BELLONI, Ottobono
Appartenente a una fainiglia originaria di Valenza in Piemonte, nacque a Moncalieri, in data imprecisata, nella seconda metà del sec. XIV, da Paolo. Studiò a Pavia dove il 24 nov. 1397 conseguì la licenza in diritto canonico e il 1°sett. 1398 la laurea in utroque iure.Pare che in seguito sia entrato al servizio pontificio. Ebbe contatti con la curia durante il pontificato dell'antipapa Giovanni XXIII e in un documento dell'anno 1412 risulta essere auditore pontificio. Egli non tralasciò di instaurare rapporti con i Savoia: nella primavera dello stesso 1412 svolse insieme con il saviglianese Pietro Beggiamo una missione alla corte di Sigismondo re dei Romani per conto del principe Ludovico di Savoia-Acaia, col compito di ottenere il riconoscimento reale all'università di Torino fondata dal principe nel 1405 sulla base di una bolla pontificia. L'ambasceria ebbe pieno successo: Sigismondo il 1° luglio 1412 rilasciò a Ofen il diploma richiesto e inoltre conferì al, principe Ludovico anche il vicariato imperiale in Piemonte. La missione segnalò il B. agli occhi del re dei Ròmani, che il 27 maggio 1412 lo norninò conte palatino con facoltà di creare notai, legittimare figli naturali, ecc.
L'anno successivo, in occasione della discesa in Italia di Sigismondo, il B. trovò modo di riprendere i contatti con la sua corte e di entrare direttamente al suo servizio. Da un documento emanato a Trento il 27 giugno 1413 si sa che il re conferì a lui e al vescovo tridentino, Giorgio di Liechtenstein, i pieni poteri per condurre trattative in alta Italia intese ad agevolare la campagna reale allora in corso contro Filippo Maria Visconti, duca di Milano. Un secondo diploma reale del 4 sett. 1413 gli attribuì la facoltà di richiedere nel Regno d'Arles, in Savoia e in Piemonte l'omaggio feudale e di concedere in contropartita feudi e regalie. Di entrambe queste missioni non si hanno purtroppo notizie. In qualità di consigliere e fiduciario di Sigismondo, il B. presenziò il 23 ott. 1413 a Sala alla stipula dell'accordo che pose fine alle ostilità contro il duca di Milano.
Particolare rilievo ebbe l'attività diplomatica svolta dal B. nel quadro della politica di Sigismondo intesa a risolvere con il concilio di Costanza il grave disagio religioso provocato dallo scisma del 1378 che aveva scisso la Chiesa successivamente in tre tronconi governati da tre papi. Nella primavera del 1414 egli si recò in Spagna per consegnarle al re Ferdinando I d'Aragona l'invito ufficiale a partecipare al concilio e proporgli un incontro personale con Sigismondo nella primavera del 1415 a Nizza, Savona o Marsiglia per discutere i mezzi atti a por fine allo scisma.
L'adesione aragonese era essenziale alla buona riuscita dei concilio, risolutamente avversato da Benedetto XIII, parente dei re Ferdinando. La lettera d'invito che il B. nel giugno del 1414 presentò a Ferdinando in Saragozza provocò un piccolo incidente diplomatico, che minacciò di compromettere la missione: nella lettera, infatti, si alludeva alla superiorità dell'impero sui regni particolari, e solo faticosamente il B. riuscì a trarsi d'impaccio adducendo come scusa un errore della cancelleria che avrebbe usato un formulario sbagliato. Superato questo scoglio formale, le trattative arrivarono presto in porto: il B., che nello stesso giugno si era anche incontrato con Benedetto XIII a Tortosa, invitandolo a nome di Sigismondo ad assicurare anche la sua partecipazione al progettato progettato convegno dei due re, nel settembre poté rientrare in Germania con buone notizie. Ferdinando non solo aveva accettato la proposta di incontrarsi con Sigismondo, ma aveva anche promesso di mandare al più presto i suoi legati a Costanza. Restava aperta solo, la questione dell'atteggiamento di Benedetto XIII, che il re, tra il luglio e l'agosto, nel corso di trattative condotte a Morella alla presenza del B., non era riuscito a indurre a riconoscere ilconcilio e tanto meno ad abdicare.
