palindromi
Il palindromo è una sequenza di lettere o di sillabe che possa essere letta anche in senso retrogrado dando come esito o la sequenza di partenza o un’altra sequenza pure dotata di senso. Al principio della lettura retrograda sono legati diffusi simbolismi antichi e moderni.
Conosciuto sin dall’antichità, il palindromo è una forma legata alla memoria delle unità linguistiche: il suo sviluppo si è determinato con la diffusione della scrittura. La prima codificazione del palindromo, attribuita al poeta ellenistico Sotade, era di tipo metrico: nei versi palindromici o sotadei la successione di accenti lunghi e brevi risulta reversibile.
I primi palindromi letterali (in cui cioè la lettura retrograda procede lettera per lettera) furono trascritti nel medioevo: si tratta di frasi come In girum imus nocte et consumimur igni o Roma subito motibus amor, a cui spesso venivano attribuite connotazioni mistiche o ascendenze diaboliche. Più antica la credenza che il palindromo (o più esattamente il bifronte) amor fosse il nome segreto di Roma. Già al I secolo d.C. sembra di poter far risalire la prima iscrizione del «quadrato magico» Sator Arepo Tenet Opera Rotas: una frase palindromica, di significato e origine non perfettamente perspicui, che nella sua proiezione bidimensionale consente non due ma quattro letture.
Tutta la poesia figurata, da Rabano Mauro a Guillaume Apollinaire e oltre, si avvantaggia della molteplicità di direzioni di lettura di cui il palindromo costituisce la realizzazione essenziale.
Considerato nel medioevo come esercitazione tecnica e metrica, il palindromo continuò a conservare qualche connotazione mistica e cabalistica sino a tutto il manierismo, per poi caratterizzarsi sempre più come puro gioco letterario, e in seguito come gioco puramente linguistico. In questa veste, nel corso dell’Ottocento, anche il palindromo confluì – dopo la sciarada, e assieme alla maggior parte delle forme di combinatoria alfabetica – sulle pagine delle prime pubblicazioni di ➔ enigmistica. Un caso singolare fu quello di Arrigo Boito che nel suo Mefistofele fa parlare il diavolo in forma palindromica e che nei suoi epistolari aggiungeva frasi palindromiche («A Milano, non a Lima») per il divertimento dei suoi corrispondenti.
Al campo del palindromo letterale afferiscono due giochi distinti: la ricerca di parole palindromiche e la costruzione di unità palindromiche.
Leggendo al contrario, lettera per lettera, una parola si possono ottenere tre risultati:
(a) una sequenza di lettere che non porta a una parola esistente (esso → osse);
(b) una sequenza di lettere che corrisponde a una parola esistente (asso → ossa);
(c) una sequenza di lettere che corrisponde alla parola di partenza (osso → osso).
Il caso (a) non è interessante per l’enigmistica, ma è un gioco che è stato praticato in altri ambiti, ricevendo da Giampaolo Dossena (2004) la denominazione di «pseudobifronte». Il caso (b) e il caso (c) vengono entrambi denominati palindromo dai vocabolari. In enigmistica, dal 1932 si è convenuto di riservare il nome palindromo al solo caso (c) (identità delle letture diretta e retrograda) e di denominare bifronte il caso (b): questa distinzione non sempre è accolta dai dizionari non specializzati.
La ricerca di parole palindromiche e bifrontali si è definitivamente esaurita con l’introduzione di dizionari su CD-Rom e motori di ricerca intraverbale, capaci di dare l’elenco completo di tutte le combinazioni presenti nel lessico italiano. I casi già trovati in precedenza ne sono risultati confermati. Le parole palindromiche italiane sono in tutto un centinaio (il numero preciso è funzione delle restrizioni che si adottano sul corpus). Fra questi, i lemmi palindromici più lunghi nel dizionario hanno sette lettere (anilina, ossesso, ottetto; ammettendo i plurali: ingegni); considerando anche i termini arcaici si arriva a otto lettere (ereggere), mentre considerando le flessioni verbali si raggiungono le otto (avallava, ovattava) e anche le nove lettere (onorarono).
