POMILIO, Ottorino
POMILIO, Ottorino. – Nacque a Chieti l’8 ottobre 1887 da Livio, ingegnere, e dalla partenopea Giuseppina Cortese, in un’agiata famiglia composta da 11 figli: 9 maschi e 2 femmine, Beatrice e Amalia.
Tutti e nove i maschi, a eccezione di Federico che divenne avvocato e per alcuni anni podestà di Francavilla al Mare, si formeranno negli studi a indirizzo economico e tecnico-scientifico: Amedeo, Ernesto, Giuseppe e Vittorio si laurearono in scienze economiche; Alessandro, Carlo e Ottorino in ingegneria; Umberto in chimica. Tutti e nove costituirono quel coacervo di personaggi geniali, creativi e imprenditorialmente intraprendenti che fu la famiglia Pomilio nella prima metà del Novecento.
A spingerli, l’intuito e l’impulso del capostipite Livio (deceduto nel 1919), ingegnere capo della Provincia di Chieti in età giolittiana al cui nome sono legati, a cavallo tra Ottocento e Novecento, la realizzazione della caserma Berardi di Chieti e del ponte sul fiume Pescara che collega Chieti con Villanova di Cepagatti, e un’infinità di edifici pubblici e di opere stradali.
Tutti i fratelli perfezionarono la loro preparazione all’estero, per lo più in Germania, Francia, Inghilterra e Svizzera per riportare poi in patria quelle competenze che consentiranno loro di ottenere successi nei rispettivi campi di attività. Con i fratelli Pomilio si raggiunsero i massimi livelli, allora possibili in Europa, di professionalità e competenza in settori strategici come l’aeronautica e la chimica industriale.
Amedeo (1882-1963), in particolare fu una delle principali figure di riferimento della storia produttiva ed economica regionale e primo presidente dell’Associazione industriali d’Abruzzo. Imprenditore idealista e attento al territorio, precorse i tempi e i modelli di impresa con alcune intuizioni fortemente innovative sul piano commerciale e produttivo, a partire dal recupero nei primi anni Venti dell’impianto Aurum – struttura in origine pensata per ospitare uno stabilimento balneare – affidato all’architetto Giovanni Michelucci, per la produzione dell’omonimo liquore.
Ottorino studiò al liceo classico Giambattista Vico di Chieti e, dopo il diploma, si trasferì a Napoli per frequentare la facoltà di ingegneria industriale ed elettrotecnica. Laureatosi nel 1911, poté frequentare l’École supérieure d’aéronautique et constructions mécaniques di Parigi, grazie a una borsa di studio istituita dalla famiglia Cammarota in ricordo del giovane pioniere del volo Enrico Cammarota Adorno. La specializzazione conseguita in Francia in un settore del tutto innovativo, in piena era futurista e di grandi trasformazioni tecnologiche, gli offrì ottime possibilità di affermazione.
Tornato in Italia nel 1912, fu ammesso come volontario presso l’Ufficio tecnico del battaglione aviatori di Torino per interessamento del tenente colonnello Maurizio Mario Moris, da lui conosciuto durante il soggiorno a Napoli. Qui Pomilio poté sviluppare la propria cultura aeronautica e dimostrare la sua vocazione di inventore e progettista. Partecipò personalmente a esperimenti di volo con i piloti collaudatori e nel 1913, insieme al copilota Pietro Pattazzi, stabilì il primato italiano in altezza; tale successo fu seguito però da un gravissimo incidente che gli costò tre mesi di degenza ospedaliera e un anno di convalescenza. Pomilio ne approfittò per dedicarsi all’attività didattica impartendo lezioni presso la Scuola di costruzione aeronautica di Roma, in un corso organizzato direttamente dall’Istituto centrale aeronautico e destinato a tutti gli ufficiali della Direzione tecnica dell’aviazione militare (DTAM).
Le dispense del corso furono poi pubblicate, tra il 1914 e il 1915, con il titolo Costruzione degli aeroplani, ordinate in due volumi con 38 pagine di disegni originali. L’opera ancora oggi è considerata uno dei più importanti trattati di aviazione pubblicato in Italia. Il 9 settembre 1915, promosso al grado di sottotenente del Genio, venne chiamato alla DTAM con mansioni di progettista; ben presto, grazie alle capacità dimostrate, diventerà capo dell’Ufficio tecnico.
