PANNOCCHIESCHI, Pagano
PANNOCCHIESCHI, Pagano. – Non si conosce la data di nascita di questo vescovo, figlio di Ranieri II Pannocchia, avviato alla carriera ecclesiastica nella Chiesa volterrana, sulla cui cattedra sedeva lo zio paterno Ildebrando.
Compare come canonico intorno al 1190 e nel 1206 era arcidiacono. Nominato successore dello zio, è attestato come vescovo eletto dal 22 dicembre 1212 al 20 marzo 1213. La sua nomina fu confermata su mandato papale dal vescovo di Firenze e fu consacrato a Roma dal pontefice, prima del 7 agosto 1213.
Intese promuovere un programma di riaffermazione delle giurisdizioni vescovili, già gravemente intaccate durante l’episcopato del suo predecessore: per tale ragione il periodo del suo governo fu tutto un susseguirsi di contrasti, in particolare con il Comune di Volterra, che lo spinsero a trascorrere buona parte del suo episcopato lontano dalla città, nei castelli a lui fedeli.
Per raggiungere il suo scopo, insieme con i fratelli Bernardino, Ugerio, Pannocchia, Ugolino e Ranieri, si collegò nel gennaio 1213 con il Comune di San Gimignano contro i volterrani, che detenevano Pomarance, le sue acque salse e la dogana del sale, l’importante ufficio delegato alla commercializzazione del prodotto: la vertenza con il Comune volterrano, che investiva anche la giurisdizione di dieci castelli tra Val di Cecina e Valdera, si trascinò con alterne vicende fino alla sentenza pronunciata dal vescovo Martino di Arezzo e dal preposto Cortisonno di Arezzo, arbitri nominati dalle parti, il 15 dicembre 1216, favorevole al presule. Contemporaneamente Pagano era in contrasto con Siena per un’altra importante fonte di reddito, Montieri con le sue miniere d’argento: anche in questo caso il 22 novembre 1214 Giovanni, vescovo di Firenze e delegato dal papa, risolse la questione a favore del vescovo.
Tuttavia i senesi, occupato il castello di Chiusdino, catturarono Pagano, cui il 22 maggio 1215 estorsero la promessa di pagare ogni anno al Comune di Siena 215 lire per le miniere, impegno dichiarato nullo il 4 ottobre 1215 da Lotario, arcivescovo di Pisa, incaricato dal pontefice: ai senesi fu ordinato di restituire il maltolto e 2130 lire senesi e il 20 dicembre Pagano poté procedere all’elezione nel cassero di Chiusdino del castellano, alla presenza del castellano di Montieri, non a caso un sangimignanese: il controllo dei due castelli rimase nelle mani del vescovo anche negli anni successivi.
La sentenza del 1216 non pose fine al contrasto con il Comune di Volterra, che non intendeva attenervisi, ma il 9 maggio 1218 il podestà fu costretto a restituire i castelli oggetto della contesa: il Comune si vendicò nei confronti dei fautori del presule, ponendoli al banno, distruggendone le case e dando vita a una serie di rappresaglie contro i beni vescovili, mentre Pagano e i canonici si scomunicavano a vicenda. Addirittura si tramò per uccidere il presule la mattina di Pasqua del 1219 al suo ingresso in cattedrale per celebrare la messa. Finalmente, il 19 maggio 1220, si giunse alla pace, che tuttavia non pose termine all’inimicizia tra le parti.
Anche nel campo dei diritti ecclesiastici Pagano perseguì un’azione di affermazione dei privilegi vescovili: il 4 agosto 1213 riuscì a farsi riconoscere il patronato sull’abbazia benedettina maschile di S. Maria di Masio presso Bibbona; ottenne il 21 ottobre 1214 l’obbedienza del pievano di Morrona in Valdera, che, dipendente dalla locale abbazia esente, tendeva a sottrarsi alla giurisdizione vescovile, e il 9 maggio 1224 si assicurò la soggezione dell’eremo di S. Maria sull’Egola nel piviere di Montaione. Mostrò infine sollecitudine per il monastero cistercense di S. Galgano, voluto dal suo predecessore, che provvide a dotare il 30 giugno 1216.
Nell’autunno 1220 Pagano prese parte all’incoronazione imperiale di Federico II a Roma e ottenne dal sovrano il 24 novembre la conferma dei diritti e delle giurisdizioni. Di nuovo fu presso il sovrano nell’aprile 1226 alla Dieta di Cremona.
La politica intrapresa da Pagano si rivelava fortemente dispendiosa ed egli, pressato dalla pesante situazione economica e dai debiti contratti verso cittadini volterrani e fiorentini, si risolse il 6 maggio 1225 a stipulare un patto con il Comune. L’accordo prevedeva che il Comune aiutasse il presule concedendogli diritti e giurisdizioni al di fuori del territorio della città di Volterra (molto più piccolo rispetto alla diocesi); Pagano a sua volta cedeva competenze giudiziarie e fiscali in ben 21 castelli tra Val di Cecina e Valdera, cui il Comune era fortemente interessato.
Pochi anni dopo a creare nuovi problemi fu il Comune di San Gimignano che, anche se in precedenza era stato alleato del vescovo, occupò i vicini castelli vescovili di Puliciano, Ulignano, Gambassi e Montignoso; alla fine di gennaio 1230 i sangimignanesi per tre giorni assediarono con macchine da guerra il vescovo, che si trovava nel castello vecchio di Gambassi per impartire la cresima, poi provocarono distruzioni e rovine in molti castelli vescovili. Ma anche con il Comune volterrano nacque un nuovo contrasto per le acque salse e la dogana del sale. Dopo alterne e complesse vicende, con i canonici schierati dalla parte del Comune, infine il 1° febbraio 1237 Pagano rientrò in Volterra dopo una lunga assenza, cantò la messa e assolse dalla scomunica i volterrani.
La pace era finalmente tornata, ma Pagano era ormai anziano e stremato dalle lunghe lotte politiche. Le ultime attestazioni che lo riguardano risalgono al 27 agosto 1239, allorché regolò alcune questioni finanziarie e «infirmus corpore» (Regestum Volaterranum, n. 573), su richiesta dei numerosi astanti, assolse ancora una volta da ogni interdetto e scomunica il podestà, i consiglieri e la città e li benedisse.
Il papa Gregorio IX il 28 febbraio 1240 non confermò l’elezione a suo successore di Opizzone, arcidiacono di Lucca, fatta dal Capitolo volterrano: solo l’8 giugno 1245 si ha notizia del vescovo eletto Ranieri I degli Ubertini, che non fu mai consacrato.
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