pacifismo
Il dramma della guerra e le strade della pace
Per pacifismo si intende l’insieme delle dottrine, delle idee e dei movimenti d’opinione che rifiutano la guerra come mezzo per risolvere i contrasti internazionali e che auspicano la pace permanente tra gli Stati. Nato come dottrina filosofico-politica nel Settecento, il pacifismo ha animato, nei due secoli successivi, movimenti di diversa ispirazione religiosa e politica. Dopo la Seconda guerra mondiale, e di fronte alla minaccia di un conflitto atomico, gli ideali pacifisti hanno incontrato un rinnovato successo, in particolare tra i giovani dell’Occidente
Il primo teorico del pacifismo fu l’abate di Saint-Pierre, che nel 1713 pubblicò il Progetto per rendere la pace perpetua in Europa, nel quale proponeva di creare un’assemblea composta di tutti gli Stati europei, che avrebbe avuto il compito di risolvere qualsiasi controversia insorta tra i suoi membri.
Ma la prima grande elaborazione della dottrina pacifista la dobbiamo a Immanuel Kant, il quale individuò nel Progetto per la pace perpetua (1795) un chiaro nesso tra il problema della pace e la natura dei regimi politici. Soltanto la diffusione degli Stati liberali – cioè di Stati basati sulla divisione dei poteri e sulla supremazia del Parlamento – avrebbe potuto condurre, secondo il filosofo tedesco, alla pace: in primo luogo perché questi Stati sono fondati sulla libertà e sul diritto, che rappresentano l’antitesi della sopraffazione e della violenza; in secondo luogo perché in essi la decisione di fare la guerra ha bisogno del consenso dei cittadini. E poiché i cittadini, a differenza dei sovrani, la guerra la devono fare e subire sulla loro pelle, è immaginabile che ci pensino bene prima di intraprenderla. Tra questi Stati sarebbe stato possibile, secondo Kant, creare una federazione che, ferma restando l’autonomia di ogni nazione, avrebbe risolto i contenziosi e bandito le guerre.
Particolarmente importante, nel Novecento, è stata l’opera dell’indiano Gandhi, che teorizzò e praticò con straordinaria coerenza il metodo della non-violenza, con il quale riuscì a guidare l’India alla conquista dell’indipendenza dall’Impero britannico.
Le prime associazioni pacifiste – tutte di ispirazione cristiana – nacquero negli Stati Uniti e in Svizzera tra il 1815 e il 1830: la prima, chiamata Società della pace, fu fondata a New York dal quacchero David Dodge (i quaccheri erano una setta religiosa protestante caratterizzata dall’ardente spirito missionario, dall’assenza di strutture ecclesiastiche e dal rifiuto di prestare il servizio militare).
Intorno alla metà dell’Ottocento si dedicò attivamente alla causa della pace l’inglese Richard Cobden, celebre per le sue battaglie contro i dazi sul grano e a favore del libero scambio: a lui si devono i primi grandi congressi per la pace, tenutisi a Londra nel 1843, a Bruxelles nel 1848 e a Parigi nel 1849.
Gli ideali pacifisti furono promossi, qualche anno più tardi, anche dai gruppi democratici, i quali legavano l’avvento della pace alla fine dei vecchi imperi e alla nascita di Stati nazionali e democratici: furono proprio tali gruppi a organizzare i congressi di Ginevra nel 1867 (al quale partecipò anche Garibaldi), di Berna nel 1868 e di Losanna nel 1869.
Infine il pacifismo divenne – sul finire dell’Ottocento – una delle bandiere del movimento socialista, le cui organizzazioni internazionali legarono il raggiungimento della pace all’abbattimento dei sistemi capitalistici, che sarebbe avvenuto per via rivoluzionaria.
Cristiani, liberali e democratici. Accomunati dall’aspirazione alla pace, i vari movimenti pacifisti davano tuttavia interpretazioni assai diverse delle cause della guerra e dei mezzi per superarle.
Per il pacifismo di ispirazione cristiana la causa della guerra risiedeva nell’animo dell’uomo e quindi richiedeva una risposta di tipo etico-religioso: soltanto la luce della fede poteva trasformare l’uomo, allontanandolo dall’impulso della violenza e della sopraffazione. Il pacifismo cristiano, inoltre, rifiutava la violenza in linea di principio e la ammetteva soltanto per ragioni di difesa (di fronte a una guerra d’aggressione).
