Ottica
La teoria della coerenza di R. Glauber (premio Nobel per la fisica nel 2005), partendo dai processi elementari di assorbimento dei singoli fotoni, fornisce una trattazione che comprende sia i fenomeni già spiegati con la teoria ondulatoria, sia tutta una serie di situazioni in cui la natura quantistica della luce entra prepotentemente in gioco. Si spiegano così le proprietà statistiche dei fotoni emessi dalle sorgenti termiche ordinarie, quelle dei fotoni emessi dai laser e si prevedono nuovi tipi di campi le cui proprietà non hanno analoghi nel mondo classico. L'o. quantistica mostra di essere un laboratorio per le teorie quantistiche, in particolare per gli stati squeezed, entangled e per la possibilità di sfruttare le proprietà quantistiche della luce nella crittografia e nella progettazione di computer quantistici, che implicano nuove ricerche e promettono nuovi risultati.
L'o. non lineare, sviluppatasi grazie all'opportunità offerta dai laser di ottenere alti valori di campi elettrici, si sta ora coniugando con le possibilità offerte dalla micro- e nano-ottica, in cui strutture sempre più piccole permettono di maneggiare un numero sempre più ridotto di fotoni al fine di studiare nuovi campi dell'o. quantistica. L'interazione di fotoni con singoli atomi, la possibilità di avere surrogati degli atomi sotto forma di punti quantici (quantum dots), che in linea di principio possano fornire sorgenti di singoli fotoni, sono alla base di nuove importanti applicazioni, ancora in fase di studio.
Importanti, in tale prospettiva, sono le tecniche di confinamento della luce su dimensioni inferiori alla lunghezza d'onda. Strutture di questo genere sono, per es., i cosiddetti cristalli fotonici. Un cristallo fotonico unidimensionale è costituito da una serie di strati piani paralleli di materiali con indici di rifrazione diversi. In questi materiali si hanno lunghezze d'onda che possono essere trasmesse dalla struttura e altre che non possono esistere. La luce di certe lunghezze d'onda può così essere confinata selettivamente in strati dove può raggiungere valori del campo elettrico enormemente maggiori di quello entrante, a causa dell'interferenza multipla che l'onda subisce alle varie interfacce. Questa localizzazione viene usata per ottenere effetti non lineari con grande efficienza e porta al rallentamento della luce o a effetti superluminali.
In strutture bi- e tridimensionali è anche possibile raggiungere un completo controllo della luce, fino a influenzare il tempo di vita di atomi eccitati (o di quantum dots) inglobati in esse, per rendere direzionale l'emissione, cambiarne la distribuzione spettrale e così via. Si sono inoltre sviluppate fibre ottiche microstrutturate che possiedono nuove e interessanti proprietà, sia in o. lineare, sia nel dominio delle interazioni non lineari.
Già nelle prime fibre vetrose (1974), furono introdotte fibre cave in cui nella regione del rivestimento erano presenti cavità riempite d'aria che si estendono nella regione assiale della fibra; dopo un periodo di tempo in cui non furono più utilizzate, sono state reintrodotte nel 1996 realizzando fibre di silice microstrutturate con un insieme periodico di fori cilindrici riempiti d'aria lungo la direzione assiale della fibra. Le fibre convenzionali consistono di un nucleo di vetro (detto core) circondato da un rivestimento (detto cladding) costituito da un vetro o da un polimero con indice di rifrazione più basso di quello del nucleo. Il diametro del nucleo varia da 5 a 120 μm e quello di tutta la fibra è di 125 μm o più. La luce è guidata nel nucleo per riflessione totale interna. Nel rivestimento di una fibra microstrutturata i fori cilindrici riempiti d'aria hanno un diametro di circa 1 μm; essi sono raggruppati o intorno a un nucleo centrale solido o intorno a un largo spazio vuoto.
