OTTONE (fr. laiton; sp. latón; ted. Messing; ingl. yellow brass)
Si chiamano ottoni le leghe costituite principalmente di rame e di zinco nelle proporzioni approssimative di 1 ÷ 1,5 parti di zinco e 2 circa di rame. Per quanto si possa avere in pratica un numero assai grande di composizioni e di qualità di ottoni, pure le leghe d'importanza industriale possono, grosso modo, essere raggruppate intorno ai tre tipi principali seguenti: l'ottone 70 Cu/30 Zn per lavorazioni meccaniche a freddo (per tubi di condensazione, cartucce, lamiere da stampaggio profondo, ecc.), l'ottone 67 Cu/33 Zn per getti in genere e l'ottone 60 Cu/40 Zn o "metallo Muntz" per lavorazioni meccaniche a caldo (per pezzi stampati, fucinati, od ottenuti per estrusione). Dall'ottone 60/40 deriva la serie degli ottoni ad alta resistenza contenenti elementi speciali. Con l'aumentare del tenore di zinco s'accrescono la resistenza e la durezza, diminuisce la duttilità (v. leghe). L'ottone è un materiale molto interessante per l'industria meccanica per il suo costo relativamente basso (è senza dubbio la più economica fra le leghe non ferrose di estese applicazioni industriali), per le buone proprietà meccaniche, la sua resistenza alla corrosione, l'agevole lavorabilità, ecc.
Diagramma di stato. - La più recente espressione del diagramma di stato è quella di Bauer e Hansen, di cui è riportata nella fig. 1 la parte riferentesi alle leghe da 0 a 60%, di zinco. Dalla massa fusa si separano col raffreddamento, a seconda della composizione della lega, cristalli misti α e β di struttura e proprietà fisiche notevolmente differenti. La linea ABmE delimita il campo della soluzione solida α. A 905° (punto B) il rame tiene in soluzione 32,5% di zinco. Con l'abbassarsi della temperatura la solubilità dello zinco cresce secondo la Bm, cosicché a 450° il 39% di zinco si trova disciolto nel rame. Al disotto di 450° la solubilità non varia più (mE). Le leghe con 32,5 ÷ 39% di zinco al di sopra della curva Bm risultano perciò formate da cristalli α e β; sotto la Bm invece tutto il costituente β è assorbito dal costituente α. È da notare però che lo stato di completo equilibrio non viene raggiunto che con lenti raffreddamenti: perciò in alcuni casi della pratica (p. es., nei getti) le leghe con 32,5 ÷ 39% di zinco possono presentare quantità più o meno rilevanti del costituente β. Per avere perciò con sicurezza ottoni esclusivamente α, indipendentemente dalla velocità di raffreddamento, bisogna ricorrere alle leghe a tenore di zinco minore di 32,5% (fig. 2).
Aumentando il tenore di zinco si entra nel campo degli ottoni a struttura metallografica α + β (fig. 3), campo limitato a destra dalla CnoF. Negli ottoni compresi tra E (39% Zn) ed F (46% Zn) le proporzioni di α e di β presenti dipendono dalla composizione della lega.
Aumentando ancora il tenore di zinco si entra nel campo degli ottoni ad unico costituente β (fig. 4) limitato a destra dalla linea GpqJ Fra 453 e 470° i cristalli β presentano una trasformazione di natura finora sconosciuta, in una forma β, alla quale non si accompagnano per altro variazioni di microstruttura e di proprietà meccaniche.
Oltre la linea GpqJ si nota il terzo costituente γ. Gli ottoni in cui γ è presente non hanno applicazioni per la dannosa influenza che questo costituente esercita sulle proprietà meccaniche.
Gli ottoni di maggiore importanza sono quelli a costituente α e α + β. Le caratteristiche meccaniche dei due costituenti α e β sono diversissime e complementari: α è assai duttile a freddo e dotato di scarsa resistenza; per contro, β è poco duttile a freddo, ma malleabile a caldo, e molto più resistente e più duro del costituente α. Quindi gli ottoni a struttura α + β sono dotati di duttilità elevata o, piuttosto, di resistenza elevata, a seconda della quantità di α o di β in essi presente.