Alla DTAM, dove tra l’altro si trovava anche il fratello Carlo, Pomilio ebbe modo di collaborare con un altro grande talento dell’ingegneria aeronautica: l’ingegnere Corradino D’Ascanio, anche lui abruzzese, destinato a entrare nella storia come inventore dell’elicottero e della famosissima ‘vespa’ divenuta negli anni un autentico mito tra i motoscooter italiani. L’intesa tra i due ingegneri diede vita a un proficuo rapporto di collaborazione protrattosi felicemente per diversi anni. In questo periodo Ottorino conobbe il capitano Umberto Savoja, anch’egli ingegnere aeronautico e insieme a lui progettò e costruì, nelle officine Mirafiori della FIAT, cinque prototipi di aeroplani che passarono alla storia dell’aeronautica con la sigla SP (Savoja - Pomilio). Alla fine del 1915, si dimise dalla DTAM per fondare sempre a Torino, un’attività autonoma, la Società anonima per costruzioni aeronautiche ing. O. Pomilio & C. della quale fu, nella fase iniziale, amministratore delegato, direttore tecnico e progettista.
Il 10 luglio 1916, con il volo del prototipo del velivolo militare SP2, pilotato dal sergente Francesco Almerigi, inaugurò quello che è oggi conosciuto come Campo volo Aeritalia. Gli stabilimenti torinesi, a cui collaboravano anche i fratelli Amedeo, Alessandro ed Ernesto, oltre a D’Ascanio, produssero durante la Grande Guerra oltre 1500 biplani tra aerei da caccia, da ricognizione e da bombardamento. La Pomilio & C. divenne così fornitrice ufficiale della Real Casa Savoia.
Sul finire della guerra, Pomilio acquistò da D’Ascanio il brevetto n. 32500 relativo al clinometro universale automatico per aeroplani, strumento necessario per conoscere l’angolo di beccheggio e di rollio di un aereo, e i velivoli militari progettati da Pomilio e D’Ascanio cominciarono a farsi conoscere anche oltreoceano. Prototipi dei PD e PE furono presentati nel 1917 alle autorità militari degli Stati Uniti che apprezzarono soprattutto il PE: fu questo a stabilire il record di velocità americano di allora con una velocità di 210 km/h su un percorso di 480 km.
Quando nel 1918 il governo statunitense chiese ufficialmente a quello italiano di avere la collaborazione dei Pomilio, Ottorino accettò e, dopo aver ceduto il suo stabilimento all’Ansaldo, il 5 agosto 1918 sbarcò a New York per recarsi subito dopo a Indianapolis. Qui fondò una nuova società, la Airplane Pomilio Brothers Corporation e – con la collaborazione dei fratelli Alessandro, Ernesto e Vittorio, di Corradino D’Ascanio e di una ventina di tecnici per lo più abruzzesi – costruì una fabbrica aeronautica nei locali della Allison Experimental Works. In pochi mesi il gruppo riuscì a realizzare due nuovi progetti di aerei militari ma, nonostante gli iniziali apprezzamenti, la collaborazione con gli americani non andò oltre il 1919. La società fu sciolta, e Pomilio lasciò gli Stati Uniti dove aveva trovato anche il tempo di scrivere un trattato in lingua inglese: Airplane design and costruction. Tornato in Italia, sposò Maddalena Baldassarre dal matrimonio con la quale nacque nel 1927 l’unico figlio Guido.
Concluso il conflitto, non riuscì nel programma di convertire la sua progettualità dal campo dell’aeronautica militare a quella a usi civili. Abbandonò allora definitivamente l’aeronautica per dedicarsi alla chimica, settore nel quale i fratelli Umberto ed Ernesto avevano già ottenuto un qualche successo nel 1920 con la Elettrochimica Pomilio, con sede in Napoli.
Con l’ingresso di Ottorino, la società diventò Pomilio spa Cellulosa-Cloro-Soda e – sotto la guida di Umberto (1890-1964), valente ingegnere chimico, specializzato in Germania – poté dare inizio all’esperimento per ottenere la cellulosa da fibre vegetali povere come paglia e sparto mediante il cloro; il procedimento, brevettato negli anni Venti, fu subito chiamato metodo Pomilio. Per tali sperimentazioni si avvalsero della collaborazione di Francesco Giordani, già docente di chimica industriale all’Università di Napoli, ottenendo lusinghieri successi. L’inizio però si rivelò piuttosto stentato e la società finì sotto il controllo della Banca agricola italiana, prima, e nel 1933 dell’Istituto per la ricostruzione industriale (IRI).
Al vertice della società salì Giuseppe Cenzato con Ottorino vicepresidente e consigliere delegato. Con i nuovi assetti riprese vigore il metodo Pomilio, agevolato anche dalla politica autarchica del regime fascista, e la produzione di cellulosa dai vegetali si rivelò presto la soluzione ottimale. Nel 1936 fu aperto un secondo stabilimento a Foggia, su progetto dello stesso Pomilio; ma presto – nell’ambito della politica dell’IRI volta a ritenere la fabbrica complementare alle industrie consumatrici di cellulosa, cioè le cartiere – venne ceduto all’Istituto poligrafico dello Stato.