Le due strutture rappresentano due tipi diversi di fibre che differiscono nel principio di funzionamento e nelle applicazioni. Nel primo, la fibra è detta a cristallo fotonico (photonic crystal fiber) e la luce è guidata nel nucleo per riflessione totale interna, come in una fibra normale. Tuttavia molte proprietà ottiche, come la dispersione e la birifrangenza, possono essere cambiate progettando opportunamente i buchi; così, per es., queste fibre possono mostrare dispersione anomala a lunghezza d'onda inferiore a 550 nm, rendendo possibile la generazione di solitoni temporali nel vicino infrarosso e nel visibile. Nel secondo tipo, chiamato anche fibra a banda fotonica (photonic band gap fiber), la luce non è guidata dalla riflessione totale, ma dalla banda fotonica che si forma a causa della periodicità della struttura: la luce di una certa frequenza si può propagare lungo la fibra solo nel nucleo, essendo proibita la struttura periodica dei buchi. Anche in questo caso, scegliendo opportunamente i materiali e la geometria dei buchi, le caratteristiche della luce possono essere opportunamente variate.
Le fibre con nucleo solido possono confinare la luce in una sezione molto piccola, a motivo dell'alta differenza d'indice di rifrazione fra i fori e il vetro. Si possono così avere buoni effetti non lineari che trovano applicazioni in campi che vanno dalla spettroscopia, al sensing, alle telecomunicazioni. Con progetti opportuni si possono avere aree del nucleo sotto 2 μm2 e perdite minori di 0,2 decibel per km (dB/km), ottenendo così un mezzo con alta non linearità. Se la luce monocromatica di un laser è accoppiata con tali fibre si può generare un supercontinuo (luce con uno spettro in frequenza relativamente piatto che si estende per circa un'ottava), usato in tomografia coerente ottica, spettroscopia e metrologia.
Le fibre con nucleo d'aria offrono interessanti possibilità. L'assorbimento del materiale e la dispersione possono essere praticamente eliminati: tali fibre sono in grado di trasmettere intensità molto più alte delle fibre ordinarie e hanno vita più lunga perché sottoposte a un carico termico minore a causa del minore assorbimento dell'aria. Possono quindi essere utilizzate nella guida di luce laser di alta intensità per applicazioni come la saldatura o il taglio laser.
Dal punto di vista tecnologico, in campi tradizionali, come l'interferenza, si è arrivati a risultati inimmaginabili. Al National Institute Standard and Technology è stata costruita una struttura fondata sull'uso di un interferometro di Fabry-Perot che permette di misurare lunghezze fino a 50 mm con precisione di 50 nm. Attraverso la tecnica del pettine ottico (comb), in cui impulsi laser al femtosecondo sono inviati in una fibra ottica per generare impulsi periodici, si possono eseguire misure ultraprecise sia di frequenza sia di tempo. La tecnica introdotta da W. Hansch e perfezionata da J.L. Hall (premi Nobel per la fisica nel 2005 insieme a R. Glauber) permette di eseguire misure fondamentali di grandissima precisione, come il controllo di cambiamenti minimi nella costante di struttura fine e la verifica dei raggi della carica nel protone o deutone; è utilizzata anche in notevoli applicazioni tecniche, come la realizzazione di orologi atomici con precisioni 10−16÷10−18 per migliorare i sistemi di posizionamento globale, navigazione spaziale e sincronizzazione di grandissimi array di telescopi astronomici.
Per la rivelazione delle onde gravitazionali sono stati costruiti interferometri capaci di misurare spostamenti dell'ordine del decimillesimo di nanometro. Un modo per rivelare onde gravitazionali (i cui esperimenti sono iniziati negli anni Settanta del 20° sec.) consiste nel misurare il tempo che impiega la luce a viaggiare fra due specchi posti su due pesanti pendoli che costituiscono le masse messe in oscillazione dall'onda gravitazionale. Si confrontano i tempi di transito di due fasci laser che viaggiano ad angolo retto in un interferometro di Michelson: l'onda gravitazionale produce l'effetto di comprimere un percorso e allungare l'altro. Se il braccio dell'interferometro è lungo, per es., 4 km, una tipica onda gravitazionale modifica la sua lunghezza di meno di 5∙10−16 cm, ossia circa un millesimo della dimensione di un nucleo atomico. Nell'interferometro la luce è fatta riflettere molte volte avanti e indietro fra uno specchio fisso e un altro posto sul pendolo, di modo che la differenza in lunghezza si sommi tante volte quante sono le riflessioni.