Ottoni speciali. - Agli ottoni normali spesso vengono aggiunte quantità più o meno grandi di altri metalli quali lo stagno, il manganese, il ferro, il nichelio, il silicio, l'alluminio, ecc., che conferiscono all'ottone proprietà particolari. Il manganese, il ferro, lo stagno, l'alluminio e il silicio agiscono, sia pure in misura diversa, nello stesso senso dello zinco; essi esercitano cioè un'azione indurente sull'ottone, che si comporta quindi come se il suo rapporto rame/zinco fosse minore di quello d'origine. Il nichelio, per contro, agisce nello stesso senso del rame; conferisce cioè una maggiore duttilità all'ottone, per cui il rapporto rame/zinco dell'ottone al nichelio appare maggiore di quello originario. Questo rapporto modificato dell'ottone speciale, così ottenuto, è stato chiamato dal Guillet titolo fittizio della lega, e viene determinato dai coefficienti d'equivalenza degli elementi aggiunti rispetto allo zinco (o rispetto al rame nel caso del nichelio). Così, quando si dice che il coefficiente di equivalenza dello stagno è 2, o che il coefficiente dell'alluminio è 6, si deve intendere che una parte di stagno o una di alluminio esercita sull'ottone lo stesso effetto indurente di due o, rispettivamente, di sei parti di zinco. Nel caso del nichelio invece una parte di nichelio ha sull'ottone lo stesso effetto di 1,3 parti di rame.
Nella seguente tabella sono dati i valori dei coefficienti d'equivalenza degli elementi che più di frequente occorrono negli ottoni speciali (Guillet):
Si applichino ora queste considerazioni al calcolo del titolo fittizio d'un ottone speciale della seguente composizione: Cu 62,70, Zn 34, 16, Al 1,92, Fe 0,57, Sn 0,57, Mn 0,20. Il titolo fittizio risulta dal calcolo seguente:
Riferito a 100 parti, il titolo fittizio dell'ottone in esame risulta determinato dal rapporto fra i seguenti percento:
L'ottone speciale della suddetta composizione corrisponderà dunque, per struttura metallografica, comportamento alle lavorazioni e - grosso modo - proprietà meccaniche, a un ottone semplice dal titolo reale 57/43 (fig. 3). Naturalmente, se gli elementi speciali aggiunti non avessero altra funzione all'infuori di quella di sostituirsi allo zinco nei rapporti indicati dai coefficienti d'equivalenza, gli ottoni speciali non presenterebbero alcun interesse, poiché basterebbe fabbricare allora, molto più economicamente, un ottone semplice a tenore di zinco maggiore. In realtà però avviene che ciascuno degli elementi speciali porta all'ottone un contributo suo proprio. Così, p. es., il ferro accresce la resistenza e la durezza dell'ottone; se ne aggiunge da 0,5 a 2% circa sotto forma di leghe ferro-rame, o ferro-zinco, o ferro-stagno. Il manganese agisce nello stesso senso del ferro e si comporta come un affinante della grana; se ne aggiunge usualmente fino al 2-3%. L'alluminio eleva notevolmente resistenza e durezza, accresce la resistenza alla corrosione, agisce da potente disossidante; se ne aggiunge fino al 3% circa. I migliori risultati si ottengono con aggiunte contemporanee di alluminio e di ferro. Il silicio ha effetto analogo all'alluminio, anzi ancora più accentuato; si aggiunge sotto forma di rame-silicio. Si fabbricano oggi ottoni al silicio durissimi (180-200 Brinell) col 5% circa di silicio, ottimi per bronzine ad alta velocità e che sostituiscono vantaggiosamente il bronzo da cuscinetti al 16% di stagno, più costoso, meno duro e resistente. Lo stagno conferisce all'ottone una buona resistenza all'acqua di mare; se ne aggiunge l'1% circa (ottone navale). Il nichelio aumenta la tenacità dell'ottone e ne agevola la tecnica di fonderia; le aggiunte di nichelio vengono in generale combinate ad aggiunte di ferro e d'alluminio. Il piombo non entra in lega con i costituenti dell'ottone e ne peggiora in genere tutte le caratteristiche meccaniche, anche se uniformemente ripartito. Tuttavia esso viene a volte volontariamente aggiunto per accrescere la lavorabilità della lega (lavorazioni al tornio automatico). L'arsenico, l'antimonio, il bismuto vanno considerati come impurezze dannose, di cui non possono essere tollerate che tracce negli ottoni di buona qualità.
