OTTONE II imperatore e re di Germania
Figlio di Ottone I, nato nel 955, morto a Roma il 7 dicembre 983, incoronato re nel 961, prima della spedizione del padre a Roma, collega nell'impero nel 967 a Roma, sposato nel 972 alla principessa bizantina Teofano, dalla quale ebbe due figlie e un figlio, Ottone III. Salì al trono diciottenne, nel 973, senza opposizione, e rafforzò la sua corona con l'assegnazione della Svevia a suo nipote Ottone, figlio del suo fratellastro Liudolfo, il quale era stato, come duca di Svevia, rivale del proprio zio Enrico di Baviera, fratello di Ottone I. Questa inimicizia nel seno della casa regnante si ridestò, poiché il figlio di Enrico (dello stesso nome del padre e noto alla storia col soprannome di "Litigioso", padre del futuro imperatore Enrico II) si sentì sopraffatto. E poiché l'imperatore inoltre proteggeva nella Baviera settentrionale una famiglia, divenuta poi famosa col nome di "casa di Bamberga", Enrico cercò di contrastare a tale accerchiamento da ovest e da nord stringendo accordi con la Boemia e la Polonia. Ma i suoi disegni furono svelati prematuramente. Per quella volta l'imperatore s'accontentò di tenerlo prigioniero, ma quando nel 976 Enrico riuscì a fuggire e organizzò una nuova congiura, fu proscritto e dopo una terza ribellione, caduto nelle mani dell'imperatore nel 978 fu rinchiuso a Utrecht. La Baviera fu data al duca Ottone, riunendola nelle stesse mani insieme con la Svevia, e al tempo stesso la sua potenza fu ancor più ristretta col toglierle la parte meridionale fino a Verona, il Friuli e l'Istria, che furono eretti a ducato indipendente di Carinzia; la Marca orientale, risollevatasi rapidamente dai danni delle invasioni degli Ungari, fu data al margravio Liutpoldo della casa di Bamberga, la quale sottrasse poi all'impero la nuova marca (da allora chiamata Austria), facendone il nucleo di un grande stato. Come secondo duca di Carinzia fu messo nel 978 il figlio di una figlia di Ottone I, capostipite della famiglia imperiale salica. Poiché O. teneva in diretto dominio la Sassonia e la Franconia e poiché la Lotaringia era divisa e indebolita, la sua situazione in Germania rimase d'ora in avanti effettivamente consolidata. Con queste lotte interne si riconnettono le guerre combattute contro la Boemia (975, 976, 977) e la Polonia (979). Nel 978 si rese necessaria una spedizione contro la Francia, il cui re Carlo aveva occupato all'improvviso Aquisgrana, in seguito alla nomina da parte di O. di un fratello del re di Francia, a questo ostile, a duca della Lotaringia inferiore. L'esercito imperiale giunse fino a Montmartre, ma sulla via del ritorno subì uno scacco. Tutta l'impresa rimase un episodio privo di conseguenze. I due sovrani s'incontrarono nel 980 al limite dei rispettivi stati e vennero a un accordo sulla base dello statu quo. O. ebbe quindi le mani libere per intervenire in Italia, dove scese nel 980; quivi il papa del partito imperiale, Benedetto VII (974-983), aveva potuto mantenersi. Nei rapporti con l'impero bizantino la situazione era mutata, avendo la famiglia di Teofano dovuto cedere alla dinastia legittima: la rivalità tra i due imperatori si riaccese, e da allora in poi O. non portò più il semplice titolo di Imperator, bensì quello di Imperator Romanorum, che gl'imperatori d'Oriente rivendicavano come loro esclusivo privilegio. O., senza riguardo ai diritti dei Bizantini in Italia (d'altronde essi erano allora occupati in lotte intestine), marciò attraverso il loro territorio contro l'emiro di Palermo, il quale aveva incominciato a prender piede in terraferma, il che aveva mutato il pericolo continuo delle coste, esposte a partire dal sec. XI ad assalti di sorpresa, in una minaccia permanente per l'Italia meridionale: il pericolo divenne anche più grave quando, con la morte di Pandolfo Testadiferro (981), il baluardo da lui eretto tra Spoleto e Salerno andò spezzato in varie parti, tra le quali non fu più possibile stabilire concordia e cooperazione. O. si proponeva di concorrere alla lotta contro gl'infedeli, il compito più insigne dei principi cristiani e specialmente dell'imperatore, ma ottenne unicamente il riavvicinamento dei Bizantini e degli Arabi. La battaglia al Capo Cotrone presso Rossano (13 luglio 982) parve da principio una vittoria, ma l'inseguimento inconsiderato dei fuggiaschi la mutò in una grave disfatta, dalla quale lo stesso imperatore si salvò in maniera avventurosa. In una dieta tenuta a Verona nel 983 si stabilirono i preparativi per rinnovare la lotta. Morto frattanto papa Benedetto, O. procurò che gli succedesse il suo arcicancelliere Pietro di Pavia col nome di Giovanni XIV (983-984), uno straniero per i Romani, il quale avrebbe dovuto rimanere neutrale di fronte ai partiti cittadini. Mentre l'imperatore era in Roma, gli giunse la notizia che gli Slavi, incoraggiati dalla sua sconfitta, avevano varcato il cordone di confine stabilito da suo padre. Prima ancora di poter prendere le contromisure opportune e d'accingersi a risolvere le questioni rimaste in sospeso nell'Italia meridionale, morì delle conseguenze di una dissenteria mal curata.
I giudizî dei contemporanei su Ottone II sono discordi. Più impetuoso dei suoi predecessori, egli fece una politica che fu bensì coronata da successo fino al 981, ma finì col condurlo in difficoltà non prevedute. Non può essergli risparmiata la taccia di avventatezza; si deve tuttavia tenere presente che al momento della sua morte egli non aveva che 28 anni.
Fonti: Mon. Germ. Hist., Dipl., II.
Bibl.: K. Uhlirz, Jahrbücher des deutschen Reiches unter Otto II., Lipsia 1902; vedi anche bibl. di ottone i, e specialmente le opere di Hartmann, Hauck, Cartellieri, Hampe.