PALEONTOLOGIA (vol. XXVI, pag. 50)
Come per altre discipline scientifiche, lo sviluppo recente della p. ha portato al rapido incremento di particolari settori, alcuni dei quali hanno assunto, o stanno per assumere, rango di discipline autonome. Così, accanto alla p. animale, o paleozoologia nella quale si distinguono una p. generale e una p. degl'invertebrati, microfossili esclusi, sono sorte la p. dei Vertebrati, la paleobotanica (o p. vegetale, o fitopaleontologia), la micropaleontologia e la palinologia. Ha anche assunto rango di disciplina autonoma la paleoecologia che, benché basata essenzialmente su dati paleontologici, utilizza però in maniera notevole anche quanto risulta da altre discipline geologiche, e soprattutto dalla sedimentologia.
A questo rapido sviluppo ha contribuito in gran parte (fin dal 1918) la richiesta di numerose e rapide determinazioni stratigrafiche resesi necessarie per le esigenze della ricerca petrolifera. Benché in un primo tempo ciò abbia prodotto, come effetto, un accresciuto interesse solo per lo studio dei Foraminiferi e dei microfossili in genere, come riflesso si è verificato, subito dopo, un generale sviluppo della ricerca paleontologica, anche solamente teorica. Il numero dei paleontologi, un tempo operanti solo presso università o musei, si è enormemente accresciuto; ciò ha permesso una più accentrata specializzazione del lavoro individuale, il diffondersi del metodo di lavoro in collaborazione, e un tangibile aumento delle conoscenze, specialmente per alcuni taxa in cui si partiva da nulla o da ben poco; lo studio delle spore e dei pollini (palinologia), delle impronte e tracce (palicnologia), dei Chitinozoari, del nannoplancton, dei microforaminiferi, degli Ostracodi, dei Conodonti e dei Graptoliti ha raggiunto ritmi elevatissimi rispetto a quelli di qualche decennio fa. Anche le associazioni paleontologiche si sono moltiplicate e alcune di esse hanno assunto notevole rilevanza scientifica, accanto a quelle preesistenti. Ognuna di queste associazioni cura la stampa di pregevoli periodici, accanto ai quali vanno ricordate antiche e prestigiose riviste.
Indice molto evidente del progresso recente in campo paleontologico è anche l'accresciuto numero dei trattati. Mentre, fino a qualche decennio fa, l'unica opera che faceva testo in questo campo era Grundzüge der Paläontologie di K. A. Zittel, con le sue ripetute edizioni tedesche e, alla fine, anche inglesi, gli anni recenti hanno visto la comparsa di due grandi trattati a redazione collegiale, diretti rispettivamente da J. Piveteau e da R. C. Moore. Ancora più significativa, legata alle sopravvenute maggiori disponibilità finanziarie e tale da influire sulle metodologie di ricerca, è stata la realizzazione di alcuni grandi cataloghi a schede, in continuo aggiornamento, divenuti indispensabile strumento di lavoro per i ricercatori operanti su determinati gruppi di organismi.
Notevole è stata l'influenza dello sviluppo di nuove tecniche. Un'enorme quantità di dati stratigrafici, sistematici e popolazionistici sono affluiti ai laboratori di ricerca micropaleontologica grazie alle perforazioni per ricerche petrolifere eseguite un po' ovunque, sulla terraferma e sulla piattaforma continentale. Subito dopo si puiò ricordare il notevole impulso che, nello scorso decennio, è stato dato alle campagne oceanografiche, mediante prelevamento di campioni dapprima con carotaggio a pistone, poi con vere e proprie perforazioni.
La microscopia elettronica, e in particolare quella a scansione a luce riflessa, hanno consentito di affrontare lo studio dei fossili a ingrandimenti prima irraggiungibili; ne hanno tratto vantaggio in particolare le conoscenze sulla struttura degli scheletri e sulla morfologia specialmente dei microfossili (con progressi sensibili nella sistematica dei Foraminiferi planctonici e nelle ricerche sui fossili precambriani). Quasi totalmente nuovi i risultati conseguiti nella quantificazione dei dati, in particolare di quelli relativi alla morfologia, alla filogenesi, e alla paleoecologia. L'applicazione dell'analisi statistica multivariata automatizzata ha consentito la comparazione, prima praticamente non affrontabile, di enormi quantità di notizie. In diversi gruppi di fossili sono stati così effettuati studi popolazionistici utili per indagare problemi di morfologia funzionale, per delimitare entità sistematiche, per seguire eventi filogenetici o, in paleoecologia, per stabilire l'incidenza di singoli fattori ambientali sui diversi taxa e sul loro sviluppo ontogenetico e filogenetico. Grazie alle datazioni radiometriche si è potuto disporre di più precise localizzazioni di fossili rinvenuti in regioni distanti e non correlabili, come quelli archeozoici, mentre i metodi isotopici hanno permesso diverse applicazioni fra cui, particolarmente promettenti, quelle utili per ricostruire i ritmi di accrescimento, le paleotemperature, o determinate caratteristiche paleoastronomiche.
