BURLAMACCHI, Pacifico
Nacque a Lucca nel 1465 circa da Pietro e Angela di Paolino Bernardini, di famiglia mercantile molto agiata e influente. Il suo nome al secolo fu Filippo. Sembra che in gioventù dimorasse stabilmente a Firenze per curare gli affari paterni. Il 18 marzo 1499 indossò l'abito domenicano in S. Romano di Lucca, prendendo il nome di fra' Pacifico. Nel 1500 ricevette gli ordini minori. Ordinato sacerdote, dal 1508 al 1510 fu priore del convento di S. Maria della Quercia presso Viterbo. Tornato a Lucca, fu sottopriore del convento di S. Romano dal 1513 al 1518 e confessore dal 1512 al 1518 delle monache domenicane. Come sottopriore di S. Romano, si oppose con energia nel 1515 a un complotto di frati suoi concittadini che mirava alla scissione del convento dalla Congregazione di S. Marco, che raccoglieva i domenicani fautori del Savonarola dopo la morte di costui. Morì a Lucca il 13 febbraio 1519, in concetto di santità.
I. Manardi, cronista del convento di S. Romano, vivace e polemico savonaroliano, ricorda con particolare venerazione questa figura, facendo risaltare la fedeltà del frate alla regola severa voluta dal Savonarola, cosa che lo avrebbe distinto dai compagni lucchesi, meno religiosi e più mondani.
Col nome del B. ci è giunta una Vita del Savonarola, in volgare italiano, conosciuta come la più ricca e preziosa fonte per la biografia del frate. Diffusa nella seconda metà del Cinquecento e nel Seicento in numerosissimi manoscritti, con variazioni e aggiunte, venne stampata a Lucca nel 1761 da G. D. Mansi e, poco dopo, nel 1764, da F. di Poggio. La paternità del B. per quanto riguarda quest'opera non è attestata che verso la fine del Cinquecento, sporadicamente, nel titolo di alcune copie manoscritte; essa viene però concordemente e pacificamente accettata nel secolo seguente e oltre.
L. von Ranke per primo nel 1877 sollevò dei dubbi sulla legittimità di tale attribuzione che egli giudicò errata, soprattutto perché parecchi fatti contenuti nella Vita non potevano essere stati narrati dal B., morto assai prima che essi avvenissero. Le sue conclusioni tuttavia erano viziate dal fatto che era stata presa in esame la Vita del Savonarola nella edizione stampata dal Mansi, condotta su codici ampliati dal Botonio, da Timoteo de' Ricci e da fra' Vincenzo di Bernardo nella seconda metà del Cinquecento. In tal senso obiettarono P. Villari e G. Schnitzer che individuarono le interpolazioni più tarde. Il Villari inoltre scoprì nella Biblioteca nazionale di Firenze, tra i fondi provenienti dalla libreria del Noviziato di S. Marco, una redazione latina di questa Vita (cod. I. VII. 28), avente caratteri di particolare chiarezza e autorevolezza e pensò che potesse essere la fonte di tutte le redazioni italiane, che, pur menzionando la Vita del Savonarola scritta da Pico della Mirandola, contengono notizie da lui non ricordate. A questo punto, il problema relativo all'autore si spostava dalla Vita nell'edizione italiana alla Vita latina. Il Villari non trovò elementi sufficienti a stabilire la paternità della redazione latina, ma ritenne si potesse senz'altro escludere il B., perché anche questa redazione, che ha tutti i caratteri di una redazione autografa, contiene riferimenti a fatti avvenuti dopo il 1520. Egli faceva inoltre varie osservazioni relative all'ignoto autore e alla presumibile data di compilazione. Quest'ultima si aggirava attorno al 1524, non essendo menzionati fatti posteriori a tale data; l'autore, che, per vari indizi, appariva un savonaroliano fervente, fattosi frate dopo il riconoscimento della Congregazione di S. Marco, doveva essere stato presente di persona alle ultime tragiche vicende del Savonarola, cui era rimasto fedele. Non fiorentino, doveva aver dimorato per un certo periodo nel convento di S. Romano in Lucca con funzioni di confessore. Una nota in margine, male interpretata, aveva ingenerato l'equivoco dell'attribuzione al Burlamacchi. Lo Schnitzer ritenne invece che la Vita latina fosse la traduzione di un originale italiano avente per autore il Burlamacchi. Questo originale, poi andato perduto, sarebbe stato la fonte sia della redazione latina che delle varie italiane. Per quanto riguardava la Vita latina egli accettava le conclusioni di A. Giorgetti che, sulla base di un confronto calligrafico, reputava il ms. opera di fra' Luca Bettini, anche se rifiutava l'ipotesi del Bettini autore della stessa, non adattandosi a questo frate ciò che l'autore dice di sé. Nonostante le aggiunte che in questo modo bisognava supporre essere state fatte dal Bettini al testo originale, lo Schnitzer era d'accordo con il Villari e con il Ranke nel riconoscere particolare valore alla Vita latina, sia pure come versione più fedele al perduto originale. Quest'ultimo era da considerare opera del B. per varie ragioni: prima di tutto non vi era motivo di dubitare di una attribuzione avallata già dal Razzi nel 1590 nella sua biografia del Savonarola (cod. Palatino E. 5. 3. 28; cfr. P. Villari, 1890, p. 313) e presente in una trascrizione del codice italiano fatta da una domenicana in epoca precedente; inoltre molte notizie, nel testo della Vita latina, facevano pensare allo Schnitzer che l'autore fosse proprio il B.: il fatto che costui avesse preso l'abito non più giovanissimo, dopo il riconoscimento della Congregazione di S. Marco, fosse di origine lucchese e avesse esercitato la mercatura prima di prendere l'abito, fosse stato confessore delle domenicane in Lucca, specie nel 1519, sembravano tutti elementi concordanti con ciò che l'autore lascia intendere di sé.
