OVAZIONE
. Accanto al trionfo solenne v'era presso i Romani un altro trionfo più modesto, detto ovatio o trionfo minore (έλάττωυ ϑρίαμβος). L'etimologia della voce è controversa: Servio dice che il condottiero romano onorato con l'ovazione sacrificava sul Capitolino, non tori, come per il trionfo vero e proprio, ma pecore (oves): unde et ovatio dicta. Festo ritiene invece che si deve ricercare l'origine della parola nei gridi di gioia che emettevano i soldati vincitori al ritorno da un combattimento, che consistevano in una geminata O littera. Fra i moderni prevale l'idea di avvicinare la voce al grido di gioia bacchico evoe, sicché ovatio varrebbe schiamazzo, grido per allegrezza. Le circostanze nelle quali, non potendosi decretare il triumphus, si accordava l'ovatio, erano se la guerra non fosse stata regolarmente dichiarata, se il nemico non fosse stato un popolo nobile e leale, come ad esempio se si fosse trattato di servi e di pirati, se la resa fosse avvenuta con facilità e se la vittoria fosse stata incruenta. Il generale cui era limitato il trionfo all'ovatio non aveva diritto al carro trionfale, ma doveva procedere a piedi; soltanto più tardi gli si concesse di poter salire su un cavallo. La toga picta, cui aveva diritto il trionfatore, era sostituita dalla toga praetexta, e la corona d'alloro, dalla corona di mirto. Non abbiamo alcun monumento che si riferisca all'ovatio.
Bibl.: J. Marquardt, Röm. Staatsverwaltung, II, 2ª ed., Lipsia 1884, p. 650 segg.; Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VI, col. 2149; R. Cagnat, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des ant. grecques et romaines, V, i, pag. 491, s. v. Triumphus.