Un interferometro di questo tipo è lo statunitense LIGO (Laser Interferometer Gravitational wave Observation) costituito da due osservatori distanti 3002 km, uno a Hanford, Washington, e l'altro a Livingstone, in Louisiana. Ogni sistema è costruito con un interferometro di Michelson con una lunghezza dei bracci di 4 km; essi sono in grado di misurare cambiamenti di lunghezza di 10−18 m, usando ottiche con la più alta precisione mai ottenuta. In Italia esiste l'interferometro analogo Virgo, costruito a Pisa con una collaborazione italo-francese, con bracci lunghi 3 km. Altri interferometri simili, anche se di dimensioni differenti, si trovano, per es., in Germania e in Giappone. Si pensa anche di costruire un interferometro di tale tipo nello spazio, mediante l'uso di satelliti.
Nell'ambito della microscopia, un nuovo tipo di microscopio, lo SNOM (Scanning Near-field Optical Microscopy) si segnala per la capacità di risolvere dettagli di dimensioni inferiori alla lunghezza d'onda λ della luce che illumina il campione. A tale scopo, la luce è inviata attraverso una punta dielettrica ricoperta di metallo posta al di sopra della superficie del campione. Un'apertura di dimensioni inferiori a λ all'estremità della punta genera onde evanescenti trasformate in onde propagantesi quando sono diffuse dalle caratteristiche su nanoscala del campione e vengono raccolte da un opportuno rivelatore. Lo scorrimento dell'apertura di pochi nanometri sopra la superficie del campione, assicurandosi che rimanga in campo vicino, è risolto con la tecnica STM (Scanning Tunneling Microscope). Un altro metodo, noto come shear-force microscopy, permette invece di stabilizzare la distanza fra la sonda e il campione anche per superfici non conduttrici.
Il successo dello SNOM dipende dalla capacità di costruire sonde con aperture dell'ordine di 50 nm, uno degli svantaggi è invece la bassa velocità di scansione sotto 10 μm/s. Un'alternativa è lo scanning confocal optical microscope (microscopio ottico confocale a scansione), il cui vantaggio principale rispetto ai microscopi tradizionali è la possibilità di osservazione a varie profondità e quindi di creare un'immagine tridimensionale. Alle lunghezze d'onda del visibile la microscopia confocale può raggiungere risoluzioni dell'ordine di 300 nm, solo tre volte inferiore rispetto a quella dello SNOM, con la velocità di scansione invece molto maggiore.
L'uso della radiazione laser in o. è diventato molto esteso. Si sono realizzati laser con silicio, di grande importanza per la possibilità di integrarli sugli stessi chip per l'elettronica. Per le varie necessità si sono così sviluppati non solo laser a sempre nuove lunghezze d'onda, ma anche con impulsi sempre più brevi a lunghezze d'onda sempre più corte. Sfruttando la produzione di armoniche di ordine molto alto si sono ottenuti impulsi di luce nell'estremo ultravioletto della durata di 250 attosecondi, tempi sufficientemente brevi per permettere di rivelare i moti degli elettroni atomici. La fisica dell'attosecondo si sta così sviluppando rapidamente, per es., con la creazione di sorgenti pulsate molto brevi di raggi X.
Fra le tecniche in un certo senso ancora 'tradizionali' va menzionato il grande sviluppo dell'o. adattativa, cioè la possibilità di misurare, mediante speciali interferometri, le distorsioni di un fronte d'onda, per poi correggerle in un sistema di formazione dell'immagine deformando in tempo reale lo specchio. I telescopi che montano questa tecnica per migliorare la qualità delle immagini sono ormai numerosi. Schematicamente, il sistema funziona esaminando la luce da una stella lontana che si trova nel campo visivo del telescopio. In un interferometro di Shack-Hartmann il fronte d'onda in arrivo illumina una matrice (array) di microlenti e un rivelatore CCD è collocato nel loro piano focale. Senza aberrazioni il segnale del CCD è un perfetto array di spot regolari. Tuttavia, dove il fronte è distorto ogni spot si sposta dalla sua posizione ideale di una quantità che è proporzionale alla pendenza locale del fronte d'onda. Misurando la dimensione di ogni deviazione locale del fronte d'onda può essere ricostruito l'intero fronte. Un computer usa i dati dell'interferometro e corregge le distorsioni deformando lo specchio, che può essere realizzato da un sistema microelettromeccanico consistente di un gran numero di minuscoli specchietti, ognuno di poche centinaia di μm2, disposti su una griglia di dimensioni millimetriche che può essere mossa indipendentemente su una scala temporale di 10 ms.