Anche nel campo, più modesto, delle tecniche correnti di laboratorio, alcuni ritrovati o perfezionamenti sono stati fertili d'importanti risultati: così per i metodi di attacco con acido fluoridrico o acido acetico, con i quali è stato possibile separare, in condizioni di conservazione ottimali, quantità notevoli di Chitinozoari, Conodonti e Graptoliti da rocce silicee del Paleozoico e di talli di Dasicladacee da rocce dolomitiche mesozoiche. Meno rilevanti, ma tuttavia decisive in campi particolari, altre tecniche, fra cui basti ricordare quella dei peels (pellicole di acetato di cellulosa conservanti in microrilievo tutti i caratteri morfologici della sezione lucida di un fossile), utile specialmente quando, per ricostruire strutture interne, occorre eseguire sezioni successive; qualche vantaggio ha portato anche la diffusione dell'uso delle resine poliviniliche, sia come materiale di consolidamento, sia per ottenere fini e dettagliati modelli di cavità interne.
La maggior facilità di comunicazioni caratteristica dei tempi moderni non è stata un fattore trascurabile nel progresso di una disciplina come la p., strettamente legata alle ricerche sul terreno. Mentre nel primo quarto del secolo attuale si potevano considerare sufficientemente esplorate dal punto di vista paleontologico solo l'Europa e l'America Settentrionale attualmente possediamo materiali e informazioni di validità paragonabile per vaste regioni del Sudamerica, della Siberia, dell'Africa e dell'Australia. A titolo di esempio si può ricordare che, in questo periodo di tempo, i preziosi giacimenti a Rettili cretacei e Mammiferi paleocenici della Mongolia sono stati esplorati da quattro esplorazioni statunitensi (1922-30), tre sovietiche (1946-49) e una polacca (1963-65).
La possibilità di viaggi ed esplorazioni speditive ha, d'altro canto, consentito ai paleontologi, spesso riuniti in convegni di specialisti, di visitare e comparare località, anche molto lontane, tipiche per i loro fossili e per il significato stratigrafico di essi. Ciò si è tradotto anche, nel campo della p. stratigrafica, in un rapido e continuo progresso delle zonazioni floristiche e faunistiche.
Per la p. sistematica, le maggiori facilità di scambio di esemplari e di visita alle collezioni sono state, accanto alla già ricordata pubblicazione di molti cataloghi su scheda, di decisiva importanza; da più parti sono state avanzate proposte e avviati esperimenti per una razionale computerizzazione dei materiali delle collezioni ed è da ritenere che in questo campo si giungerà a realizzazioni standardizzate in un prossimo futuro.
Per quanto riguarda i diversi phyla, fra le scoperte recenti di maggior rilievo si devono ricordare quelle che riguardano i Graptoliti, i Celacantidi, i Monoplacofori, e l'evoluzione della biosfera nell'Archeozoico. Enormemente accresciute sono oggi anche le conoscenze di particolari organi o gruppi sistematici: spore e sporomorfi, pollini, Tintinnidi (scoperti fossili negli anni Trenta), Chitinozoari (resti di dubbia interpretazione, caratteristici del Paleozoico inferiore, scoperti nel 1931), nannoplancton, Foraminiferi, Conodonti, Ostracodi, Pesci paleozoici, Rettili, Mammiferi, nonché i cosiddetti trace fossils (ital. "fossili guida").
In altri phyla, già in precedenza ben conosciuti, è stata di vantaggio una più chiara formulazione del concetto di biospecie e cronospecie. Ricche di conseguenze, nel caso degli Ammoniti, l'individuazione del dimorfismo sessuale e, per gli organismi pelagici in genere, l'enunciazione del concetto di superficie di compensazione, cioè di quel livello batimetrico in corrispondenza al quale si verifica la dissoluzione totale degli scheletri degli organismi planctonici in via di sedimentazione. Molto utili sono state le migliori conoscenze dei rapporti tra organismi e ambiente (faune oligotipiche, nane e pseudonane) o dei diversi organismi tra di loro; inoltre, si è cominciato a far maggior conto, nella valutazione delle associazioni faunistiche, di fenomeni come quello della condensazione delle faune per assenza di deposito o per azioni di erosione o soluzione sottomarine, quello del trasporto e della risedimentazione post mortem, o quello del rimaneggiamento.