Per le applicazioni, fabbricazione e proprietà dei più comuni tipi di ottoni commerciali, v. alle voci fusione; laminazione le tabelle con la composizione chimica e le proprietà meccaniche dei principali tipi di ottoni da getto e da lavorazione meccanica.
Trattamento termico degli ottoni. - Affinché un ottone α (p. es. in lamiere o in barre), incrudito per effetto di lavorazioni a freddo, possa subire ulteriori lavorazioni a freddo (p. es. di stampaggio profondo, o di trafilatura, ecc.), dev'essere sottoposto a una ricottura capace di conferirgli un'elevata duttilità e un basso limite elastico. Alla fig. 5 sono riportate le variazioni delle proprietà meccaniche dell'ottone 67/33 incrudito, in funzione delle temperature di ricottura. Si nota che il massimo addolcimento si ha per temperature di ricottura attorno a 820°; in pratica però la ricottura si eseguisce a temperature inferiori (circa 700°); il suo effetto è del pari sufficiente, e si limita in tal modo l'ossidazione del materiale.
Un trattamento termico di grandissima utilità pratica, e che si eseguisce oggi correntemente sugli ottoni incruditi per effetto delle lavorazioni meccaniche a freddo, consiste in una ricottura a bassa temperatura (250 ÷ 275°) per 30-60 minuti. Un siffatto trattamento non addolcisce il materiale (fig. 5), ma è sufficiente per distruggere la maggior parte delle tensioni interne presenti in un ottone lavorato a freddo, tensioni in genere assai perniciose in quanto possono dar luogo al grave fenomeno delle "cricche di stagionatura", e cioè alla formazione, apparentemente spontanea, di crepe intercristalline più o meno profonde ed estese (figg. 6 e 7). La ricottura a bassa temperatura è essenziale per prevenire questo fenomeno, che può assumere talvolta proporzioni veramente insospettate e allarmanti.
La tempra degli ottoni non ha, in generale, importanza pratica. Per gli ottoni da 70 a 63% circa di rame, che, raffreddati lentamente, appaiono costituiti da soluzione α omogenea, un riscaldamento oltre la linea Bm (v. fig.1), seguito da rapida tempra, fissa una struttura α + β, la quale può per altro essere ottenuta più economicamente aumentando il tenore di zinco.
Gli ottoni α + β, per es. il 59/41, temprati a conveniente temperatura, possono invece assumere la completa struttura β (fig. 4) con aumento di resistenza e durezza, a spese della duttilità e della resistenza all'urto. Con un successivo rinvenimento, β si decompone separando di nuovo il costituente α; a 600° viene ripristinata la struttura normale. Un trattamento di questo genere dà talvolta buoni risultati su ottoni speciali α + β. O. Smalley, p. es., ha ottenuto su un ottone a 60,5% Cu, 33,65% Zn, 2,8% Al, 2,96% Ni, 0,08% Fe, per tempra in acqua da 780° e rinvenimento di 30′ a 450° (raffreddamento lento in forno), un innalzamento del carico di rottura e della durezza da 58 a 72 kg./mmq., e da 125 a 272 Brinell rispettivamente, senza peggioramento dell'allungamento e della strizione, mantenuti, nei due casi, attorno ai valori di 19% e 21% (dati riferentisi a barrette inglesi).
Il trattamento di tempra e rinvenimento degli ottoni α + β può dunque dare risultati molto interessanti. Esso è però assai delicato, e se non viene scrupolosamente eseguito, ne può risultare più danno che vantaggio. Infatti, se il costituente α non viene completamente assorbito durante il riscaldo che precede la tempra, o se la tempra non è sufficientemente energica, tanto la resistenza quanto l'allungamento vengono abbassati piuttosto che innalzati, ed è forse per questo che il trattamento termico di bonifica degli ottoni in genere ha avuto in pratica una diffusione assai limitata.
