VALUSSI, Pacifico
VALUSSI, Pacifico. – Nacque a Talmassons nella Bassa Friulana il 30 novembre 1813 da una famiglia della media borghesia agraria, figlio di Vincenzo e di Maria Agnoluzzi.
La prima educazione gli fu impartita nella casa paterna dal prozio prete e dal pievano locale. Compì a Udine gli studi ginnasiali e liceali presso il seminario. Nel 1831 si iscrisse all’Università di Padova, dove conseguì nel 1836 la laurea in matematica discutendo le Idee sull’influenza delle scienze fisiche nello sviluppo dell’uomo intellettuale e morale. Ospite del fratello prete Giuseppe, visse due anni a Venezia, dove strinse amicizia con Francesco Dall’Ongaro, allora prete-istitutore, che nel 1838 lo convinse a trasferirsi a Trieste e a intraprendere l’attività giornalistica.
Come codirettore, quindi direttore-editore del giornale La Favilla dal 1838 al 1846, Valussi descrisse il carattere cosmopolita della città. Assieme a un gruppo di collaboratori – tutti non triestini – sostenne le ragioni della coscienza nazionale italiana promuovendo la pacifica convivenza con le altre ‘stirpi’, quella slava in particolare, e si propose di educare chi leggeva e chi scriveva: ogni evento era pertanto riportato sulla Favilla in un contesto che comprendeva luoghi e storia. Come ‘testimone oculare’ inserì Trieste nel quadro dell’Europa intera e nell’opera di pace e di libertà che le strade di ferro e i commerci venivano proponendo. La convivenza pacifica di ‘popoli contermini’, carattere della metropoli, suggerì l’idea di una Svizzera marittima che governasse tutto il versante adriatico da Duino al litorale albanese (P. Valussi, Dalla memoria d’un vecchio giornalista..., 1967, p. 79). La promozione della cultura italiana che la rivista perseguì nella città fu affidata a letterati soprattutto friulani, ma decisivo fu il contributo di Niccolò Tommaseo che portò l’esperienza della Dalmazia e di Zara. Le aree di confine divennero la ‘palestra di studi’ in cui l’Europa delle libere nazioni faceva le sue prove.
Nel 1845 Valussi sposò Teresa, sorella di Dall’Ongaro. Nel 1847, su proposta di Karl von Bruck, fondatore del Lloyd austriaco, divenne direttore dell’Osservatore triestino.
L’anno successivo lasciò Trieste per Venezia repubblicana (Tafuro, 2004, p. 36). Nel decennio triestino era stato decisivo l’incontro con Tommaseo, maestro e guida nella sua carriera di pubblicista, e anche qui i due operarono in perfetta sintonia. Fu Tommaseo a proporgli di collaborare alla Gazzetta di Venezia, foglio ufficiale del governo provvisorio. Quando la città lagunare il 5 luglio accettò l’«infausta fusione» con il Regno di Sardegna, Valussi si dimise dal giornale e dall’incarico alla segreteria del governo perché – come Tommaseo – non condivideva la linea filosabauda (ibid., pp. 38 s.). Insieme a Dall’Ongaro e all’attore Gustavo Modena promosse allora il quotidiano Fatti e parole, che voleva rivolgersi a un vasto pubblico. Gli anni della Venezia rivoluzionaria maturarono i principi che Valussi aveva sperimentato a Trieste. Due questioni si collocarono al centro della sua attività giornalistica: la necessaria convergenza dei popoli oppressi contro l’Austria e l’educazione delle classi popolari. L’idea che un litorale italo-illirico, porto franco per le nazioni slava e italiana, potesse garantire un brillante avvenire ai due popoli, «uno vecchio, l’altro nuovo», eliminando potenziali conflitti (ibid., p. 132), rispettava l’orientamento repubblicano-mazziniano del momento. Il problema dell’educazione, presente nella Favilla e in Fatti e parole, fu esplicitamente affrontato in due articoli del Precursore: Educazione del popolo (24 dicembre 1848), Comunismo, socialismo (11 febbraio 1849). Nel primo si invitavano i ceti abbienti a curare l’istruzione popolare, nell’altro a ridurre progressivamente – mediante ‘libera associazione’ – le distanze tra classi sociali. Quando il foglio subì la censura governativa, Tommaseo si schierò con Valussi contro la «scandalosa ingiustizia» (Venezia negli anni 1848-1849, II, 1950, pp. 191, 386). Ancora insieme diressero La Fratellanza de’ popoli (1° aprile 1849-24 giugno 1849) con l’obiettivo di promuovere il ravvicinamento dei popoli oppressi, slavi, ungheresi, italiani, nello spirito del Vangelo (Tafuro, 2004, pp. 164 s.). Il 2 aprile 1849 votarono infine entrambi la «resistenza ad ogni costo» di una Venezia ormai allo stremo (Fattorello, 1931, p. 73).
Per intercessione di von Bruck, divenuto ministro plenipotenziario austriaco, Valussi non fu tuttavia costretto all’esilio, ma lasciò Venezia. Quello stesso anno si stabilì in Friuli. Per ragioni di censura i suoi studi si diressero anzitutto sulle condizioni e sulle prospettive economiche di quel territorio. Il suo Rapporto della Camera di commercio e di industria della Provincia del Friuli (1853) riprese l’«ottimo esempio» delle Notizie civili e naturali della Lombardia (La Favilla, 2 novembre 1845), descrivendo in termini statistici produzioni e potenzialità della provincia. La precisione di quel resoconto dipese dalle conoscenze maturate presso l’Associazione agraria friulana, ma anche dalle escursioni campestri che già aveva accolto nella Giunta domenicale del Friuli, vale a dire dai resoconti letterari di Ippolito Nievo, Caterina Percoto, Pietro Zorutti.