Rientrato in Germania, il 29 dicembre il B. comunicò ai partecipanti al concilio i risultati della sua missione spagnola. Ormai assai bene introdotto presso la corte aragonese, sì da esser nominato da Ferdinando, il 28 marzo 1415, consigliere e "promotor negociorum", ebbe parte importante nelle trattative per la preparazione dell'incontro tra i due re. Nel corso della: primavera e dell'estate del 1415 si recò varie volte in Aragona per concordare gli ultimi particolari del convegno, che., s'ebbene fissato per giugno a Nizza, a causa di una grave malattia del re aragonese, ebbe luogo solo nel settembre, a Perpignano.
Dopo la deposizione di Giovanni, XXIII da parte del concilio (fine maggio 1415) e la volontaria abdicazione di Gregorio XII (inizio luglio), l'unione della Chiesa pareva già in procinto di realizzarsi; solo Benedetto XIII persisteva però nel suo atteggiamento di ostinata intransigenza. Le lunghe trattative conclusesi solo nel dicembre dei 1415 portarono tuttavia all'aperta adesione al concilio dei Regni di Aragona, Castiglia e Navarra che fino a questo momento avevano sostenuto più o meno apertamente Benedetto XIII.
Nella primavera del 1416 il B., insieme con Michael Jack, Lambertus de Stipite e Petrus de Trilhia, per incarico di Sigismondo e del concilio, si recò un'altra volta in Spagna, dove dopo la morte di Ferdinando I (2 apr. 1416) si temeva un rafforzamento delle posizioni di Benedetto XIII, che del resto poteva vantare forti simpatie alla. corte castigliarta. L'ambasceria ebbe pieno successo. Non solo Alfonso V, successore di Ferdinan, do I, dichiarò di voler proseguire la politica patema nella questione conciliare, ma anche in Castiglia gli avvenimenti sì svolsero nel senso di una pacificazione generale, cosicché il B. il 28 giugno potè riferire al vescovo di Trento che il legato di Benedetto XIII era stato espulso dal Regno di Castiglia e che la corte si era dichiarata favorevole ad ogni tentativo inteso a ridare unità alla Chiesa. Sigismondo, che il B. all'inizio del settembre raggiunse a Calais, si dimostrò pienamente soddisfatto del risultati della missione tanto da dichiarare l'8 sett. 1416 che i suoi ambasciatori erano tornati "cum bonis et desideratis novitatibus".
Per gli anni successivi non si hanno, notizie del B. finché il 18 febbr. 1422 Martino V lo nominò vescovo di Ventimiglia come successore di Tommaso Rivato. Il B., contrariamente alle abitudini del suo predecessore., che sembra non avesse mai messo piede nella sua diocesi, fissò la sua residenza nel castello di S. Pietro a Sospello e prese energicamente in mano l'amministrazione del vescovato. Dai documenti conservati risulta che si preoccupò personalmente di tutte le questioni, amministrative e disciplinari, della sua diocesi, rivolgendo la sua particolare attenzione all'amministrazione dei beni della mensa vescovile.
Si conservano numerosi contratti di appalto che fanno luce su questa sua attività: così nel 1424 diede in appalto per un anno e per 5 fiorini d'oro la decima del lino di Ventimiglia; nello stesso. anno concesse a Pietro di Castello del fu Filippo da Lucerame le decime di Codoli per 9 fiorini; nel 1427 ad Antonio di Granerio, rettore della chiesa di Castiglione, quella del frumento di Castiglione e di Molinetto per 32 fiorini. Del 1433 è l'accusa contro il suo vicario generale Giuliano de' Giudici e contro il canonico Stefano Pecollo di aver usurpato una parte delle decime spettanti alla mensa vescovile.
Nel 1432 il B. intendeva partecipare al concilio di Basilea, ma all'ultimo momento dovette rinunciare per motivi di salute; il 13 febbr. 1433 si rassegnò a nominare dei procuratori. Quando però nel 1439 il concilio, dove le tendenze conciliaristiche più radicali s'erano affermate, pronunciò la deposizione di Eugenio IV eleggendo al suo posto Amedeo VIII di Savoia (Felice V), egli restò fedele al vecchio papa, come si può desumere da alcuni provvedimenti -adottati dal concilio nei suoi confronti.
Col passare degli anni la sua salute andò sempre peggiorando. Verso il 1444 si vide costretto a trasferire l'amministrazione della diocesi ad Azzone Belloni, probabilmente un suo parente; ancora nel 1449 il doge di Genova Ludovico Campofregoso in una lettera al papa Niccolò V esprimeva le sue preoccupazioni sulle condizioni del B., che moriva il 7 febbr. 1452.
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