PAGANALI (Paganalia)
Erano presso i Romani le solenni feste del pagus o villaggio, istituite, si credeva, al tempo di Servio Tullio, in occasione del nuovo ordinamento dei pagi di Roma, in relazione con il censimento della popolazione (Liv., I, 21). In ciascun pago furono istituiti asili per ricovero e difesa dei coloni e si eressero are ai numi custodi del luogo, che divennero il centro della festa del pago. Queste feste particolari di ciascun pago presto decaddero e prese sviluppo una festa, già istituita da Numa, comune a tutti i pagi, celebrata in onore di quella divinità che si denominava Empanda (da pandere; secondo una inaccettabile etimologia antica da panem dare), che Festo (s. v. Empanda) definisce: "Paganarum dea", una delle tante simbolizzazioni della Terra, apportatrice di nutrimento e di soccorso. Si offrivano alla divinità libazioni consistenti in una mistura di latte e di mosto, detta burranica, dal suo colore rossastro (Festo, s. v. burranica). Le Paganali si celebravano per lo più in gennaio in una data di volta in volta fissata dal Collegio dei pontefici; ma divennero in seguito feste a carattere campestre per invocare il favore divino sulle sementi affidate alla terra (Varr., I, 1, VI, 24, 26; Ovid., Fast., I, 657). Le feste si facevano coincidere con due giorni di mercato (nundinae), separate da un intervallo di sette giorni (Lyd., De mens., III, 6). Il primo giorno era consacrato a Cerere, che presiedeva alle sementi, il secondo alla Terra, che le riceve nel suo seno. La celebrazione assumeva l'aspetto delle nostre feste di villaggio, con modeste fiere ed onesti passatempi (cf., Hor., Ep., I, 1, 49, 140). Il commentatore di Vergilio Probo (in Georg., II, 385) ci apprende che nelle Paganali si usava appendere agli alberi gli oscilla (v. oscillo) per provocare la benevola protezione degli dei sulla terra, entro il cui seno già fermentava la potenza generatrice del seme.
Bibl.: J. A. Hild, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiquités grecques et rom., IV, i, p. 273; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, p. 439.