Lo Schnitzer chiedeva aiuto anche ai tardi codici italiani quando potevano soccorrerlo in questa identificazione e considerava interventi personali del Bettini quelli che, per ragioni cronologiche, non potevano essere attribuiti al Burlamacchi. La difficoltà costituita dal fatto che il Bettini avrebbe fatto un elenco delle fonti che comprendeva sia quelle dell'originale sia quelle della sua traduzione aggiornata, mentre non avrebbe fatto alcun cenno del presunto originale, veniva superata dallo Schnitzer con l'argomentazione che il Bettini non distingueva la sua Vita dall'originale scritto dal Burlamacchi. Ricerche particolari in ambiente lucchese venivano fatte dal Taurisano che, accettate in linea di massima le conclusioni dello Schnitzer, basandosi sulla testimoniata permanenza a Lucca dell'autore, credette di individuare una serie di coincidenze che confermavano la paternità del B., nonché la tesi, già sostenuta dallo Schnitzer, che la Vita latina fosse solo una riproduzione più fedele del testo primitivo, indipendente dagli altri codici italiani. Le dimostrazioni dello Schnitzer e del Taurisano avevano molti punti deboli e il Ridolfi, in un articolo del 1935, poteva confutarle decisamente, mettendo alcuni punti fermi almeno per quanto riguarda una parte dell'intricata questione. Egli infatti dimostra che il codice più antico e autorevole della biografia del Savonarola, è, come già riteneva il Villari, la Vita nella sua redazione latina, in quanto il codice italiano che più si avvicinerebbe al presunto originale non è che una traduzione pura e semplice della Vita latina. Una delle prove più convincenti consisterebbe nel fatto che i documenti in volgare citati dalla Vita latina, tradotti in latino, non sono riportati nel testo originale, ma ritradotti palesemente dalla biografia. Poiché gli altri codici italiani non presentano significative variazioni rispetto a quello di cui il Ridolfi si serve per il confronto, cadrebbe la necessità di un perduto originale italiano, nata solo dall'esigenza di difendere l'attribuzione al Burlamacchi. I problemi riguardanti l'autore si spostano dunque per il Ridolfi alla Vita latina, dalla quale tutte le Vite italiane derivano e dalla quale, come egli osserva, frasi intere passarono integralmente negli uffizi che si recitavano per il Savonarola. Considerate le varie posizioni e la particolare autorevolezza della dimostrazione del Ridolfi, pare si debba escludere per questa biografia del Savonarola la paternità del B., morto nel 1519 e non altrimenti noto, tra l'altro, come scrittore. Persino l'autore della Cronaca di S.Romano di Lucca, che lo loda senza risparmio come fedele savonaroliano, non accenna assolutamente ad una sua biografia del frate, che pure, nell'ambito dei suoi interessi, doveva essere cosa di grande importanza. Resterebbe insoluto il problema di come un simile equivoco possa essersi eventualmente generato: almeno in parte esso fu probabilmente dovuto alla fama acquistata dal B. in ambiente lucchese di particolare devozione al Savonarola e alla sua congregazione.
Fonti e Bibl.: Lucca, Biblioteca governativa, ms. 2572: I. Manardi, Cronaca del Convento di S. Romano di Lucca;L. v. Ranke, Savonarola und die florentinische Republik gegen Ende des fünfzehnten Jahrhunderts, in Historisch-biographische Studien, Leipzig 1877, pp. 181-357; P. Villari, Saggi storici e critici, Bologna 1890, pp. 297-326; G. Schnitzer, Il B. e la sua Vita del Savonarola, in Arch. stor. it., s.5, XXVIII (1901), pp. 257-95; P. Villari, La storia di Girolamo Savonarola e dei suoi tempi, Firenze 1910, passim, I. Taurisano, Domenicani in Lucca, Lucca 1914, pp. 77-90; A. Giorgetti, Fra' Luca Bettini e la sua difesa del Savonarola, in Arch. stor. it., LXXVII, 2 (1919), p. 220; G. Schnitzer, Savonarola, Milano 1931, II, pp. 523-34; R. Ridolfi, Soluzione di un fondamentale problema savonaroliano: dipendenza dello Pseudo-Burlamacchi dalla "Vita latina", in La Bibliofilia, XXXVII(1935), pp. 401-18.