OTTURATORE
. È il blocco metallico che costituisce la parte essenziale del congegno di chiusura della culatta delle armi da fuoco a retrocarica. Oltre a essere conformato e sistemato in modo da poter assumere due posizioni, una di culatta aperta, per permettere il caricamento dell'arma, e l'altra di culatta chiusa, nella quale deve prendere stabile appoggio all'atto dello sparo, deve presentare la possibilità di applicazione delle parti destinate alla chiusura ermetica, che eviti assolutamente le sfuggite di gas, le quali, oltre a rappresentare una perdita d'energia, danneggiano il materiale e sono pericolose per il personale. Il congegno di chiusura è completato dai dispositivi per la manovra, che deve risultare facile e rapida, e dai dispositivi di sicurezza, che hanno varî scopi, tra i quali il più importante è quello d'impedire lo sparo se la culatta non è perfettamente chiusa; infine, nelle armi da fuoco moderne, il sistema è sempre complicato dai dispositivi e meccanismi di sparo.
Nei fucili e nei moschetti sono state impiegate, per il passato, svariatissime forme di otturatore: a blocco con rotazione interna: indietro, tipo Remington (v. fig., n.1); ad altalena, tipo Henry-Martini (n. 2); a barile (n. 3); oppure a blocco con rotazione esterna: a tabacchiera, tipo Snider (n. 4); a rovesciamento, tipo Albini (n. 5). Ma la forma che ha prevalso, e che è generalmente applicata per le armi a ripetizione, perché più favorevole al passaggio della cartuccia dal serbatoio alla camera, è la forma a cilindro, che era stata la prima applicata, nel fucile a retrocarica Dreyse. In questi congegni di chiusura l'otturatore è costituto da un cilindro, con manubrio, scorrevole in un prolungamento della canna, detto culatta mobile, e prende appoggio su questa, in posizione di chiusura, mediante due alette che possono essere fissate alla testa del cilindro stesso (n. 6), oppure su una testa girevole e collegata al cilindro con un sistema a vite (n. 7); nel primo caso, per prendere l'appoggio, l'otturatore deve compiere anche una rotazione di 90°, perché le alette possano adattarsi in scanalature trasversali della culatta; nel secondo caso, il cilindro ha soltanto movimento di scorrimento. Si hanno quindi otturatori a cilindro scorrevole e a cilindro scorrevole e girevole. Vi sono anche altri sistemi d'appoggio del cilindro, ma non sono più applicati nei fucili (a cuneo, a spalletta). Il cilindro contiene sempre il percussore e la relativa molla, e in generale è sistemato in modo da provocare l'armamento del percussore stesso durante il movimento per l'apertura, anziché in quello per la chiusura.
Nelle armi portatili automatiche, fucili, moschetti e pistole, si riscontra in genere il sistema a scorrimento, in cui talvolta, invece del cilindro, si ha un prisma, con svariatissimi sistemi d' appoggio (nn. 8-9). È notevole il caso di alcune pistole automatiche (Browning, Beretta; n. 10), in cui manca qualsiasi appoggio stabile e la chiusura è assicurata soltanto dalla molla di ricupero dell'otturatore (v. armi: Armi automatiche); in questo caso con l'otturatore fa corpo una massa relativamente molto pesante, in genere disposta attorno alla canna, allo scopo d'evitare un rinculo troppo rapido dell'otturatore e la fuoruscita del bossolo dalla culatta della canna, mentre ancora nella canna stessa sussiste una pressione molto alta (v. pistola).
Nelle mitragliatrici l'otturatore è un cilindro o, più generalmente, un blocco di forma generale prismatica, scorrevole nel castello, su cui prende appoggio con sistemi svariati, anche in dipendenza del sistema di funzionamento dell'arma (n. 11). Notevole eccezione a tale regola è la mitragliatrice tipo Madsen, che ha una forma di otturatore analoga a quella ad altalena Henry-Martini (n. 12; v. mitragliatrice).
Nelle artiglierie a retrocarica antiche, l'otturatore, nella forma più usata e caratteristica, era un cilindro cavo, detto mascolo o servitore, in cui si disponeva la carica di polvere, e che veniva applicato alla bocca da fuoco, forzandolo con cunei a colpi di mazzuolo in una staffa (detta braga) fissata alla culatta, o in un prolungamento della culatta aperto da una parte (n. 13).
Nelle artiglierie moderne, dalla metà del secolo scorso, si distinguono tre forme principali di otturatore: a cuneo, a blocco, a vite. L'otturatore a cuneo è scorrevole trasversalmente o verticalmente in una mortisa o lungo guide ricavate nella culatta (n. 14) in modo da potere chiudere la culatta e, con un semplice scorrimento in fuori, presentare in corrispondenza dell'anima un foro o una svasatura che permetta il caricamento. La manovra è in genere agevolata mediante sistemi di leve o una vite a lungo passo. La faccia posteriore del cuneo è leggermente inclinata, essenzialmente, nelle artiglierie più recenti, per rendere più facile lo scorrimento e non tanto per dare forzamento all'atto della chiusura, perché col sistema di chiusura ermetica a bossolo metallico tale forzamento non è più necessario (v. in seguito: Chiusura ermetica).
