OTTONE da Tonengo
OTTONE da Tonengo. – Nacque a Tonengo, nei pressi di Asti, probabilmente tra la penultima e l’ultima decade del XII secolo, da una famiglia appartenuta alla nobiltà feudale legata ai marchesi di Monferrato e alla consorteria ligure dei Fieschi.
I legami di Ottone con la nobiltà feudale di Cocconato e Cavagnolo, collegata al marchesato monferrino, indussero diversi storici eruditi a inserirlo erroneamente nella genealogia del marchese Guglielmo III, dato definitivamente escluso dalla recente storiografia (Paravicini Bagliani, 1972, p. 76).
Le prime notizie del futuro cardinale si trovano nelle carte della Chiesa d’Ivrea della seconda decade del XIII secolo (Savio - Barrelli, 1902, n. 54, p. 344). Infatti, iniziò la carriera ecclesiastica come canonico e assessore generale del capitolo eporediese. Nelle medesime fonti è indicato anche come iudex delegato del vescovo, elemento che fa supporre una formazione giuridica (Gabotto, 1900, p. 105, n. 79, p. 111; Durando, 1902, n. 114, p. 125).
Prima di entrare in curia è nominato anche con il titolo di magister. Nei documenti felsinei del XIII secolo è citato un Ottone canonico bolognese e magister decretorum, ma non è dato sapere se si tratti di Ottone da Tonengo (Chartularium Studii Bononiensis, III, Bologna 1916, n. 165, pp. 182 s.; n. 200, p. 214). Certamente però questi frequentò lo Studio. Lo attesta una lettera di Onorio III (1224) inviata al podestà e al Comune di Bologna in cui Ottone de Thonengo è citato come ambasciatore «ex parte scolarum» per presentare al papa le norme contro gli scolares contenute negli statuti cittadini (L.V. Savioli, Annali bolognesi, III, 2, Bassano 1795, pp. 56 s.). In quel frangente, dunque, Ottone frequentava gli studi giuridici a Bologna e aveva raggiunto una posizione di rilievo nell’universitas.
Il papa dovette apprezzare l’abilità diplomatica del canonico, tanto da nominarlo suo cappellano e coinvolgerlo nella gestione della giustizia pontificia; nel febbraio 1225 gli delegò una causa indicandolo come «auditor litterarum contradictarum» (Rabikauskas, 1973, pp. 220-226). Nel medesimo anno, in qualità di «suddiaconus et cappellanus pape», fu inviato in Inghilterra «pro magniis Ecclesiae romanae negotiis», in particolare per la raccolta di finanziamenti per la crociata (Mattheus Parisiensis, Chronica majora, III, a cura di H.R. Luard, London 1876, p. 97). Tuttavia, fu costretto a lasciare l’isola prima della Pasqua del 1226 senza ottenere particolari risultati. Tornato a Roma, ebbe modo di frequentare figure di spicco dell’entourage papale: testimoniò, per esempio, alla stesura del codicillo testamentario del cardinale Guala Bicchieri suo conterraneo (Paravicini Bagliani, 1980, p. 119). Non stupisce, dunque, constatare come la sua carriera curiale fosse straordinariamente celere: in soli due anni raggiunse il vertice degli onori ecclesiastici. Il 18 settembre 1227 il neoeletto Gregorio IX lo nominò cardinale diacono di S. Nicola in Carcere.
La prima sottoscrizione cardinalizia di Ottone è del 23 settembre 1227 (Potthast, 1874-75, n. 8039). Il pontefice lo coinvolse negli affari più delicati della curia. Nel dicembre dello stesso anno lo inviò, insieme al cardinale Tommaso da Capua, presso l’imperatore Federico II, ma lo scopo di questa missione diplomatica rimane oscuro. Nel gennaio 1228 tornò a Roma. Gli anni seguenti furono caratterizzati da un’intensa attività di rappresentanza a servizio del papa. Nel febbraio del 1229 egli partì per una legazione nel cuore dell’Europa.
In aprile raggiunse Parigi, dove partecipò alle trattative di pace tra il re di Francia e il conte di Tolosa. Il soggiorno parigino fu solo una tappa nel viaggio verso la Danimarca. Prima di giungervi nell’estate 1230, Ottone agì in una vasta zona tra l’Alsazia, il Belgio e la Germania, promuovendo una decisa riforma ecclesiastica non senza incontrare resistenze da parte del clero locale. Nel 1229 promulgò degli statuti per la riforma dei monasteri benedettini e delle canoniche regolari dell’Alsazia (Morin, 1927, pp. 202 s.). Tra il dicembre 1229 e il maggio 1230 si preoccupò, inoltre, della neonata religio delle sorores penitentes di S. Maria Maddalena in Alemannia. Nell’estate 1230, approfittando del clima più mite, si diresse in Danimarca e Norvegia, dove intraprese un’azione di riforma della Chiesa scandinava, come dimostrano gli statuti promulgati contro il concubinato ecclesiastico (Münter, 1831, pp. 1041 s.). Di ritorno dalla Danimarca si stabilì prima a Brema, poi a Monaco e infine a Colonia da dove, nel dicembre 1230, indisse un concilio nazionale da celebrarsi a Würzburg. Tuttavia, la scarsa partecipazione del clero tedesco e le resistenze dei principi laici fecero fallire il progetto di Ottone il quale «iratus recessit» (Annales Coloniensess, 1861, p. 842).