Bibl.: O. Smalley, Ottoni ad alta resistenza, in Engineering (1922); Foudrywork and Metallurgy, Londra 1932; National Metals Handbook, Cleveland 1933; G. Tammann, Lehrbuch der Metallkunde, 4ª ed., Lipsia 1932; Nichteisenmetalle. Werkstoffhandbuch, Berlino 1927; L. Guillet e A. Portevin, Précis de Métallographie, Parigi 1932.
Arte.
Oggetti in ottone di età romana sono stati rinvenuti recentemente in Germania, provenienti con ogni probabilità dai dintorni di Aquisgrana, dove sino alla fine del sec. I d. C. si sviluppò una fiorente industria di tal genere. Più tardi tale industria ebbe la sua culla a Dinant, città fiamminga sulle rive della Mosa: donde il nome di "dinanderies" dato agli oggetti in ottone, che venivano esportati in Germania, in Scandinavia, in Inghilterra, in Francia e in Spagna, e che artigiani della stessa città andarono a fabbricare anche altrove, p. es. a Tournai, a Bruxelles, a Lione fino dal sec. XIII. A Dinant e a Liegi l'industria, attestata fino dal sec. X, fiorì specialmente dal sec. XII in poi e raggiunse il suo apogeo nella seconda metà del sec. XIV, pur mantenendosi fino alla fine del sec. XVIII; produsse, accanto a semplici oggetti d'uso domestico, veri e proprî arredi civili ed ecclesiastici di cui sono massimo esempio, fra i più antichi, i fonti battesimali già a Notre-Dame e ora a San Bartolomeo di Liegi, opera di Reiner de Huy (sec. XII). La produzione s'estese ben presto anche alla Germania settentrionale, dalla quale, oltre che dalle Fiandre, provengono piatti sbalzati e i numerosi acquamanili, a foggia di leone o di cavaliere, ispirati tutti a forme orientali, al pari dei candelieri sostenuti da cervi, leoni o arieti; mentre riflettono piuttosto le forme della scultura gotica i monumenti sepolcrali con la figura giacente del defunto, circondata talora da statuette di personaggi principeschi, e le lastre pure sepolcrali in ottone inciso, che furono poi assai frequenti in Inghilterra. Numerosi sono i leggii da coro, di cui è fra i primi e più belli quello di Notre-Dame a Tongres, firmato da Jean Josès di Dinant (seconda metà del secolo XIV), autore anche di un candelabro per la stessa chiesa; di solito essi sono a foggia di aquila, di grifo o di pellicano posati su un sostegno architettonico di tipo gotico o su una colonnetta. I tipi gotici continuano a prevalere nel sec. XV, in cui primeggiano i fonditori fiamminghi e olandesi (Wil. Lefebre di Tournai, fonte battesimale di Notre-Dame di Hal nel Brabante; Reiner van Thienen di Bruxelles, candelabro di Leau con la Crocifissione; Aert di Maastricht, fonte battesimale di Bosco Ducale); ma notevole fu anche la produzione della Germania settentrionale, specialmente di fonti battesimali e di candelabri che vennero anche esportati (leggii di S. Marco a Venezia e della SS. Annunziata a Firenze): è di quel periodo il ciborio della Marienkirche a Lubecca, opera di fusione e d'oreficeria insieme. Fino dalla prima metà del Quattrocento si fecero in ottone anche lampadarî sia nei Paesi Bassi sia in Germania, dove le forme rivelano una maggiore fantasia; il tipo più frequente è quello col fusto a foggia d'edicola architettonica dal cui piede si diramano i bracci per le candele; ma è abbastanza diffuso, specie nella Germania orientale, anche il tipo a rami verticali, incurvati in modo da formare come un'aureola per la statuetta della Vergine in essi racchiusa; da questi partono i piatti orizzontali per le candele. Per l'uso domestico si fecero in ottone mortai, candelieri, alari, pentole con due beccucci e boccali con coperchio muniti di anse e beccucci a figura animale. Accanto all'ottone fuso e cesellato si diffonde soprattutto nel secolo XV la produzione dell'ottone sbalzato, specialmente nei grandi piatti (che ebbero talvolta impiego come arredo sacro) a