Già dal 1849 Valussi era divenuto redattore e poi direttore del quotidiano Il Friuli, che la censura soppresse nel 1851 (Giusti, 1966, pp. 25-66). Dal 1853 fino al 1859 collaborò e diresse L’Annotatore friulano, proponendo a un più largo pubblico i punti di vista della stampa internazionale. A dispetto della censura, come segretario della Camera di commercio, dell’Accademia di Udine e dell’Associazione agraria friulana suggerì riforme che richiedevano l’indipendenza dall’Austria e l’integrazione con Lombardo-Veneto e Piemonte.
Dopo Villafranca, Valussi emigrò a Milano. Il suo sforzo di far conoscere il Friuli fu notato da Carlo Tenca, che lo invitò a intervenire sul Crepuscolo e a collaborare con la capitale lombarda (Giusti, 1977, p. 109). Lì, dal novembre del 1859 al 1865, diresse La Perseveranza (1859-1865), giornale filocavouriano, autorevole portavoce dei moderati lombardi. Nel contempo, fondò con l’ungherese Ignác Helfy L’Alleanza, proponendo la libertà dei popoli come problema europeo e la dissoluzione dell’Impero austriaco come condizione di ogni pacifica convivenza (Sguazzero, 2011, p. 3495). Negli anni milanesi della Perseveranza Valussi accettò la visione cavouriana del Risorgimento, fino a rivendicare in Trieste e l’Istria e le loro ragioni nella questione italiana (1861) l’intera Giulia «nel nome del diritto nazionale, del fattore geografico e militare e persino del fattore economico» (Vivante, 1945, p. 69).
Nel 1865 si spostò a Firenze, dove diresse la Gazzetta del popolo e collaborò alla Nuova Antologia. A Quintino Sella consegnò Il Friuli. Studi e reminiscenze (Milano 1865), documento che impostava il piano di rinnovamento economico e civile della regione. Si trattò di una monografia scientifica sostenuta da ‘gite’ nelle diverse parti della provincia naturale. A George Perkins Marsh, ambasciatore americano a Firenze, autore di Man and nature (1864), non sfuggirono l’interesse di Valussi per l’azione dell’uomo sul territorio e la sua l’attenzione per la componente naturale dell’ambiente. Nel successivo Riassunto descrittivo della Provincia del Friuli sotto l’aspetto naturale ed economico (1885), Valussi mantenne questo carattere e impostò in questo senso anche le future tematiche della scuola geografica friulana. La sua proposta di «provincie autonome nelle diverse regioni naturali», del «rinnovamento nazionale mediante le Provincie» implicava infatti rispetto delle diversità regionali, e un progresso che non poteva essere in contrasto con la natura (Caratteri della civiltà novella in Italia, Udine 1868, pp. 30 s.).
A Unità avvenuta, Valussi si trasferì definitivamentre a Udine e fu eletto alla Camera dei deputati per tre legislature (IX, X e XI) dal 1866 al 1870, anche se esplicò la sua attività politica soprattutto dirigendo dal 1866 al 1887 il Giornale di Udine, quotidiano filogovernativo voluto da Sella. Sostenne la politica delle infrastrutture considerando la ferrovia Udine-Pontebba, il Canale Ledra-Tagliamento, l’Istituto tecnico, precondizioni necessarie allo sviluppo economico. Nel 1870 avviò una ‘ardita campagna’ per risolvere la questione romana. Pur riconoscendo il valore morale della religione, da liberale si proclamò antitemporalista (Tessitori, 1957-1959, pp. 23-32). Nel 1880, sempre da liberale, a proposito dell’emigrazione transoceanica si pronunciò contro i proprietari terrieri che avrebbero voluto ostacolarla, dichiarando morta la servitù della gleba (Micelli, 1979, pp. 22-25).
Morì a Udine il 28 agosto 1893 lasciando due figli, Costanza e Odorico.
Fonti e Bibl.: P. Valussi, Dalla memoria d’un vecchio giornalista dell’epoca del Risorgimento italiano, Udine 1967 (con bibliografia); N. Tommaseo, Venezia negli anni 1848-1849, II, Firenze 1950; si veda inoltre: https://storia.camera.it/deputato/pacifico-valussi-18131230.
L. Fracassetti, Scritti minori di P. V. ed elenco cronologico delle sue pubblicazioni, Udine 1891; Id., P. V. Saggio biografico critico, Udine 1894; F. Fattorello, P. V., Udine 1931; A. Vivante, Irredentismo adriatico, s.l. 1945; T. Tessitori, Le opinioni di P. V. circa le relazioni tra Chiesa e Stato, in Ce fastu?, XXXIII-XXXV (1957-1959), 1-6, pp. 23-32; C. Pagnini, I giornali di Trieste dalle origini al 1959, Milano 1960; R. Giusti, Orientamenti liberali del giornalismo lombardo-veneto, Venezia 1966; Id., Il giornalismo lombardo veneto nei rapporti tra Carlo Tenca e P. V. (1852-1859), in Il Lombardo-Veneto (1815-1866). Atti del Convegno storico, Mantova 1977, pp. 97-137; F. Micelli, Emigrazione friulana (1815-1915). Liberali e geografi, socialisti e cattolici a confronto, in Quale storia, VII (1979), pp. 5-38; F. Tafuro, “Senza fratellanza non è libertà”. P. V. e la rivoluzione del Quarantotto, Milano 2004; T. Sguazzero, V. P., in Dizionario biografico dei friulani, III, L’età contemporanea, a cura di C. Scalon - C. Griggio - G. Bergamini, Udine 2011, pp. 3489-3501.