MANDELLO, Ottolino (Ottone, Ottorino) da
Figlio probabilmente di Guido, che fece parte del Consiglio del Comune di Milano nel 1245, nacque intorno alla metà del XIII secolo.
La figura del M., benché abbastanza nota, non manca di elementi di incertezza, anche a causa delle molte variabili del nome; nella genealogia della casata, la sua figura viene sdoppiata in quelle di Ottone figlio di Robaconte e in Ottorino figlio di Uberto.
La prima notizia sulla sua attività politica risale al 1274, quando fu bandito da Milano a opera dei Della Torre e si unì ai fuorusciti aristocratici raccoltisi attorno all'arcivescovo Ottone Visconti. Dopo la battaglia di Desio (gennaio 1277) e la fine del regime torriano, il M. rientrò in città, dove dopo qualche anno assunse un ruolo importante. Il 17 marzo 1283 egli fu procuratore del Comune di Milano, insieme con Giacomo da Monza, nella conclusione di un'importante lega con Brescia e Piacenza, le quali, dopo i Vespri siciliani, si erano sottratte alla signoria di Carlo d'Angiò e cercavano nuovi alleati nello schieramento padano.
Conformemente alla tradizione familiare, il M. intraprese, con il fratello Princivalle, la carriera di podestà itinerante, ricoprendo diversi incarichi di rilievo, soprattutto nell'ambito delle città ghibelline, del cui schieramento Milano era divenuta una delle componenti principali. Nel 1280 resse Pisa, nel 1286 Brescia e nel 1288 Padova. Particolarmente importante fu la podesteria del 1290 ad Asti: nel 1289, infatti, il marchese Guglielmo VII di Monferrato, dopo aver ottenuto il titolo di capitano di Pavia, aveva ripreso la sua politica egemonica nella regione a cavallo fra le attuali Piemonte e Lombardia. Asti, direttamente minacciata, rafforzò la sua alleanza con Milano. Quale garante di questa, nel primo semestre 1290 la città assunse come rettore il M., il quale si adoperò con successo nel contrastare le incursioni del marchese, stringendo nel contempo ulteriori legami con il conte di Savoia, Amedeo V. Il 10 sett. 1290 Guglielmo fu catturato dagli Alessandrini, rivoltatiglisi contro. La sconfitta del marchese causò un cambiamento di campo da parte di Pavia, che si schierò a fianco di Milano e chiamò a sua volta il M. quale podestà per il secondo semestre del 1290. Il M. resse poi Bologna nel 1293, mentre nel 1296 ebbe una sfortunata esperienza a Bergamo, dove, coinvolto nel conflitto fra Suardi e Colleoni, fu da questi ultimi cacciato dopo pochi mesi. Concluse infine la sua carriera a Bologna, dove fu nuovamente podestà nel 1298-99.
Di pari passo con questo impegno professionale il M. intrattenne stretti rapporti, più tormentati, con il governo milanese e, in particolare, con Matteo Visconti che tentava di imporsi come figura politicamente egemone del nuovo regime. È probabile che il M. si sia riconosciuto in uno schieramento che tentava di instaurare un dialogo con i Della Torre fuorusciti e con gli altri avversari. In tal veste, insieme con Enrico da Monza, nel 1285 tentò di dissuadere i Milanesi dall'assedio di Castelseprio, il cui signore, Enrico di Castiglione, aveva un atteggiamento ostile ai Visconti. Nel 1288 fu candidato al capitanato del Popolo, ma non l'ottenne perché il Visconti, che l'aveva detenuto precedentemente, non abbandonò più la carica. Con altri "poco amici di Matteo Visconti" (Giulini, p. 747), quali Enrico da Monza e Francesco Carcano, nel 1292 appoggiò un colpo di mano condotto a Como da Giovanni Lucini, nel tentativo di cacciare la dominante famiglia dei Rusconi. Matteo intervenne però militarmente a sostegno di questi ultimi e si fece nominare quale locale capitano per un quinquennio.