Nel 1938, quando il programma autarchico del regime entrò nella sua piena realizzazione, avvenne la svolta. L’IRI, in osservanza delle direttive del governo fascista, non solo partecipò alla creazione di tre nuove società nel settore chimico – Sviluppo produzione cellulosa, Cellulosa d’Italia (CELDIT) e Cellulosa nazionale (CELNA) in compartecipazione con le Cartiere Burgo di Luigi Burgo – ma favorì anche la creazione di nuovi stabilimenti a Chieti, Cuneo, Capua e l’incorporazione di quello di Mantova già esistente. La struttura organizzativa del colosso industriale fu composta da Francesco Giordani, presidente del Cda; Luigi Burgo, vicepresidente; Pomilio e Luigi Angeli direttori generali, rappresentanti rispettivamente dell’IRI e della Burgo.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale venne a ostacolare i piani della società e solo le fabbriche di Chieti, Cuneo e Mantova riuscirono ad avviare la produzione, nonostante seri problemi nei trasporti e nell’approvvigionamento delle materie prime (soprattutto paglia). In questo clima, l’IRI avviò nel 1941 la cessione degli stabilimenti a privati e la fabbrica abruzzese, in cui era più coinvolto Pomilio, venne assorbita nel 1943 da quella società Cellulosa-Cloro-Soda ancora operante a Napoli (ex Pomilio).
I danni causati dai bombardamenti furono ingenti: più di metà dello stabilimento e dei macchinari andò distrutta. Nel dopoguerra Pomilio si prodigò alla ricostruzione della fabbrica come amministratore delegato della CELDIT, sia nella fase progettuale sia in quella esecutiva, lottando contro le resistenze interne alla stessa società. Lo stabilimento riaprì solo nel gennaio 1948.
Il dopoguerra lo vide attivamente impegnato come imprenditore e manager qualificato all’interno dell’Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno (SVIMEZ) in un progetto di industrializzazione del Mezzogiorno.
Intanto la CELDIT, che pure aveva ripreso la sua attività, continuò a stentare non certo per inadeguatezza di Pomilio quanto per l’agguerrita concorrenza estera, specie della Svezia che trovò nell’Italia un ottimo mercato per l’esportazione di cellulosa. Nel 1950, in un quadro di continue difficoltà, l’IRI decise di cambiare i vertici della società, nella speranza di rivitalizzare l’attività industriale. Pomilio passò alla presidenza, mentre amministratore delegato e direttore generale fu nominato Agostino Canonica, un manager di lunga esperienza nel campo industriale.
Fu il momento in cui nello stabilimento entrò in funzione l’impianto di cartiera, realizzando così il vecchio progetto dei Pomilio di creare una fabbrica a ciclo di lavorazione completo dalla materia prima, la cellulosa, al prodotto finito, la carta. A metà degli anni Cinquanta, la cartiera si rivelò insufficiente e si pensò di aprirne una seconda per raddoppiare la produzione e assorbire la quasi totalità della cellulosa autoprodotta. Pomilio ancora una volta fu l’ispiratore e l’esecutore tecnico del progetto, godendo del sostegno delle autorità politiche locali oltre che delle maestranze. Il progetto fu approvato dall’IRI all’inizio del 1957 ma Pomilio non fece in tempo a vederlo.
Colto da improvviso malore, morì il 3 gennaio 1957 a Roma all’età di 70 anni.
Il suo corpo riposa nel mausoleo privato della famiglia Pomilio in Francavilla al Mare.
Fonti e Bibl.: Documentazione su Pomilio è rintracciabile a Roma, Archivio storico dell’Aero-nautica militare.
G. Evangelisti, O. P., un ingegnere pieno di iniziative, in Gente dell’aria, V, Firenze 1998; E. Felice, Tra inventiva privata e finanziamenti pubblici: O. P. da ingegnere imprenditore a manager Iri, in Imprenditori e banchieri. Formazione e selezione dell’imprenditorialità in Italia dall’Unità ai giorni nostri, a cura di G. Conti et al., Napoli 2004, pp. 333-395; E. Felice, P. O., in Gente d’Abruzzo. Dizionario biografico, VIII, Castelli 2007, ad vocem; A. Moriondo, La storia dell’Aero Club Torino (ovvero gli albori dell’aviazione a Torino ed in Italia), Borgone di Susa 2010; S. De Leonardis, Amedeo Pomilio, l’inventore dell’Aurum, in Il Centro, 22 dicembre 2012; S. D’Agnese, P. un genio italiano per l’Aeronautica americana, in Abruzzo nel mondo, XXXII (2014), 5, p. 4.