larga tesa e con decorazione prima di fiorami e d'ornamenti disposti simmetricamente, poi di figure e di scene per lo più sacre (Peccato originale, Annunciazione, San Giorgio, San Cristoforo), circondate da iscrizioni gotiche di cui non si capisce il senso. La Germania meridionale e specialmente Norimberga e Augusta furono i centri maggiori di questa produzione, che ha un carattere quasi meccanico per l'abituale impiego di matrici e di punzoni, a differenza di quella di Dinant, dove si continuò a praticare veramente lo sbalzo. In Italia, l'unica produzione artistica d'oggetti in ottone, nel Quattrocento, è quella veneziana, in cui è palese la derivazione orientale sia nella tecnica della decorazione incisa o ageminata d'argento sia nei motivi di tipo musulmano; comprende coppe, bacini, profumeghi (recipienti emisferici con coperchio piano traforato, o a sfera traforata), candelabri a fusto basso e a largo piede circolare, boccali, piatti. Alla decorazione di stile orientale, dovuta forse all'attività in questo ramo d'artigiani saraceni o greci, subentrano alla fine del secolo i motivi occidentali, a cui a loro volta succedono nel sec. XVI quelli del Rinascimento, vegetali e figurati, talora di evidente derivazione classica. Nel Cinquecento fuori d'Italia si fanno in ottone per lo più dorato strumenti geometrici o di agrimensura, astrolabî, globi celesti o terrestri, orologi solari o a ruota: l'ornamentazione incisa rivela una fantasia e un gusto spesso veramente singolari; minore invece fu la produzione in altri campi, se si eccettua quella dei piatti dove tuttavia continuano le forme e i motivi antichi. Il periodo barocco in Olanda conserva ancora molte forme del Rinascimento nei lampadarî, nei candelabri, nelle cancellate, nei piatti; ad esse s'aggiungono poi elementi e forme di derivazione orientale, non ignote neppure altrove: in Germania, oltre che piatti decorati con grandi fiori o borchie centrali, bracieri, ecc., si fecero anche legature di libri in filigrana d'ottone dorato o piatti d'ottone traforato su fondo di seta, e coperchi di serrature traforati e incisi. Col Settecento può dirsi che cessi in Europa una vera produzione artistica di ottone, anche se esso è tuttora usato come elemento di decorazione (ad es. come intarsio nei mobili di stile Luigi XVI); la produzione dell'Ottocento si limita infatti a ripetere le forme e i motivi decorativi antichi (per lo più romanici o gotici) o a usare l'ottone nelle guarnizioni dei mobili, soprattutto inglesi, della fine del secolo.
Nell'arte musulmana l'ottone fu usato soprattutto per i cosiddetti bronzi di Mossul, in cui prevale la decorazione ageminata, secondo una tecnica che dalla Mesopotamia si diffuse nella Persia e nell'Occidente fino a Venezia: per lo più bacili o boccali ansati, con o senza piede, ad alto collo, spalle orizzontali arrotondate e corpo a scanalature verticali. Nella decorazione entra spesso anche il rilievo nelle borchie e nei leoni, seduti di profilo, con teste molto grandi, sbalzati sul collo o sul fondo inciso con iscrizioni, o nei fregi di animali correnti ad altorilievo che coronano spesso l'orlo superiore dei vasi.
V. tavv. CXXIX e CXXX.
Bibl.: C. Drury e E. Fortnum, A descriptive catalogue of the bronzes of European origin in the South Kensington Museum, Londra 1876; E. Molinier, Les dinanderies, in La Collection Spitzer, IV, Parigi 1892, p. 189 e seguenti; J. Destrée, Les dinanderies aux Esposit. de Dinant et de Middelbourg, in L'Art flamand et hollandais, II (1905), p. 37 segg.; R. A. Peltzer, Geschichte der Messingindustrie und der künstlerischen Arbeiten in Messing in Aachen und den Ländern zwischen Maas und Rhein von der Römerzeit bis zur Gegenwart, Aquisgrana 1909; G. Lehnert, Illustrierte Gesch. des Kunstgewerbes, Berlino, senza anno.