Se non c'è una stella nel campo di vista del telescopio per calcolare le correzioni da apportare, si usa un fascio laser che illumina gli atomi di sodio che si trovano in uno strato atmosferico a circa 90 km di altezza, creando in tal modo una 'stella artificiale'. La tecnica adattativa può essere anche usata per correggere le distorsioni di un fascio laser che si propaga all'incirca orizzontalmente nell'atmosfera per comunicazioni o per visione.
Possiamo infine menzionare lo sviluppo di nuove tecniche e dispositivi, sia in campo di o. lineare sia non lineare, che permettono di rallentare la luce fino a velocità di pochi m/s o anche fermarla e che possono avere inoltre applicazioni nelle telecomunicazioni, nell'immagazzinamento ottico e nel calcolo quantistico.
Una delle applicazioni più interessanti dell'o. quantistica è la crittografia. Nella crittografia quantistica si usa una chiave segreta per cifrare e decifrare l'informazione trasmessa, con canali di trasmissione non classici. Un metodo di crittografia quantistica stabilisce chiavi identiche in due località distanti senza bisogno di trasmettere alcuna informazione; un altro metodo trasmette, invece, la chiave nella forma di fotoni singoli e usa il principio d'indeterminazione per prevenire possibili intercettazioni.
Un nuovo importante campo si sta aprendo con l'uso delle risonanze plasmoniche nei metalli, al fine di ottenere un efficiente accoppiamento della luce con le nanostrutture (o. plasmonica). I plasmoni di superficie nei metalli sono analoghi ai fotoni e possono essere usati per guidare e controllare efficientemente la radiazione elettromagnetica. Il trattamento dell'informazione a velocità sempre crescenti coinvolge circuiti fotonici sempre più piccoli che richiedono l'interazione della luce con lunghezze d'onda dell'ordine del micron con strutture e particelle delle dimensioni di pochi nanometri. I plasmoni di superficie sono eccitazioni elettromagnetiche legate all'interfaccia fra un metallo e un dielettrico e rappresentano onde ottiche accoppiate a oscillazioni degli elettroni liberi nel metallo. Essi si propagano lungo l'interfaccia metallo/dielettrico risentendo degli effetti di entrambi i mezzi. Per questa ragione la lunghezza d'onda del plasmone λsp dipende dalle proprietà di entrambi i mezzi, λsp=[(εm+εd)/εmεd]1/2, dove εm ed εd sono le costanti dielettriche del metallo e del dielettrico. Nei metalli εm può essere negativa e dipendere dalla lunghezza d'onda, nei dielettrici εd è positiva. Alle frequenze vicino alla frequenza di plasma ωsp del metallo si può realizzare la condizione di risonanza per cui λsp diventa molto piccola e può interagire efficientemente con nanostrutture. Questo permette di progettare dispositivi mutuando le idee dell'o. integrata (elementi di curvatura, splitter, interferometri, accoppiatori direzionali, interruttori, modulatori e così via), ma anche di introdurre nuovi concetti in ottica.
Molte altre strutture, oltre ai semplici metalli, permettono oscillazioni di plasmoni: tra queste, piccole sfere metalliche disperse in un qualche materiale trasparente (per es., vetro), nanogusci, cioè nanoparticelle dielettriche rivestite di metallo, nanofili, reticoli metallici prodotti litograficamente.
I plasmoni di superficie possono essere usati anche per costruire biosensori efficienti. Poiché il vettore d'onda del plasmone ksp=2π/λsp è maggiore di quello della luce k=2π/λ, è necessario usare metodi d'accoppiamento che forniscano il momento mancante. Per ottenere ciò esistono vari metodi, che sono molto sensibili all'ambiente e possono permettere la costruzione di sensori chimici o biologici.
