BUONACCORSI, Ottaviano
Non abbiamo precise notizie biografiche di questo nobile abate fiorentino che visse e operò come uomo di cultura nella prima metà del sec. XVIII. Fu membro dell'Accademia degli Apatisti e dell'Accademia etrusca di Cortona, fondata nel 1727 dal senatore Filippo Buonarroti e dai fratelli Venuti "sotto la protezione del sapientissimo Principe" Giangastone (affermerà nel 1743 il Giornale de' letterati di Firenze diretto dal B., presentando la sua Lettera scritta all'Accademia Etrusca di Cortona:t. II, 3, p. 220) per incrementare gli studi di antiquaria e archeologia (l'"etruscheria", in specie, simboleggiò l'originalità della Toscana contrapposta a Roma); fece parte, con Buondelmonti, Foggini, Lami, Mecatti eNiccolini, di quei "letterati" che sotto il governo dell'ultimo granduca mediceo si proposero di rinnovare la cultura toscana ricollegandosi, in polemica con l'aristotelismo difeso dai gesuiti, alla tradizione galileiana inaugurata dal Cimento e contrastata da Cosimo III, per poi affrontare, durante la reggenza lorenese, i problemi, politici del rapporto Stato-Chiesa, fornendo sollecitazioni e argomenti all'indirizzo giurisdizionalista del Richecourt e del Rucellai.
Sembra che il B. sia rimasto più degli altri legato alla prima fase della battaglia culturale, nella ripresa erudita della tradizione scientifica toscana. La partecipazione alla loggia massonica di Firenze fu il momento più avanzato della sua attività in comune con quei "letterati", prima del distacco dal Lami e della collaborazione erudita con Lorenzo Mehus.
Fu forse l'archeologia, coltivata dal barone prussiano Ph. Stosch, membro dell'Accademia etrusca e della Colombaria (che il B. ricorderà ancora in una lettera del 2 gennaio del 1756 ad A. M. Bandini [Bibl. Marucelliana, ms. B. II. 27. XII. 12], e di cui sarà, assieme ad H. Mann, esecutore testamentario dopo la sua morte avvenuta nel 1757), il motivo che nel 1735 spinse il B. a frequentarne la casa, dove si riuniva la prima loggia di liberi muratori fondata nella città dalla numerosa e illustre colonia inglese (fra i membri più autorevoli, Charles Sackville conte di Middlessex, e Sir Horace Mann residente britannico in Toscana).
La loggia prosperò fino alla morte di Giangastone (1737) e, presentandosi soprattutto come banditrice della libertà di pensiero e luogo d'incontro della tradizione scientifica toscana e dell'empirismo inglese, arrivò a contare circa 60 membri attirando molti uomini di cultura toscani, dall'archiatra granducale A. Cocchi al giurista G. M. Buondelmonti, ai poeti G. Cerretesi e T. Crudeli (saranno sospettati di appartenervi anche Niccolini e Lami). La loggia si autosciolse per ottemperare alla bolla In eminenti del 28 apr. 1738 (non pubblicata in Toscana), con cui Clemente XII proibì ai cattolici di aderire alla massoneria, ma i suoi membri furono ugualmente perseguitati dall'Inquisizione per le loro idee anticuriali e anticlericali.
In questo scontro fra le pretese romane e la politica giurisdizionalista - ancora incerta e contraddittoria - della reggenza lorenese, che vide l'arresto e il processo del Crudeli (1739-40), fu coinvolto anche il B., sospettato con il Cerretesi di aver professato idee irreligiose e, in particolare, di aver consigliato il principe di Craon a non pubblicare in Toscana la bolla In eminenti "peressere una scioccheria". Il B. riuscì ad evitare l'arresto, chiesto dal padre inquisitore Ambrogi, prima per le sue precarie condizioni di salute, poi perché il segretario della Giurisdizione, Giulio Rucellai, vincendo le incertezze del granduca Francesco Stefano, non concesse all'Inquisizione il braccio secolare per procedere contro il B. e il Cerretesi.
