PAGANO da Lecco
PAGANO da Lecco. – Nulla si conosce sulla famiglia di questo frate Predicatore del XIII secolo. Il cognome toponomastico fornisce l’unica indicazione circa il convento d’origine.
È spesso confuso con il coetaneo Pagano da Bergamo, lettore e priore del convento di S. Eustorgio di Milano, autore di Postillae alla Bibbia, di un commento alle sentenze di Pietro Lombardo e di sermoni sui santi.
Fu «inquisitor haereticae pravitatis in Lombardia et Marchia Ianuensi» (Pedrotti, 1952, p. 89) e assai probabilmente visse nel convento di S. Giovanni in Pedemonte a Como. Ragionevolmente da lì raggiunse la Valtellina per svolgere l’officium fidei nel corso del quale, il 26 dicembre 1277, venne ucciso. L’attacco ebbe luogo a Mazzo, in un territorio saldamente controllato dai Venosta, da dove stava transitando con il confratello Cristoforo, due notai, due socii laici e altri uomini, e con il prigioniero Corrado da Venosta. Gli assalitori uccisero frate Pagano, i due notai dell’officium fidei, i due socii laici, ferirono gravemente frate Cristoforo e spogliarono i restanti membri del gruppo delle armi, dei cavalli, delle vesti, di tutto ciò che avevano con sé e liberarono il prigioniero.
Immediatamente i frati Predicatori Anselmo d’Alessandria e Daniele da Giussano, anch’essi «inquisitores haereticae pravitatis in Lombardia et Marchia Ianuensi» (ibid.), informarono il neoeletto papa Niccolò III, Giovanni Gaetano Orsini, che aveva in passato svolto la carica di inquisitor generalis. Il 1° giugno 1278 il pontefice scrisse ben tre lettere – i soli documenti utili per la ricostruzione dell’episodio – e, nello stesso anno, durante il capitolo generale dell’Ordine tenutosi a Milano, vennero sollecitati l’annuncio del martirio di frate Pagano e la redazione dei suoi miracoli. Il pontefice si rivolse ai frati Predicatori inquisitori di Lombardia e Marca genovese concedendo loro pieni poteri contro Corrado e i suoi fautori, difensori e ricettatori di qualsiasi dignità, ordine e grado; scrisse inoltre ad alcuni nobili delle diocesi di Brescia e Trento e, in particolare, all’«advocatus de Venosta» (ibid.) della diocesi di Coira; infine, all’imperatore Rodolfo d’Asburgo affinché favorisse il lavoro degli inquisitori.
La mobilitazione del papa e degli inquisitori ebbe risultati positivi e Corrado Venosta venne catturato. Il 29 settembre 1278 il pontefice intervenne nuovamente con altre tre lettere: ai rappresentanti del comune di Bergamo chiese la collaborazione affinché il prigioniero fosse custodito in un luogo sicuro; agli inquisitori ingiunse di agire con i pieni poteri loro assegnati; ai rappresentanti delle città, dei Comuni e delle fortezze di Lombardia si richiese la collaborazione per il trasferimento di Corrado Venosta nel luogo prescelto dagli inquisitori. Non è noto dove si sia svolto il processo, né sono sopravvissuti i registri inquisitoriali. È certo, invece, che Corrado Venosta non venne condannato a morte, in quanto il 22 marzo 1298 compare in una composicio con l’inquisitore Guido da Cocconato, che nel 1307 provvide a vendere i beni di Corrado Venosta e a far distruggere Mazzo, Tovo di Sant’Agata e Prestino.
Nel 1589, nel resoconto di una visita pastorale, il vescovo di Como e frate Predicatore Feliciano Ninguarda informa che il corpo del beato ucciso il 26 dicembre 1277 era stato trasferito a Como il giorno di s. Silvestro ed era stato sepolto nell’altare maggiore della chiesa di S. Giovanni in Pedemonte (Atti della visita pastorale..., 1894. Da quel momento la vicenda del beato diventò patrimonio dell’erudizione ecclesiastica, soprattutto locale e domenicana, che, applicando i canoni della narrazione agiografica, modificò luoghi, protagonisti e simboli. Il nuovo martire della fede solo a quel punto acquisì riconoscibilità biografica, soprattutto a partire dal lavoro di Giorgio Longo, chierico lecchese e custode della neonata Biblioteca Ambrosiana, che fornì un racconto ricco e fantasioso, ma privo di aderenze documentarie (Longo, 1611), secondo il quale Pagano da Lecco, chiamato Pietro Fedele, divenuto priore del convento di Bergamo, fu attaccato mentre si trovava concentrato in preghiera in una casa a Colorina, presso San Pietro di Berbenno sempre in Valtellina e fu ucciso dai sicari di Corrado Venosta con un colpo di lancia nel costato mentre teneva le mani incrociate sul petto. La data della morte del «santo inquisitore» inspiegabilmente fu anticipata al 1274. Per sei giorni il sangue avrebbe continuato a sgorgare e a spargere una flagranza soavissima, attestandone la santità.
