PAGLIACCIO
. Questa parola richiama l'abito, fatto spesso della tela grezza di cui si rivestono i pagliericci, che usavano indossare i tipi più apertameme comici e buffoneschi del teatro tradizionale, e che effettivamente poteva farli rassomigliare a sacchi o fantocci pieni di paglia. La figura del pagliaccio è lontana erede della maschera del diavolo, frequente nelle sacre rappresentazioni medievali; verso il sec. XVI toviamo nel teatro spagnolo un suo più diretto antesignano, el gracioso, di solito un domestico del protagonista, dal comportamento estroso e ridicolo; in Inghilterra un personaggio del genere s'incontra già prima di Shakespeare, tanto che Amleto vi accenna nei suoi consigli agli attori. Nel teatro italiano i più immediati antecedenti del pagliaccio sono le maschere di Arlecchino e di Pulcinella, e i tipi della commedia dell'arte in quanto autori di "lazzi" e simili. In quello tedesco il tipo del Hanswurst è parimenti antico e caratteristico, e precede l'attuale Tölpel o Rüpel. La figura del jester o fool, precisatasi nel teatro elisabettiano, viene importata in Francia dall'Inghilterra, e si confonde con la maschera infarinata di Pierrot.
Dalla tragedia e dalla commedia il tipo del pagliaccio si stacca, assume una parte notevole nella pantomima, e diviene quindi autonomo nell'ambito del circo equestre (v. circo), accentuando il proprio carattere sempre più aderente a una comicità pura e priva di significati logici. Un abisso separa, così, il famoso Jocko, pagliaccio francese romantico, che era un vero attore grottesco-sentimentale, dal Grock, il clown dalle trovate assurde e "metafisiche". Tali differenziazioni e sfumature corrono, del resto, anche fra i tipi di pagliacci sussistenti nei varî paesi (v. anche arlecchino; buffone; pantomima, ecc.).
Bibl.: M. W. Disher, Clown, Londra 1924; id., Clowns and pantomimes, Londra 1925.