Al principio dell’estate del 1231 tornò in curia a Rieti. Gregorio IX fece appello nuovamente alle sue capacità diplomatiche inviandolo, al principio del 1232, nel Nord della penisola insieme al cardinale Giacomo da Pecorara, per tentare una pacificazione tra l’imperatore e i Comuni. La missione faticò a raggiungere lo scopo, perché Federico eluse più volte l’incontro con la parte avversa, tanto che le trattative durarono oltre un anno e si conclusero con un fragile compromesso. Ottone trascorse gli anni seguenti in curia, al servizio diretto del papa: numerose sono le sue sottoscrizioni tra il 1233 e il 1237 e gli interventi in qualità di auditor nelle cause presentate al tribunale papale.
Nel maggio 1236 il re inglese Enrico III scrisse al papa richiedendogli l’invio di un legato sull’isola per sbrogliare la delicata situazione politica interna al regno e per contenere le pressioni del re di Scozia, Alessandro II (Davies, 2007, pp. 148-149). Nell’agosto dello stesso anno, Gregorio IX decise di inviare il cardinale Ottone quale legato a latere. Egli lasciò la curia papale dopo il 13 aprile 1237 e giunse sull’isola a metà di luglio, accolto dal re. A differenza della legazione tedesca, quella inglese fu un successo per il cardinale, il quale strinse un rapporto privilegiato con il re d’Inghilterra e riuscì a ottenere la fiducia del clero inglese, scozzese e irlandese, ponendo le basi per una sua riforma. Non a caso essa è ritenuta la più importate legazione papale in Inghilterra del XIII secolo.
Il primo affare che Ottone si trovò ad affrontare fu la pacificazione tra Alessandro II ed Enrico III. Il 14 settembre giunse a York e qui presiedé le trattative che si conclusero positivamente il 25 settembre. Prima della fine del 1237 ottenne un altro risultato: la convocazione di un concilio nazionale a Londra per discutere l’attuazione di una riforma della Chiesa inglese in accordo con le costituzioni del Lateranense IV. Il concilio fu un successo. Il fatto che gli statuti sinodali promulgati da Ottone siano trasmessi da più di una sessantina di manoscritti ne è una testimonianza. Tra il 1238 e il 1239 il cardinale risedette per lo più a Londra, dedicando particolare attenzione alla riforma della vita religiosa, come documenta la sua partecipazione al capitolo degli abati e dei priori benedettini radunatosi il 10 novembre 1238 (Mattheus Parisiensis, Chronica majora, cit., III, p. 499). La pubblicazione della nuova scomunica contro Federico II diede l’occasione a Ottone di recarsi in Scozia, ove promosse anche una riforma del clero. Nell’ottobre 1239 convocò a Edimburgo un concilio di cui non si sono conservate le costituzioni. Anche in Irlanda ebbe modo di intervenire per condurre la Chiesa locale all’osservanza romana. Tornato nella capitale del regno, vi restò per tutto il 1240 e il 29 dicembre lasciò l’isola.
Gregorio IX aveva convocato un concilio a Roma per la Pasqua del 1241. Di ritorno dall’Inghilterra, Ottone si imbarcò a Genova con numerosi prelati – tra cui il cardinale legato Giacomo da Pecorara – e alcuni rappresentanti delle città lombarde. Le navi genovesi, tuttavia, furono intercettate dalle galee pisane e, nella celebre battaglia dell’isola del Giglio, furono per la maggior parte affondate o danneggiate. Tra i prigionieri ci furono anche i due cardinali, i quali proseguirono sotto scorta il loro viaggio fino a Salerno. Ottone ricevette da parte dello Svevo un trattamento meno duro del collega, forse perché ritenuto più adatto a riaprire le trattative con la curia. Il 21 agosto 1241 morì a Roma Gregorio IX e l’esiguo numero di cardinali presenti costrinse l’imperatore a concedere ai due porporati il permesso di partecipare al conclave, a condizione che, eletto il papa, tornassero in carcere. Federico sperava forse che fosse eletto proprio Ottone. Quest’ultimo riuscì a partecipare sia al conclave da cui uscì eletto Celestino IV sia a quello che nel 1243 elesse Innocenzo IV.
Nella prima promozione cardinalizia, il 28 maggio 1244, Innocenzo IV, forse per premiare la fedeltà romana di Ottone durante il periodo della sua prigionia, lo trasferì alla sede episcopale di Porto, coinvolgendolo nella sua azione di governo: prima della partenza della curia per Lione lo inviò presso l’imperatore «pro negociis pacis […] tractandae» e gli affidò un delicato incarico nell’ambito della regolamentazione della vita religiosa, ovvero la cura della religio degli Umiliati che si trovava in un momento particolare della propria evoluzione istituzionale (G. Tiraboschi, Vetera Humiliatorum Monumenta, II, Milano 1767, pp. 198-200). Passò gli ultimi anni in curia, collaborando alle attività ordinarie dei tribunali papali in qualità di auditor fino al febbraio 1249, soglia oltre la quale non compare più nella documentazione.
Morì probabilmente tra la fine del 1250 e l’inizio del 1251 a Lione – prima del 23 gennaio 1251, data in cui è menzionato come defunto (Les registres d’Innocent IV, n. 5143) – e fu sepolto nel convento cittadino dei frati predicatori.
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