Il motivo della partecipazione del B. alla loggia fiorentina è da ricercarsi, oltre che nell'adesione alla libertà di pensiero professata dalla massoneria, nel suo particolare interesse per la "filosofia sperimentale" che lo legava ad alcuni fratelli muratori, come A. Cocchi e T. Crudeli. Una delle accuse principali rivolte a quest'ultimo - "aver letto Lucrezio tradotto dal Marchetti" - è un indizio illuminante, se ricollegato con alcuni dei pochi episodi noti dell'attività culturale del Buonaccorsi. Infatti la fortuna del De rerum natura tradotto nel 1664-68 in "verso toscano" da Alessandro Marchetti (pubblicato postumo a Londra nel 1717, messo all'Indice nel 1718, ma circolante anche in vari esemplari manoscritti) significò, nella Toscana del primo '700, la ripresa di motivi epicurei - rimessi in circolazione anche da Gassendi, esplicitamente lodato nella volgarizzazione marchettiana - nell'ambito della tradizione galileiana e della polemica contro la scuola aristotelica.
In questa prospettiva la breve Lettera scritta all'Accademia Etrusca di Cortona da un Accademico della medesima sopra la vera imagine d'Epicuro ritrovata in Roma e collocata in Campidoglio d'Ordine di N. S. Papa Benedetto XIV, pubblicata anonima a Firenze nel 1743 presso G. Paolo Giovannelli, ristampata con qualche variante e correzione (cfr. Novelle letterarie, V[1744], col. 826, che identificano l'autore nel B.) a Roma dai fratelli Pagliarini nel 1744 (le due edizioni furono rese note, rispettivamente, da estratti del Giornale de' letterati di Firenze diretto dal B., II [1743], 3, pp. 219-25, e del Giornale de' letterati di Roma, III [1744], p. 168), non è neutrale opera di archeologia, ma tributo alla filosofia di Epicuro lodato - assieme a Gassendi - come "un uomo, la memoria di cui in ogni secolo è stata cara e venerabile appresso tutti quelli che non prevenuti, e senza passione hanno giudicato delle produzioni del suo spirito" (Giornalede' letterati di Firenze, II [1743], 3, p. 219).
Conferma di questo interesse è la dedica all'"eruditissimo" B. del Saggio di storia letteraria fiorentina del secolo XVII (Lucca 1759) da parte dell'"amico suo" G. B. Clemente Nelli. Il Saggio, il cui autore nella dedica invita il B. a "proseguire i [suoi] giorni a guisa di quel saggio Filosofo della Grecia [Epicuro], divertendo [si] col meditare, e filosofare ne' [suoi] deliziosi orti, lontano da' pubblici strepiti, e da' popolari rumori", fu scritto dal Nelli non per denigrare come anticristiano il traduttore di Lucrezio (come ritiene M. Saccenti, Lucrezio in Toscana. Studio su A. Marchetti, Firenze 1966, pp. 125, 130), ma per ridimensionare, contro la sopravvalutazione fattane dal figlio Francesco, tutta l'opera di A. Marchetti nella battaglia contro la scuola aristotelica; resta quindi testimonianza del perdurante interesse dell'ambiente colto toscano per la "filosofia sperimentale".
Conclusasi con la condanna del Crudeli la vicenda della loggia massonica fiorentina, nello stesso anno (1740) in cui il Lami iniziava con le Novelle letterarie una nuova battaglia culturale e politica destinata a dare più tardi un notevole contributo all'opera leopoldina, il B. continuò a "meditare, e filosofare" nel gruppo di letterati facente capo al Mehus, più legato a una concezione strettamente erudita della cultura.
