuhr, gl'italiani Amedeo Peyron, C. Baudi di Vesme e A. M. Ceriani; W. Studemund, lo stesso Th. Mommsen e, in tempi più recenti, Alban Dold e altri monaci dell'Abbazia di Beuron (1917 segg.). Molti tra i più celebri palinsesti provengono dalla Biblioteca bobbiense di S. Colombano, i cui resti sono oggi dispersi fra le biblioteche universitarie di Torino, Napoli, l'Ambrosiana, la Vaticana, e quella di Wolfenbüttel.
Bibl.: Sulla bibliografia dei palinsesti esiste il solo catalogo dei principali palinsesti latini, a cura di E. Châtelain, in Annuaire de l'École des hautes études, Parigi 1903. V. inoltre: A. W. von Schröter, in Hermes, XXIV (1824), pp. 318-384, e XXV (1826), pp. 271-388; L. Ferrario, Memorie intorno ai palinsesti, Milano 1853; F. Mone, De libris palimpsestis, Karlsruhe 1855; W. Wattenbach, Das Schriftwesen im Mittelalter, 3ª ed., Lipsia 1896, pp. 299-317; V. Gardthausen, Griechische Palaeographie, 2ª ed., I, ivi 1911, p. 103 segg.; E. M. Thompson, Greek and Latin Palaeography, Oxford 1912, p. 64 segg.; E. Casanova, Archivistica, 2ª ed., Siena 1928, p. 107 segg.; G. Mercati, introd. all'ed. del Cod. Vat. Lat. 5757 (Codices e Vaticanis selecti, XXIII), Roma 1934.