SALA, Paganino
– Nacque a Padova nella prima metà del Trecento, in una famiglia di recente affermazione cittadina, verosimilmente originaria di Santa Maria di Sala, nel contado padovano, dove lo stesso Paganino possedeva estese proprietà.
La tradizione erudita locale attribuisce alla casata origini tedesche e fa risalire al XII secolo la sua comparsa in Italia, tuttavia senza fornire validi riscontri documentari. Sia il nonno paterno, Pietro, sia il padre, Corrado, esercitarono a Padova l’incarico di giudice, che nel caso di Corrado è documentato per l’intervallo compreso tra il 1320 e il 1342. Corrado Sala morì entro il 1352 e fu tumulato presso la basilica di Sant’Antonio, nel sepolcro di famiglia dove trovò posto anche la salma del figlio Daniele. Nel 1373 Paganino Sala risiedeva certamente in città, nella contrada di San Lorenzo.
La fortuna di Sala è legata al suo profilo di stimato giurista e abile oratore, che gli valse l’opportunità di stringere saldi rapporti con la signoria carrarese, più in particolare con Francesco il Vecchio da Carrara, di cui fu uno dei più intimi consiglieri e che probabilmente gli riconobbe, fra i vari privilegi, il titolo di miles (che presuppone un annobilimento formale) come attestato per la prima volta da un documento del 1387. Non è escluso che Sala abbia ottenuto dal proprio signore anche il godimento di una rendita canonicale, attraverso l’uso di un prestanome, un certo Bartolomeo, forse figlio del notaio Negro Sala.
Dopo essersi addottorato in diritto a Padova, Paganino Sala fu ascritto al Collegio dei giudici (comunali) nel 1359, mentre nel 1365 fu nominato priore del più prestigioso Collegio dei giuristi. È testimoniato infatti tanto il suo impegno nell’amministrazione della giustizia comunale, come giureconsulto, quanto l’impegno come docente dello Studio di Padova, dove insegnò diritto fra gli anni Settanta e Ottanta del XIV secolo.
Frequenti sono le attestazioni documentarie della sua attività politica per conto della signoria carrarese, soprattutto nelle vesti di ambasciatore presso le corti e i potenti dell’epoca. Nel 1372-73 partecipò alla stipulazione degli accordi di pace con Venezia durante e dopo la cosiddetta guerra dei confini, ma già nel 1369 era stato impegnato in laguna per la tutela degli interessi carraresi. Intervenne anche nelle trattative che normalizzarono i rapporti fra gli Stati coinvolti nel successivo conflitto con la Serenissima, la cosiddetta guerra di Chioggia (1378-81).
Nel 1382 Francesco il Vecchio affidò proprio a Paganino Sala i negoziati per accasare la terza figlia, Lieta, destinata al matrimonio con Federico III conte di Ortenburg, ben insediato in Carinzia, a conferma dell’ormai consolidato sistema di alleanze teso a rafforzare i legami dei Carraresi con poteri vicini alla corte imperiale e a quella ungherese. Le contrattazioni si conclusero a Padova, il 26 giugno 1382, nella monumentale Sala virorum illustrium, alla presenza dei principali collaboratori della dinastia carrarese e dei procuratori del futuro sposo, sulla base di un accordo che prevedeva la corresponsione di una dote del valore di 20.000 ducati.
Nel 1383 Paganino Sala, insieme a un altro fedele servitore dei Carraresi, Bonifacio Lupi di Soragna, avviò i negoziati con i procuratori del duca d’Austria Leopoldo per la cessione di Treviso al dominio carrarese e la riconquista di Feltre e Belluno, come poi effettivamente avvenne tra il 1384 e il 1386, dietro l’esborso di 100.000 ducati. L’azione diplomatica di Sala a sostegno delle ambizioni espansionistiche di Francesco il Vecchio proseguì nel 1387, quando fu inviato prima in Friuli, per ratificare la sottomissione dei Comuni di Sacile e Caneva alla signoria padovana, poi a Ferrara, insieme ad altri ambasciatori, per discutere con i delegati di vari Stati italiani le misure da contrapporre alle inarrestabili conquiste territoriali di Gian Galeazzo Visconti, che aveva raggiunto anche Vicenza, a discapito degli accordi presi proprio con i Carraresi, turbando non poco i precari equilibri geopolitici dell’Italia centro-settentrionale.
Nel 1388 Paganino Sala prese contatti proprio con i rappresentanti di Gian Galeazzo Visconti, ma questa volta l’incombente minaccia di un’aggressione militare contro i possedimenti carraresi e l’isolamento diplomatico del piccolo Stato padovano indussero l’ambasciatore a suggerire al proprio signore una soluzione drastica, ovvero l’abdicazione a favore del figlio Francesco Novello. Fu lo stesso Sala a seguire di persona il passaggio di consegne, agendo come procuratore del Signore davanti alle magistrature comunali della città, il 29 giugno 1388. Nel novembre dello stesso anno, insieme al già citato Bonifacio Lupi di Soragna, convinse poi Francesco Novello a rimettere definitivamente il proprio dominio nelle mani di Gian Galeazzo Visconti, con cui Paganino Sala si era probabilmente già accordato, tant’è che nel 1389 ottenne dal nuovo signore milanese l’infeudazione di alcune proprietà del Padovano, forse come ricompensa per i propri servigi.
Prima di abbandonare la città, Francesco Novello aveva tentato in tutti modi di organizzare la resistenza, cedendo a diversi esponenti della sua corte ingenti proprietà personali, per raggranellare le risorse necessarie a sostenere un eventuale scontro bellico; di questa svendita aveva ampiamente approfittato anche Paganino Sala.
Nel 1390 il giurista padovano e i figli si assicurarono con due diversi privilegi, emanati il 29 marzo, l’attribuzione della cittadinanza veneziana de intus, riconosciuta dietro supplica, previo giuramento di fedeltà alla Serenissima. Nello stesso anno, però, la restaurazione del potere carrarese su Padova, operata da Francesco Novello, decretò la fine di Sala, su cui gravavano pesanti sospetti di complicità con il governo visconteo, di così breve durata. La sua dimora fu saccheggiata e, dopo la condanna a morte per tradimento, fu giustiziato in circostanze non chiare, narrate dalle fonti coeve in maniera contraddittoria.
Sala si sposò due volte, scegliendo le proprie consorti presso casate che gravitavano nel giro della corte carrarese. La prima moglie fu Biancofiore da Casale, morta entro il 1383 e fatta seppellire dal marito nella basilica del Santo, in un monumento funebre appositamente commissionato; la seconda moglie fu Agnese di Francesco Capodivacca. Paganino Sala ebbe almeno quattro figli: Daniele, Pietro, Castellana e Bassana. Daniele, canonico della cattedrale di Padova dal 1376 al 1387, successivamente rinunciò alla dignità per convolare a nozze con Filippa da Curtarolo. Castellana, invece, si unì in matrimonio a Jacopo Dotti nel 1388. Nel 1405 Bassana reggeva il monastero padovano di Santo Stefano in qualità di badessa.
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