GABRIELLI, Ottaviano
Figlio di Giovanni Battista, nacque a Tivoli nel 1572. Nel novembre del 1591 risulta già a Roma dove, presa moglie, teneva una bottega di libraio nel rione Parione. I suoi affari non dovevano andar bene se il proprietario del locale fu costretto a querelarlo come inquilino moroso. Probabilmente sfrattato da questa prima bottega, si trasferì più tardi alla Dogana e poi nei pressi di S. Tommaso in Parione.
In questo periodo un tal Giuliano de Rossi, anch'egli libraio, denunciò il G. "al maestro del sacro palazzo", supremo censore della Chiesa, per avere egli "comprato libri d'astrologia". La grave accusa provocò il suo arresto da parte del S. Uffizio che, dopo una breve indagine, lo consegnò al braccio secolare perché gli fossero dati "tre tratti di corda si come in effetto gli ebbe in pubblico a Corte Savella con libri attaccati alli piedi ma stando a schiena". Forse anche in seguito a questa vicenda il G., una volta tornato in libertà, continuò ad attraversare momenti difficili che lo costrinsero ad arrangiarsi, come mostrano due querele presentate contro di lui nel 1597 e nel 1599 con l'accusa di furto di libri. Tuttavia nel giro di poco tempo il G. riuscì a procurarsi diverse biblioteche importanti per cifre molto cospicue. Nei primissimi anni del Seicento fece quattro importanti acquisti, tre dei quali si collocano in un arco di tempo assai breve, fra il febbraio del 1600 e il dicembre del 1601. Il 5 febbr. 1600 comprò i libri del patrizio romano Fabrizio Puso, ai quali furono aggiunti altri trentasette libretti valutati complessivamente 231 scudi. Il terzo acquisto "per molti scudi" fu quello della biblioteca del noto giureconsulto romano Incoronato Incoronati.
Diverso il caso della biblioteca di Giacomo Jacobelli, che il G. acquistò il 26 dic. 1601. Si tratta complessivamente di 907 titoli dettagliatamente inventariati e che costarono circa 1000 scudi. Tra i titoli compaiono gli Annali del Baronio, le opere del Bellarmino, diverse edizioni di Dante, Poliziano, Boccaccio, Petrarca, opere dell'Aretino, del Bembo, dell'Ariosto, del Tasso, libri di viaggi, romanzi amorosi. Inoltre testi di patristica e giuridici, numerosi volumi di classici latini e greci e una nutrita sezione di opere di filosofi antichi e moderni comprendente il De umbris idearum, la Cabala del cavallo pegaseo, gli Eroici furori, opere proibite di Giordano Bruno. Infine Le vite de pictore in due tomi di G.P. Lomazzo (si potrebbe trattare sia del Trattato dell'arte della pittura uscito nel 1584, sia dell'Idea del tempio della pittura del 1591); e la traduzione latina, pubblicata a Roma nel 1594, del Discorso intorno alle immagini sacre e profane del cardinale G. Paleotti.
Più tardi, tra il 1604 e il 1605, il G. comprò altri 217 libri provenienti dalla biblioteca di Onofrio Santacroce, che fu messa in vendita dalla Camera apostolica, insieme a molti altri beni del Santacroce, per risarcire i creditori dell'appena giustiziato patrizio romano.
Nel 1600 p. Giovanni Maria Guangelli, maestro del Sacro Palazzo, istituì la compagnia di S. Barbara, che riuniva librai, stampatori e legatori. L'iniziativa accentuò la divisione all'interno della corporazione e il conflitto divenne insanabile nel 1601-02, in occasione dell'elezione del nuovo priore della compagnia. I due gruppi che si contendevano il controllo dell'associazione facevano capo alla bottega dei Giunti e a quella di Paolino Arnolfino. Con il primo era schierato anche il Gabrielli.
Il gruppo dei Giunti era già formato nel 1599, anno nel quale fu coinvolto in un processo di particolare gravità. Claudio Morico, giudice del tribunale del Governatore, prendendo lo spunto dall'incendio del caseggiato ove si trovava la bottega dei Giunti, indagò su tutti i librai che si riconoscevano in quel gruppo e li accusò di diffondere libri posti all'Indice o comunque eretici. Fu questo gruppo di librai che, tra la fine del 1601 e i primi del 1602, tentò di eleggere alla guida della compagnia uno dei loro e il G. fu tra i suoi maggiori sostenitori. Tuttavia gli avversari espulsero il gruppo dei Giunti dalla congregazione per l'elezione, riuscendo così a far prevalere l'Arnolfino.
In seguito allo scontro tra le fazioni il G. e il legatore Bastiano Baccino furono accusati di aver composto e affisso un "cartello infamante". Le indagini rivelarono l'infondatezza della denuncia, ma il processo portò nuove grane al G. che, risultando innocente, fu però accusato ancora una volta di essere in possesso e di vendere libri posti all'Indice.
Fu in questo contesto che il G. entrò in contatto con Michelangelo Merisi da Caravaggio di cui, insieme al pittore Prospero Orsi (Prosperino delle Grottesche) e all'architetto Onorio Longhi, divenne amico assai stretto. I due furono arrestati insieme nella casa della cortigiana Domenica Calvi detta Menicuccia nell'ottobre del 1604, mentre qualche tempo più tardi il G. intervenne, con gli amici pittori Cherubino Alberti e Orsi e con il sarto Girolamo Crocicchia, in qualità di fideiussore del Caravaggio che, grazie al loro intervento, evitò un nuovo processo.
Soprattutto il primo dei due fatti sembra dimostrare che l'amicizia fra Caravaggio e il G. avesse radici in analoghe collocazioni politiche, poiché in quella occasione erano stati sorpresi dai "birri" a lanciar sassi contro un gruppo di spagnoli, apostrofati con insulti e frasi tali da rendere evidenti le loro simpatie filofrancesi.
Con il 1605 cessano quasi del tutto le notizie sul G., a eccezione della sua presenza nello Stato d'anime della parrocchia di S. Tommaso in Parione (Arch. storico del Vicariato). Di lui sappiamo solamente che continuò a esercitare la professione di libraio tenendo bottega a piazza Navona (dove si era trasferito fin dal 1601) e che nel 1618 vi associò il figlio maggiore Giovanni Battista, il quale proseguì da solo l'attività paterna dal 1625.
Il G. morì a Roma il 6 dic. 1635.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Trib. crim. del Governatore, Querele, 5; Ibid., Investigazioni, regg. 233, 276, 293, 319; Ibid., Costituti, regg. 492, 508, 512, 544; Ibid., Processi del sec. XVI, vol. 297, cc. 1-127; Ibid., Fideiussioni, reg. 51; Ibid., Trenta notai capitolini, Uff. 8, vol. 19, cc. 166-167, 174; Uff. 10, vol. 43, cc. 1-22r.