I risultati più importanti sono i seguenti:
Graptoliti. - Questi organismi esclusivamente fossili, abbondantemente rappresentati nei terreni cambriani, ordoviciani e siluriani, ben studiati anche in precedenza per la loro importanza stratigrafica, erano, fino al 1938, avvicinati ai Celenterati Sifonofori. In quell'anno il polacco R. Kozłowski, grazie ad alcuni fortunati preparati ottenuti mediante attacco con acido fluoridrico, poteva dimostrare che si tratta invece di Emicordati (Stomocordati) strettamente affini agli Pterobranchi: cin̄ per la struttura dello scheletro, per la sua composizione proteinica e per la caratteristica riproduzione per gemmazione degli zooidi. La successiva scoperta, in terreni di varia etމ e fino a ordoviciani, di rari rappresentanti fossili dei due ordini attuali degli Pterobranchi (Rabdopleuridi e Cefalodiscidi) ha portato un'ulteriore conferma a questa attribuzione.
Celacantidi. - Dalle profondità abissali dell'Oceano Indiano, al largo delle coste sudafricane, veniva pescato, nel 1938, un rappresentante di quest'ordine di Pesci Coanati che si riteneva estinto con il Cretaceo. Altri esemplari, tutti attribuiti alla stessa specie del nuovo genere Latimeria, sono stati ricuperati in seguito dalle medesime acque. La possibilità di trovare ancora viventi in habitat relitti forme da tempo scomparse, l'interessante possibilità di poter analizzare l'anatomia di un phylum fra i più importanti perché da esso si ritiene abbiano tratto origine gli Anfibi, primi Vertebrati subaerei, il mutato habitat di Latimeria rispetto agli altri Celacantidi i cui rappresentanti fossili sono essenzialmente abitatori di acque dolci continentali, ha dato alla scoperta particolare notorietà e validità scientifica (v. App. III, 1, p. 339).
Monoplacofori. - Di questi Molluschi erano conosciuti solo rappresentanti fossili del Paleozoico inferiore e medio, abitatori di acque marine epicontinentali; di difficile interpretazione, essi sono stati da taluni assegnati a Gasteropodi patelliformi o a Cefalopodi, da altri ritenuti forme primitive da tenere distinte come appartenenti a una nuova classe e da considerare come probabili antenati dei Gasteropodi e forse di tutti i Molluschi. Nel 1952, al largo della costa pacifica dell'America Centrale, nel corso di una spedizione oceanografica danese, venivano dragati, alla profondità di 3500 m (successivamente, al largo della costa peruviana, anche da profondità fino a 6000 m), esemplari di un Mollusco primitivo con simmetria bilaterale primaria; illustrato nel 1957 da H. Lemche col nome di Neopilina e riconosciuto come appartenente alla stessa, discussa, classe dei Molluschi paleozoici prima ricordati, questo reperto risolveva in via definitiva un importante problema tassonomico e filogenetico (v. App. III, 11, p. 153).
Sviluppo della biosfera nell'Archeozoico. - Le ricerche più recenti hanno dimostrato che molti dei supposti fossili dell'Archeozoico erano in realtà prodotti da fenomeni inorganici. Contemporaneamente, però, veniva scoperta in Australia, nell'Archeozoico più recente (tra 680 e 574 m s. m.) il giacimento di Ediacara (Adelaide), contenente la prima ricca associazione biologica precambriana; in essa, accanto ad Alghe, compaiono animali, anche sistematicamente evoluti, direttamente attribuibili, o perlomeno molto simili, a Celenterati, Anellidi, Artropodi, e forse anche Echinodermi. Ancor più rilevante, in questo campo, è stato il successo realizzato con lo studio microscopico, talora previa preparazione con acido fluoridrico, di, selci archeozoiche di varie località nordamericane, sudafricane e australiane. Dopo una prima scoperta (Tyler & Barghoorn, 1954) di microfossili vegetali ben conservati nella Gunflint Iron Formation dell'Ontario, sono state intensificate le ricerche che hanno portato a una serie di sensazionali scoperte. Le prime manifestazioni della vita comprendono i cosiddetti Procarioti, con strutture cellulari prive di nucleo. I più antichi sono sferici (Cianoficee unicellulari o Funghi cocchiformi) e provengono dalla Onverwacht Series del Transvaal (oltre 3300 m s. m.); più recenti le prime forme bacillari, le prime Alghe multicellulari a cellule differenziate (nella Transvaal Sequence, 2300-2200 m. s. m.) e le prime Cianoficee e Cloroficee filamentose (nella Gunflint Iron Formation, 2100-2000 m s. m.). Con l'Archeozoico superiore compaiono gli Eucarioti (Alghe e Funghi a cellule nucleate), in due classiche località: Beck Springs (1400-1200 m s.m.) in California e Bitter Spring (~ 900 m s.m.) in Australia. Quest'ultima è particolarmente interessante perché presenta un'associazione biologica variata (30 specie, appartenenti a 24 generi) e perché vi sono stati individuati fenomeni mitotici.