Secondo i liberali (liberalismo) come Cobden la guerra aveva invece cause economiche: le barriere doganali impedivano lo svilupparsi del libero commercio e spingevano quindi gli Stati a procurarsi ciò di cui avevano bisogno ricorrendo alla guerra. Si trattava di un’idea di ispirazione illuministico-liberale: il commercio, nel mondo moderno, era destinato a soppiantare la guerra perché consentiva di soddisfare i bisogni dell’uomo in modo consono ai progressi della civiltà. Alle antiche società militari, che vivevano di guerra e per la guerra, sarebbero subentrate le moderne società industriali, caratterizzate dall’amore per la libertà, il benessere (da raggiungere attraverso il lavoro) e la pace.
I democratici (democrazia), dal canto loro, ritenevano che la guerra avesse cause politiche, ossia dipendesse dall’esistenza di Stati nei quali il potere era nelle mani di despoti che potevano agire secondo i loro capricci. L’abbattimento degli ultimi imperi e l’edificazione di Stati nazionali e democratici avrebbe eliminato le cause della guerra e i vari popoli, finalmente liberi, si sarebbero uniti – come auspicava Mazzini – in una una grande federazione repubblicana.
Socialisti e comunisti. Quanto ai socialisti (socialismo), anch’essi ritenevano, come i liberali, che la guerra nascesse da ragioni economiche: ma la loro diagnosi era opposta. Essi pensavano che la concorrenza internazionale fosse la causa principale dei conflitti: gli Stati capitalistici si lanciavano infatti nelle guerre coloniali perché erano sempre alla ricerca di nuovi mercati e pertanto finivano, in questa stessa logica, per farsi guerra tra di loro. Ne conseguiva che con l’abbattimento del capitalismo sarebbe scomparsa anche la guerra. Tali posizioni verranno fatte proprie, nel Novecento, dal movimento comunista (comunismo).
Dopo la Prima guerra mondiale gli ideali di pace si tradussero per la prima volta in una realtà istituzionale, con la creazione di quella Società delle nazioni che avrebbe dovuto risolvere im modo pacifico le controversie internazionali. Fautore di questa soluzione fu il presidente americano Thomas Woodrow Wilson, animato da salde convinzioni democratiche e da ideali di stampo kantiano.
Ma il tentativo, purtroppo, fallì (anche a causa del rifiuto americano di entrare nella Società delle nazioni) e si giunse dopo qualche anno al secondo conflitto mondiale. Non mancarono, peraltro, le voci critiche verso gli atteggiamenti pacifisti che si erano diffusi negli anni Trenta: secondo alcuni il desiderio di preservare la pace a ogni costo impedì di fermare Hitler in tempo e condannò gli europei ad affrontare una guerra terribilmente lunga e sanguinosa.
Dopo la Seconda guerra mondiale, che si chiuse con le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki (agosto 1945), gli ideali del pacifismo conobbero di nuovo una grande diffusione, soprattutto tra i giovani. La minaccia di una guerra atomica rappresentava un pericolo senza precedenti, che poteva condurre alla distruzione dell’umanità stessa. Nacquero così movimenti per il disarmo nucleare, all’interno dei quali si distinsero le organizzazioni cristiane protestanti, i gruppi femministi e le organizzazioni socialiste e comuniste.
Nel 1964 il sostegno militare dato dagli Stati Uniti al Vietnam del Sud contro il Vietnam del Nord si tramutò in un pieno coinvolgimento bellico: la guerra del Vietnam diede un nuovo impulso al movimento pacifista. Molti giovani americani non si presentarono alla chiamata alle armi e nel corso di tutti gli anni Sessanta nel paese crebbe l’opposizione alla guerra.
Nei primi anni del 21° secolo si è registrata una nuova ondata di manifestazioni pacifiste, in occasione dell’intervento militare in Afghanistan (2001), deciso dagli Statunitensi a seguito dell’attacco alle Torri Gemelle, e soprattutto di fronte alla ‘guerra preventiva’ contro l’Iraq (2003). Molte voci di condanna si sono levate in tutto il mondo, tra cui anche quella di papa Giovanni Paolo II, mentre numerose organizzazioni di ispirazione pacifista cercavano di portare aiuto alle popolazioni coinvolte nella guerra.
Il pacifismo di questi ultimi decenni è ispirato sia a ragioni di tipo etico-religioso (il rifiuto della guerra in linea di principio), sia a ragioni di tipo politico, che vedono nella guerra interessi di tipo economico legati al capitalismo.