Fuori dai canoni enigmistici è il gioco della costruzione di parole palindromiche artificiose, a partire da formanti codificati (eruttaiatture, otturarutto, accavallavacca; Bartezzaghi 1992). Le coppie di parole bifrontali sono all’incirca il doppio dei palindromi. Anche in questo caso, prendendo in considerazione solo termini in forma di lemma lessicale, il record è posto alla quota di sette lettere (acetone / enoteca), mentre si arriva solo a otto lettere allargando il campo alle forme flesse (allenerà / arenella; issarono / onorassi).
Questi dati sono integrati dalle rare combinazioni nuove di palindromi e bifronti dovute all’introduzione di neologismi o all’emergere alla fama di nomi propri che si prestino al gioco.
Per allargare il campo dei palindromi e dei bifronti, reso angusto dalla prevalenza di termini che cominciano per consonante e finiscono per vocale, gli enigmisti italiani hanno individuato forme parziali di lettura retrograda, denominate antipodi (plurale di antipodo).
Nell’antipodo diretto la lettura retrograda esclude la prima lettera (b-itartrati, antipodo palindromo diretto; b-attello / b-olletta, antipodo bifronte diretto); nell’antipodo inverso, la lettura retrograda esclude l’ultima lettera: (tartrat-o , antipodo palindromo inverso; taliped-i / d-epilati, antipodo bifronte inverso).
Le parole italiane che si prestano ai giochi di antipodo si contano in migliaia, con un ordine di grandezza superiore di dieci volte a quello dei palindromi e bifronti puri.
Il passaggio dalle parole singole a quelle congiunte corrisponde al passaggio dal rinvenimento all’invenzione, dal gioco di ricerca al gioco di costruzione.
La forma più semplice di costruzione di frasi palindromiche consiste nell’affiancare due termini fra loro bifronti, che possono essere connessi sintatticamente e semanticamente. Infatti due parole bifrontali, come ave e Eva o arco e ocra, formano invariabilmente una sequenza palindromica: Ave, Eva; arco ocra. Altre frasi palindromiche relativamente semplici sono quelle in cui una parola ne genera due, in connessione sintattica corretta: inerti / i treni, che diventa i treni inerti.
Sino a questo livello l’autore di palindromi è ancora sostanzialmente in una fase di rinvenimento. Dove incomincia la costruzione è quando una promettente chiave bifrontale richiede aggiustamenti sintattici. Italia si rovescia in ai lati; si ottiene una frase palindromica con l’aggiunzione di una preposizione: ai lati d’Italia. Trattandosi dell’aggiunzione di una sola lettera, la d apostrofata, che capita proprio al centro della sequenza, questa lettera non avrà bisogno di un corrispettivo nella sequenza. Tutti i palindromi composti da un numero dispari di lettere hanno infatti un centro, detto anche ombelico del palindromo, che non ha bisogno di avere un raddoppiamento per partecipare alla sequenza reversibile. In palindromi a lettere pari, l’ombelico è vuoto: i treni (-) inerti; nei palindromi dispari, l’ombelico ospita una e una sola lettera: ing(E)gni; ai lati (D’) Italia. La costruzione di una frase palindromica prevede due procedimenti distinti, eventualmente combinabili l’uno all’altro:
(a) partendo da una chiave bifrontale, come amor / Roma, e trasformandola in una frase palindromica molto semplice, amo Roma, si può poi integrare il palindromo in modo centripeto, aggiungendo sequenze palindrome attorno al suo ombelico: amo Re e Roma; amo Rai a Roma; amori di Roma; amorale è la Roma; amo ridere di Roma; a Roma fottuta tutto fa Roma (palindromo di Primo Levi); per i Romani sopportò troppo, sin a morire (antipodo palindromo diretto, di Giuseppe Varaldo: è una definizione di Attilio Regolo);
(b) il procedimento inverso consiste nel prolungare il palindromo sulle sue ali, lasciando la chiave iniziale come nucleo attorno all’ombelico: amo Roma; ai latini, amore è Roma in Italia.