Notevolmente originali i risultati che la p. moderna ha conseguito a proposito delle relazioni tra morfologia e ambiente (autoecologia) o con la ricostruzione della temperatura media nel corso dei cicli stagionali (paleotermometria). Ciò si può dedurre direttamente dallo spessore relativo delle singole zone di accrescimento di certi scheletri che, come in Coralli, Molluschi ed Echinodermi, hanno uno sviluppo discontinuo oppure, più elegantemente e precisamente, in base al rapporto isotopico 018/o16 nel carbonato o nel fosfato di calcio di successivi stadi di accrescimento di Foraminiferi, Lamellibranchi e Belemniti. Legato alla temperatura ambientale sembra anche essere, in certi Foraminiferi a scheletro spirale, il prevalere di individui destrorsi o sinistrorsi. Nel 1963 J. W. Wells ha scoperto, in certi Coralli, dei ritmi di accrescimento diurni e ha così potuto calcolare una durata di 400 giorni per l'anno devoniano e di 387 giorni per l'anno carbonifero, in buon accordo con la supposta progressiva riduzione della velocità di rotazione terrestre conseguente alla frizione prodotta dalle maree. Altre caratteristiche paleoastronomiche sembra possano dedursi dalla valutazione, tramite organismi fossili, dell'intensità delle maree (variazioni nella distanza Terra-Luna) e dal ritmo giorno-notte (variazioni nell'inclinazione dell'asse terrestre). La teoria dello spreading oceanico e della tettonica a placche sta d'altra parte stimolando tutta una serie di ricerche volte a reinterpretare i rapporti filetici e le migrazioni. In questo ambito si colloca anche un più generale atteggiamento critico nei confronti dell'abituale rigida applicazione dell'attualismo. Come in geologia, anche per molti eventi paleontologici si tende oggi a tener conto dell'importanza che devono aver avuto eventi catastrofici, quali la rapida apertura di nuovi bacini marini e oceanici e le frequenti e brusche modificazioni nel trofismo delle acque e nella percentuale dell'O2 e della CO2 sia nelle acque che nell'atmosfera. Simili eventi, più che fattori evolutivi interni, sono probabilmente responsabili di quei fenomeni di estinzioni in massa e di comparse esplosive che rappresentano uno dei più impressionanti fenomeni della storia biologica.
Per finire, occorre ricordare che anche negli anni recenti la p. ha continuato a contribuire allo studio dei fenomeni evolutivi, giovandosi notevolmente delle sopravvenute maggiori conoscenze dei rapporti tra organismi e ambiente, oltre che delle più precise e sicure ricostruzioni ambientali. Su questo argomento, fra gli studi più notevoli si possono ricordare quelli di R. Brinkmann, O. H. Schindewolf, C. Teichert e H. Tintant sugli Ammoniti e, nel campo dei vertebrati, dopo quelli di H. F. Osborn, i lavori di E. H. Colbert, W. H. Gregory, A. S. Romer, G. G. Simpson e P. Teilhard De Chardin.
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Cataloghi e periodici più importanti: Palaeontological Society Monographs, Londra, dal 1847; Palaeontographica, Stoccarda, dal 1850; Schweizerische Paläontologische Abhandlungen, Basilea, dal 1874; Schweizerische Paläontologische Abhandlungen, Basilea, dal 1874; Paleontographia Italica, Pisa, dal 1895; Annales de Paléontologie, Parigi dal 1906; Fossilium Catalogus, Pars I: Animalia, Pars II: Plantae, Berlino, Gravenhage, L'Aia, dal 1913; Journal of Paleontology, Menasha, Tulsa, dal 1927; Catalogue of Foraminifera (a cura di B. F. Ellis e A. R. Messina), New York, dal 1940; Catalogue of Ostracoda (a cura di B. F. Ellis e A. R. Messina), New York dal 1952; Catalogue of fossil spores and pollen (a cura di G. O. W. Kremp, W. Spackman et al.), University Park, Pennsylvania, dal 1957; Palaeontology, Londra, dal 1957.