I suoi resti vennero conservati nella chiesa di S. Pietro in Pedemonte fino alla soppressione napoleonica del 1810, quando furono trasferiti nella cappella di S. Michele Arcangelo nel palazzo vescovile di Como per volontà del vescovo domenicano Carlo Romanò. Nel 1845 alcune reliquie vennero portate a Lecco e collocate in una cappella dell’ospedale civico. Alcuni decenni dopo, nel 1884, dalla Società della Gioventù Cattolica Italiana fu fondato il circolo dedicato al «beato Pagano». Nel 1931 una petizione venne rivolta al cardinale Ildefonso Schuster che, a sua volta, si fece promotore della supplica al vescovo di Como Alessandro Macchi. L’11 aprile 1932, dopo una ricognizione delle ossa, una parte di esse prese la via di Lecco; il cranio fu collocato il 3 dicembre 1932 in un altare della chiesa della Ss. Trinità presso il seminario teologico di Como, mentre, già dal 10 settembre 1904, le reliquie lecchesi erano state riposte nella chiesa prepositurale di S. Niccolò. Il rinnovato interesse degli anni Trenta per i resti del martire domenicano fu sollecitato dal tentativo di riattivare il processo di canonizzazione che, però, non andò a buon fine. Il beato Pagano da Lecco è festeggiato il 26 dicembre.
Fonti e Bibl.: L. Alberti, De viris illustribus ordinis Praedicatorum libri sex in unum congesti, Bononiae, in aedibus Hieronymi Platonis, 1517, p. 58; G. Longo, Vita et morte del beato P. da L. martire dell’Ordine dei Predicatori, Milano 1611, G.M. Pio, Della Nobile et generosa progenie del P.S. Domenico in Italia libri due, Bologna 1615, pp. 87, 255, 277-278; F. Ballarini, Compendio delle croniche della città di Como, Como 1619, p. 174; G.M. Pio, Delle vite de gli huomini illustri di S. Domenico, p.te I, Bologna 1620, p. 52; P.L. Tatti, Sanctuarium sive Martyrologium Sanctae Novocomensis Ecclesiae, Como 1675, p. 77; Bullarium Ordinis fratrum Praedicatorum, a cura di T. Ripoll, I, Roma 1729, p. 567; Atti della visita pastorale diocesana (1589-1593) di Feliciano Ninguarda, vescovo di Como, I, Como 1894, pp. 113 s.; Acta capitulorum generalium ordinis Praedicatorum, I: ab anno 1220 usque ad annum 1303, a cura di B.M. Reichert, Roma-Stuttgart 1898, p. 198; Les Registres de Clement V, a cura di R. Fawtier, Paris 1948, p. 73; E. Pedrotti, I Venosta castellani di Bellaguarda, Milano 1952, pp. 88-94; V. Folli, Il beato P. da L. martire domenicano, 1205-1277, Lecco 1932; E. Verga, Il trasporto a Lecco di insigni reliquie del martire beato Pagano donate da S.E. Mons. Alessandro Macchi, vescovo di Como, in Il Resegone, 15 aprile, 22 aprile, 29 aprile, 6 maggio 1932; U. Cavallari, Eresia politica. Corrado Venosta e Raimondo della Torre, in Volturena. Miscellanea di scritti in memoria di Egidio Pedrotti, Sondrio 1965, pp. 53-84; M. Benedetti, Inquisitori lombardi del Duecento, Roma 2008, pp. 91-93; G. Zamperini, Frate P. da L.: il culto di un santo sconosciuto, tesi di laurea, rel. M. Benedetti, Università degli Studi di Milano, a.a. 2009-10.