L’autore di palindromi monta chiavi e lettere di riempitivo, potendo esplorare diverse possibilità: sorella all’Eros; è sorella alle rose; all’eros, a lazzi, aizza la sorella; all’eros nocivo umile li muovi, consorella. Il risultato diventa più apprezzabile con l’aggiunta di un titolo che stabilisce un’interpretazione di lettura:
(1) Thanatos: Sorella all’Eros
(2) Tea: È sorella alle rose
(3) Fratello incestuoso: All’eros, a lazzi, aizza la sorella
(4) Provocazione inconsapevole: All’eros nocivo umile li muovi, consorella.
Viene istintivo attribuire meriti speciali ai palindromi molto lunghi: spesso vengono così celebrati tour de force come il palindromo francese in oltre cinquemila lettere composto dallo scrittore Georges Perec, o quello in oltre quattromila lettere composto dal suo emulo italiano Giuseppe Varaldo. In realtà tali esercizi, certo laboriosi e virtuosistici, sono possibili solo a patto di forzature sintattiche e semantiche che li rendono pressoché illeggibili come testi; come palindromi, inoltre, la cospicua estensione dell’enunciato non lascia cogliere all’occhio del lettore il procedimento in sé.
Il formato ideale del palindromo è la frase, o il verso (i topi non avevano nipoti), sino al limite del doppio decasillabo, stabilito da Primo Levi con: eroina motore in Italia / ai Latini erotomani or è.
Virtuosistico, esteso e nel contempo pienamente apprezzabile risulta il genere introdotto da Anacleto Bendazzi, con Cesare Strazza e Giuseppe Varaldo il massimo palindromista italiano del Novecento. Consiste in un componimento in cui ogni verso è un palindromo autonomo:
Adenoidi: Dio ne dà.
Esse
o noia paiono
o lo sono; solo,
ivi
(è verità?) poco patire v’è.
Or e poi io però
or e poi ... Vi opero!
(Anacleto Bendazzi, Bizzarrie letterarie, Ravenna, Seminario di Ravenna, 1951).
Il palindromo letterale, in cui la lettura retrograda avviene lettera per lettera, è il formato predominante nei giochi di reversibilità.
In enigmistica hanno avuto corso anche palindromi e bifronti sillabici, in cui la lettura retrocede sillaba per sillaba: comico (palindromo sillabico); conici / cinico (bifronte sillabico). Questo gioco va incontro agli inconvenienti dovuti alla mai troppo stabile definizione di sillaba: per fare un esempio, a differenza di quello letterale il bifronte sillabico non è più un gioco a corrispondenza biunivoca.
Il bifronte letterale di ai lati è Italia, e viceversa. Il bifronte sillabico di alitai è Italia, ma l’operazione non è applicabile al contrario (consentendo Italia solo lo pseudobifronte *liatai).
In campo letterario, oltre al palindromo prosodico dei ‘versi sotadei’, si sono avuti palindromi lessicali, come nelle composizioni cancrine, che cambiano significato se ogni verso viene letto da destra verso sinistra, parola per parola. Ancor più raramente si sono dati giochi in cui uno scritto inverte il suo significato se viene letto dal basso verso l’alto, riga per riga.
➔ Italo Calvino, infine, aveva progettato un palindromo di funzioni narrative, in cui il racconto della vicenda dell’Amleto shakespeariano doveva procedere a ritroso dalla morte del protagonista al suo incontro con lo spettro del padre (Hamlet en palindrome).
Bartezzaghi, Stefano (1992), Accavallavacca. Inventario di parole da gioco, Milano, Bompiani.
Bartezzaghi, Stefano (2004), Incontri con la Sfinge. Nuove lezioni di enigmistica, Torino, Einaudi.
Calvino, Italo (1994), Poesie e invenzioni oulipiennes, in Id., Romanzi e racconti, a cura di M. Barenghi & B. Falcetto, Milano, Mondadori, 1991-1994, 3 voll., vol. 3º (Racconti sparsi e altri scritti d’invenzione), pp. 1239-1245.
Dossena, Giampaolo (2004), Il dado e l’alfabeto. Nuovo dizionario dei giochi con le parole, Bologna, Zanichelli.