Anche per gli otturatori a blocco la manovra è effettuata con una semplice rotazione del blocco dentro il proprio alloggiamento nella culatta, attorno ad un asse longitudinale, parallelo all'asse dell'anima (sistema Nordenfeldt, n. 15) oppure attorno a un'asse trasversale (sistema Canet, n. 16).
Per gli otturatori a cuneo e a blocco la manovra può facilmente essere resa automatica; in questo caso l'ossatura è comandata dal movimento di ritorno in batteria della bocca da fuoco sulla culla (v. affusto) e la chiusura dall'introduzione del bossolo nella camera.
L'otturatore a vite, detto comunemente vitone, viene avvitato in un corrispondente alloggiamento a chiocciola praticato nella culatta, e, in posizione di culatta aperta, è sostenuto da una mensola o da un anello, imperniati sul vivo di culatta, lateralmente al foro di caricamento. Ad evitare la lunga operazione di avvitamento e svitamento, è stata adottata (Treuille de Beaulieu) la vite interrotta o segmentata (n. 17), con la quale la manovra è effettuata in tre movimenti: 1. rotazione di una frazione di giro, per svitare; 2. scorrimento longitudinale indietro, per estrarre il vitone dal suo alloggiamento; 3. rotazione del sostegno esterno, per scoprire l'orifizio posteriore della culatta, e permettere il caricamento. Nelle artiglierie moderne questi tre movimenti sono ottenuti con manovra rapida o continua di varî congegni, che per le artiglierie di maggior calibro a istallazione fissa sono mossi da motori elettrici o idraulici. Per accelerare la manovra s'è trovato il modo di sopprimere il movimento di scorrimento sia con la vite tronco-conica o cilindro-tronco-conica o a doppio tronco di cono (nn. 18, 19, 20), sia con la vite a gradini (fig. 21). Questi sistemi presentano rispetto all'otturatore cilindrico dei vantaggi nei riguardi della resistenza e possono quindi esser tenuti più corti e più leggieri. Questa circostanza, unitamente alla forma e ad una conveniente disposizione dei segmenti lisci rispetto a quelli avvitati, consente di estrarre il vitone dal suo alloggiamento, una volta che sia svitato, per semplice rotazione attorno a un perno posto esternamente alla culatta in posizione conveniente, che risulta alquanto avanzata rispetto al vivo di culatta; il sostegno del vitone prende quindi la forma d'un braccio a gomito, imperniato lateralmente o sotto alla culatta, e munito all'estremità di un mozzo sul quale è vincolato il vitone. La stessa sistemazione è applicata dalla Casa Schneider a un otturatore cilindrico, di diametro relativamente grande, per diminuirne la lunghezza, e con varie smussature agli spigoli e ai segmenti filettati (n. 22).
Chiusura ermetica. - Abbandonato completamente il sistema imperfetto, applicato nelle artiglierie antiche, di cercare la chiusura ermetica mediante un forzamento iniziale, ottenuto a mano all'atto della chiusura dell'otturatore, su una zona anulare dell'otturatore combaciante esattamente con una zona anulare della culatta, e superato anche il sistema del forzamento misto (iniziale a mano, completato poi all'atto dello sparo dall'azione dei gas), che si trova in molti modelli della fine del sec. XIX, nelle armi da fuoco moderne si applica esclusivamente il forzamento automatico, che s'ottiene o per espansione contro le pareti della camera di un elemento metallico cavo ed elastico, contenente la carica e appoggiato posteriormente all'otturatore (n. 14 a destra) e che può essere da questo indipendente, e rinnovato colpo per colpo (bossolo metallico; v. munizioni), oppure per compressione di un anello plastico (De Bange, n. 23) tra la faccia anteriore dell'otturatore e un piatto con gambo, detto testa a fungo, sul quale agiscono i gas, in modo che la pressione unitaria dell'anello contro le pareti del suo alloggiamento risulta in ogni istante superiore a quella esistente nell'interno dell'anima. Il sistema a bossolo metallico è applicabile a qualsiasi forma di otturatore e si trova in tutte le armi portatili, sia ordinarie sia automatiche, nonché in tutte le artiglierie di piccolo calibro, perché esso, oltre a garantire la sicurezza della chiusura ermetica, favorisce la celerità di tiro che si ricerca con queste armi, e ciò a malgrado degl'inconvenienti di peso, d'ingombro e di costo che presenta, insieme alla complicazione dei congegni di estrazione e di espulsione del bossolo, che nelle mitragliatrici sono causa frequentissima d' inceppamenti nel funzionamento. Il sistema ad anello plastico è anche di sicuro funzionamento, ma per la sua forma è applicabile soltanto all'otturatore a vite, e non si presta a una grande celerità di tiro; esso è impiegato in genere nelle artiglierie di medio e grosso calibro, sebbene non manchino numerose eccezioni, tra cui le artiglierie tedesche ed austriache, che hanno otturatore a cuneo e quindi a bossolo metallico anche per i maggiori calibri.