Critico severo dei superficiali orecchianti di mode straniere (cfr. il Prologo contro la nobiltà fiorentina, ms. s.d. nella Bibl. naz. di Firenze, Fondo Palatino, 838, 24, cc. 217r-224r), il B. promosse la ricerca e la divulgazione archeologica, filologica e scientifica, fondando nell'aprile 1742, assieme a Francesco Raimondo Adami e Lorenzo Mehus, quel Giornale de' letterati che, pubblicato a Firenze presso G. Paolo Giovannelli fino al 1746 - per poi, dopo varie interruzioni e riprese, esser continuato a Pisa nel 1771 da Angelo Fabroni -, prese a modello il veneziano Giornale de' letterati d'Italia per contrapporsi polemicamente, nel suo aspetto e orientamento erudito (ne usciva un fascicolo ogni tre mesi, costituito di lunghi estratti o saggi), al più agile settimanale del Lami.
Oltre a dirigere il periodico, il B. vi pubblicò nel 1742-45 i suoi ampi estratti - giudicati "belli articoli" dalle Novelle letterarie (III[1742], col. 817), e a lui attribuiti dallo Zaccaria, dal Soli Muratori e dal Mazzuchelli - delle Antiquitates Italicae medii aevi del Muratori (Giornale de' letterati, 1742, parte I, pp. 40-59; parte II, pp. 1-68; parte III, pp. 1-86; 1743, parte I, pp. 76-120; pane II, pp. 100-142; parte III, pp. 1-38; parte IV, pp. 13-48; 1744, parte I, pp. 49-79; Parte II, pp. 76-96; parte III, pp. 68-90; 1745, parte I, pp. 103-154; parte II, pp. 25-43), opera proposta come modello di ulteriori ricerche per "illustrare l'Istoria de' secoli chiamati barbari, il che sarebbe tanto più glorioso nell'età nostra, quanto che è stata finora reputata una parte d'Istoria quasi impossibile a conoscersi".
Ignota è la data di morte del B., avvenuta certamente dopo il 1759.
Fonti e Bibl.: Per generiche notizie sulla sua attività ancora utile è G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 229-899; è andato perso nell'ultima guerra il ms. A. 2579 della Bibl. comunale dell'Archiginnasio di Bologna (Note biografiche e bibliografiche in latino su vari scrittori fiorentini, fra cui il B.), che si trova indicato in G. Mazzatinti, Inventarii dei manoscritti e delle biblioteche di Italia, XLVII, p. 64. Per la sua partecipazione alla loggia massonica cfr. Arch. di Stato di Firenze, Reggenza, f.340 n. 8; A. Zobi, Storia civile della Toscana, Firenze 1850, I, p. 199 n.; F. Sbigoli, Tommaso Crudeli e i primi framassoni in Firenze, Milano 1884, pp. 69 ss., 147 s., 154, 161, 170 s., 173, 187, 202, e doc. V; N. Rodolico, Stato e Chiesa in Toscana durante la Reggenza lorenese, Firenze 1910, pp. 181, 192; E. Baldi, L'Alba, Firenze 1959, pp. 13, 33, 53 ss., 58. Sul Giornale de' letterati, cfr. in genere L. Piccioni, Il giornalismo letterario in Italia, Torino-Roma 1894, pp. 138-42, e, per la parte che vi ebbe il B., F. A. Zaccaria, Storia letteraria d'Italia, I, Venezia 1751, p. 554; VIII, Modena1755, p. 215; F. Soli Muratori, Vita del proposto L. A. Muratori, Venezia 1756, p. 150;G. Melzi, Diz. di opere anonime e pseudonime, I, Milano 1863, p. 454; e, per unavalutazione critica del suo contributo, M. Rosa, Atteggiamenti culturali e religiosi di G. Lami nelle "Novelle Letterarie", in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, s. 2, XXV (1956), 3-4, pp. 262, 271; Id., Per la storia dell'erudizione toscana del '700: profilo di L. Mehus, in Annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari d. univ. di Roma, II (1962), 2, p. 59.