È probabile però che la pretesa inimicizia fra il M. e Matteo sia stata eccessivamente valutata, soprattutto da una tradizione storiografica locale troppo volta a leggere nelle vicende di fine Duecento le radici dei successivi sviluppi politici e istituzionali del pieno Trecento. Non mancano infatti notizie di segno opposto, che mostrano il M. operare, negli anni Novanta del Duecento, a vantaggio del Comune di Milano e di Matteo, quale suo principale esponente: dall'importante ruolo, già ricordato, ricoperto dal M. nel 1290 ad Asti e a Pavia nell'affermazione del controllo milanese su diverse città dell'Italia occidentale, al tentativo di appoggiare i filoviscontei Suardi a Bergamo nel 1296, all'invio di truppe locali a rinforzo di Milano, impegnata nella guerra contro Pavia, Novara e Vercelli, durante la sua podesteria bolognese del 1299.
Non si hanno ulteriori notizie del M. dopo quest'ultimo incarico: nel 1302, quando Matteo fu cacciato dalla città, egli era probabilmente già morto, ma suo fratello Princivalle fu subito bandito dai nuovi governanti, a conferma dei legami fra i due fratelli e i Visconti. Stupisce meno, in tale prospettiva, la notizia che nel 1295 il suo preteso nemico, Matteo Visconti, avesse dato in moglie una delle sue figlie, Floramonda, a Guidetto, figlio del Mandello.
Contrariamente a quanto accadde per gli altri esponenti duecenteschi della famiglia, la vita privata del M. non è completamente sconosciuta. Egli possedeva una casa che era parte dell'isolato controllato dalla famiglia e detto hospicium magnum dei da Mandello, sito a cavallo fra le parrocchie di S. Lorenzo in Turrigio e S. Damiano in Carrobbio. Terre a lui appartenenti sono ricordate nel territorio di Arese. Nel 1288 il M. intervenne a favore di una fanciulla, Florina de Subinago, il cui tutore amministrava a proprio vantaggio l'eredità; in seguito fu combinato il matrimonio di Florina con Mazzolo, figlio del M., il quale non aveva ancora l'età legale per sposarsi. Nell'attesa, la giovane fu accolta in casa dello stesso M., ma decise di farsi monaca nel monastero di S. Maria della Vettabbia: ne derivò una lite, conclusa, nell'ottobre del 1290, con l'attribuzione al mancato suocero di un terzo dei beni dotali della fanciulla, a titolo di rimborso delle spese sostenute.
Fonti e Bibl.: G. Ventura, Memoriale, in Rer. Ital. Script., XI, Mediolani 1737, col. 167; B. Corio, Storia di Milano, a cura di A. Morisi Guerra, Torino 1978, pp. 546, 553; Gli atti del Comune di Milano nel secolo XIII, III, a cura di M.F. Baroni, Alessandria 1992, pp. 260 s. doc. 254, 261-263 doc. 255, 483 doc. 450, 801 doc. 774; IV, Appendice, a cura di M.F. Baroni, ibid. 1998, pp. 219 doc. 246, 464-468 doc. 538, 469-471 doc. 529; G. Giulini, Memorie spettanti alla storia( di Milano ne' secoli bassi, IV, Milano 1855, pp. 617, 688, 704, 727, 739, 747, 777, 788, 790, 818; F. Gabotto, Asti e la politica sabauda in Italia al tempo di Guglielmo Ventura, Pinerolo 1903, p. 114; G. Franceschini, La vita sociale e politica nel Duecento, in Storia di Milano, IV, Milano 1954, p. 349; E. Occhipinti, Podestà "da Milano" e "a Milano" fra XII e XIV secolo, in I podestà dell'Italia comunale, a cura di J.-C. Maire Vigueur, Roma 2000, I, p. 55; G. Battioni, Osservazioni sul reclutamento e la circolazione di podestà bergamaschi in età comunale, ibid., p. 126; M. Vallerani, Ufficiali forestieri a Bologna, ibid., p. 297; P. Grillo, Milano in età comunale (1183-1276). Istituzioni, società, economia, Spoleto 2001, p. 510.