Tutta l'o. finora sviluppata ha coinvolto l'uso di materiali con costanti dielettriche e permeabilità magnetiche che si traducono in un indice di rifrazione positivo. Nel 1968 V. Veselago del General Physics Institute di Mosca pubblicò un lavoro in cui esaminava la possibilità di avere materiali con ε e μ negativi. Egli mostrò che un tale materiale non contraddice le equazioni di Maxwell e che per esso si deve scegliere la radice negativa dell'indice di rifrazione n=±(εμ)1/2. Tali materiali sono indicati come NIM (Negative Index Materials) o anche metamateriali. In natura non esistono materiali con n negativo; tuttavia ogni metallo a frequenze più elevate della frequenza di plasma dei suoi elettroni ha la parte reale della costante dielettrica negativa, anche se non si hanno materiali naturali con μ〈0. Nel 1999, J. Pendry dell'Imperial College di Londra ha mostrato che è possibile creare materiali artificiali con μ〈0. Nel 2001 l'esistenza dei NIM è stata dimostrata sperimentalmente nel campo delle microonde.
I materiali con n negativo hanno ricevuto notevole attenzione dopo che Pendry nel 2000 ha predetto che essi possono agire come superlenti permettendo risoluzioni delle immagini non limitate dalla lunghezza d'onda, ma dalla qualità del materiale. Questo può fornire una nuova famiglia di dispositivi per la nanofotolitografia o il bioimaging ottico. In campo vicino, le risposte elettriche e magnetiche sono disaccoppiate, quindi per onde traverse magnetiche basta considerare la costante dielettrica. Nei metalli un valore negativo della costante dielettrica relativa può essere facilmente ottenuto alle frequenze che eccitano plasmoni che possono essere accoppiati con l'onda elettromagnetica, amplificandola. Una superlente di questo genere consiste di un film d'argento separato dall'oggetto da uno spaziatore e ricoperto con un materiale opportuno per rivelare l'immagine dall'altro lato. Progettando il film in modo che le oscillazioni coerenti di superficie (plasmoni di superficie) si accoppino con le onde evanescenti dell'oggetto, la superlente le può amplificare in modo che nel decadimento che subiscono quando lasciano il film per raggiungere il rivelatore esse ritornino al valore iniziale, permettendo la formazione di un'immagine rivelabile. Un esperimento realizzato con questo schema, usando luce ultravioletta a 365 nm e un fotoresist come materiale sensibile, ha mostrato nel 2005 la capacità di formare immagini con risoluzioni di 60 nm.
Per ottenere l'effetto, l'oggetto, la lente e l'immagine devono restare in campo vicino (cioè a distanze ∼λ), perché altrimenti le onde evanescenti che contengono i dettagli spaziali di dimensioni minori di λ decadono al punto che non possono più essere recuperate. Tuttavia, la superlente è un dispositivo concettualmente nuovo che ha già alterato nozioni a lungo considerate ben stabilite in ottica. Esse possono trovare applicazioni nell'industria per litografia ottica o immagazzinamento dell'immagine.
La natura quantistica dei fotoni può essere usata per ottenere immagini con nuove modalità, come, per es., nell'imaging con coincidenze quantistiche. L'imaging in coincidenza è una forma indiretta che non usa elementi ottici per trasferire i punti oggetto in punti immagini. La tecnica utilizza un paio di fotoni entangled che percorrono due cammini ottici differenti, uno dei quali contiene l'oggetto di cui ottenere l'immagine. Il fotone che percorre il cammino con l'oggetto è raccolto da un rivelatore singolo, mentre quello che percorre il cammino senza oggetto è raccolto da un array di fotorivelatori.
L'immagine viene formata correlando l'uscita dal fotorivelatore con quella dall'array. In qualche modo la configurazione somiglia a una registrazione olografica in cui un segnale coerente e un fascio di riferimento sono mescolati sul film. Nell'imaging in coincidenza il 'mescolamento' avviene usando correlazione elettronica; in tale tecnica si ha un bilanciamento fra le capacità di trattamento dell'o. e dell'elettronica.
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