Hunte, Otto
Scenografo tedesco, nato ad Amburgo il 9 gennaio 1881 e morto a Berlino nel 1960. Contribuì al successo del cinema tedesco degli anni Venti ideando le scenografie dei più importanti film di Fritz Lang in un produttivo sodalizio artistico con Erich Kettelhut e Karl Vollbrecht.
Dopo aver studiato pittura e scenografia all'Accademia di Belle Arti di Amburgo, fu scenografo teatrale ad Amburgo e Berlino, per poi entrare alla May Film dal 1919, dove conobbe Lang. La collaborazione con Vollbrecht e Kettelhut ‒ nell'ambito della quale la parte ideativa era affidata soprattutto a quest'ultimo e a H., mentre a Vollbrecht sembra spettassero compiti di realizzazione ‒ cominciò a funzionare già con Dr. Mabuse, der Spieler (1922; Il dottor Mabuse), in cui Lang distanzia criticamente la figuratività espressionista, usandola come una tra le altre componenti; in effetti gli ambienti predisposti da H. e dai suoi collaboratori operano una strana e affascinante contaminazione tra Espressionismo e stile liberty. Vanno ricordati almeno: il club, con i pannelli translucidi, decorati con motivi di carte da gioco; il salotto della contessa, con gli strani candelabri e le sedie con schienali a forma di ali di pipistrello; la bisca, in cui i carrelli delle fiches convergono verso il croupier posto in una buca al centro di una specie di compluvio. Lo spazio del gioco coincide qui con lo spazio dello spettacolo, di cui i giocatori sono a un tempo spettatori e attori sotto la regia del diabolico Mabuse, mentre il materiale plastico (gli onnipresenti orologi, gli occhiali cinesi di Mabuse, i simulacri fallici in scena durante il numero di ballo nel night) è estraniato dalla fotografia (di Carl Hoffmann), apparendo quasi sempre in primi piani isolati con luce concentrata su fondo nero.Sul piano scenografico, l'exploit memorabile di Die Nibelungen (1924; La canzone dei Nibelunghi), strutturato in due parti (Siegfried e Kriemhilds Rache) e ancora diretto da Lang, è la famosa foresta in cui Sigfrido cavalca, interamente ricostruita in studio con tronchi d'albero in cemento, fiori e foglie finte, culmine dell'artificio portato nel cuore stesso della natura. Lang privilegia nei suoi film le strutture estese e possenti, dall'aria 'barbarica', che, riprese in campo lungo, occupano tutto il quadro con la loro superficie materica; ma non mancano inquadrature in cui predomina il vuoto come, in Die Nibelungen, quella in cui i guerrieri suonatori di tromba vengono ripresi sullo sfondo del cielo. In Metropolis (1927), l'architettura scenica acquista rilevante significato simbolico: i quartieri operai sono caratterizzati da volumi squadrati, cubici, senza decorazioni; nei quartieri dei ricchi imperversano Futurismo ed Espressionismo, tra grattacieli e incroci aerei di strade sopraelevate lungo le quali sfrecciano automobili avveniristiche; il luogo di lavoro è un inferno alla Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone, in cui la 'Grande macchina' è identificata con un Moloch divoratore di uomini; il gotico, invece, sta a significare da un lato connotazioni medievali oscurantiste (la casa del malvagio inventore), mentre è affermazione di fede salvifica nel caso della cattedrale davanti alla quale si svolge il rito della conciliazione conclusiva tra le parti sociali.
H. collaborò poi con Victor Trivas per Die Liebe der Jeanne Ney (1927; Giglio nelle tenebre) di Georg Wilhelm Pabst, e con il solo Vollbrecht ancora per Lang in Spione (1928; L'inafferrabile) e in Frau im Mond (1929; Una donna nella Luna). Con Emil Hasler, elaborò invece le scene di Der blaue Engel (1930; L'angelo azzurro), il film che Josef von Sternberg, richiamato dal produttore Eric Pommer, era tornato a girare in Germania con Marlene Dietrich. Il regista chiese agli scenografi che il camerino di Lola-Lola fosse suddiviso in due piani sovrapposti, uno inferiore, di passaggio, e uno superiore, mediati da una scala elicoidale. Questo ambiente ha perciò la struttura di una 'sezione verticale' e, come tale, rimane costantemente 'aperto', senza possibilità di privacy. Oltre che in maniera diretta sul palcoscenico, quindi, il corpo di Marlene/Lola si offre agli sguardi (e di conseguenza al desiderio) anche nei momenti privati. Dopo la partenza di Lang per gli Stati Uniti, H. collaborò con l'ex moglie di questi, Thea von Harbou, ma la sua situazione, come quella di tutto il cinema tedesco, precipitò nella notte hitleriana. H. fu coinvolto come scenografo nello sciagurato Jud Süss (1940; Süss l'ebreo) di Veit Harlan, ma si riscattò collaborando con Bruno Monden al coraggioso Die Mörder sind unter uns (1946; Gli assassini sono tra noi) di Wolfgang Staudte, girato subito dopo la guerra tra le macerie di una Berlino spettrale. La sua successiva attività in Germania, tuttavia, risentì fino alla fine dell'inconsistenza ideale e produttiva del cinema tedesco negli anni Cinquanta.
A. Arns, H.-P. Reichmann, Otto Hunte, Architeckt für den Film, Frankfurt 1996.